La Commissione Europea avvia un’indagine sulle PLE importate dalla Cina

indagine commissione europea su produttori di piattaforme aeree cinesi
indagine commissione europea su produttori di piattaforme aeree cinesi

La Commissione Europea ha recentemente aperto un’indagine sull’importazione di piattaforme aeree da parte di alcuni produttori cinesi, a seguito di un reclamo ufficiale firmato da un gruppo di produttori europei rimasti anonimi.

L’accusa è che i prezzi al ribasso e le importazioni in regime di “dumping” stiano danneggiando il mercato continentale nel suo insieme.

Il reclamo è stato depositato a settembre da quella che si è autodefinita ‘Coalizione per ripristinare un terreno di competizione equo nel settore europeo del sollevamento’.

A seconda di come si pronuncerà la Commissione, i produttori accusati potrebbero subire l’imposizione di dazi doganali per l’importazione delle loro piattaforme. Lo stesso era successo nel mercato statunitense nel novembre del 2021, quando la U.S. International Trade Commission stabilì che i produttori americani stavano venendo danneggiati economicamente dalle strategie di importazione dei produttori di piattaforme aeree cinesi.

La Commissione Europea, nel frattempo, ha già chiarito che l’indagine riguarda unicamente le piattaforme aeree semoventi con un’altezza di lavoro superiore ai 6 metri, escludendo quindi dal computo l’importazione di componenti utilizzati dai costruttori europei e i mezzi per il sollevamento montati su veicolo.

bauma 2022 pleLa posizione dei costruttori europei

Come anticipato, l’identità delle aziende o degli individui che hanno preso parte alla ‘Coalizione’ è rimasta anonima, ma due importanti produttori europei si sono espressi pubblicamente sulla materia.

In comunicato congiunto, infatti, Michel Denis (Presidente e CEO di Manitou) e Alexandre Saubot (CEO di Haulotte) hanno dichiarato quanto segue:

“Negli ultimi mesi, all’interno del mercato europeo, sono emerse pratiche commerciali inconsuete, in un momento storico in cui una competizione sana ed equa è più necessaria che mai. La Commissione Europea è stata quindi informata del fatto e ha ricevuto prove sostanziali di tali pratiche e del loro impatto negativo sul mercato europeo”.

“Accogliamo positivamente l’apertura dell’indagine. Una competizione equa nel mercato europeo è un prerequisito fondamentale per assicurarci che il business rimanga sostenibile. Chiediamo dunque che la Commissione metta in campo azioni rapide e decisive affinché le nostre aziende e quelle di altre centinaia di produttori possano continuare a innovare e garantire posti di lavoro di qualità ai propri dipendenti e una sicurezza costante agli operatori attivi nel continente”.

Si è espresso in modo immediato sulla questione anche Sinoboom, costruttore cinese attivo in Europa già da diversi anni – da prima, cioè, del recente incremento esponenziale dei produttori orientali che stanno provando a inserirsi nel mercato europeo:

“Stiamo collaborando pienamente con l’indagine e non vediamo l’ora di vederci riconosciuto e confermato che abbiamo sempre seguito i più alti standard di professionalità nell’introduzione delle nostre piattaforme di alta qualità all’interno del mercato europeo”. 

Le tempistiche della delibera della Commissione Europea

È possibile trovare tutti i dettagli sull’investigazione nella pagina del sito web della Commissione Europea a essa dedicata.

Fino alla fine di gennaio, le aziende interessate al mercato (produttori di piattaforme europei e cinesi, distributori e utilizzatori, noleggiatori inclusi) possono contribuire all’indagine compilando un questionario elaborato dalla Commissione.

Per quanto riguarda le tempistiche, la Commissione comincerà a rivelare le proprie delibere a metà maggio. Dopodiché farà entrare in vigore delle eventuali misure provvisorie entro il 13 giugno e ufficializzerà i provvedimenti definitivi entro il 12 dicembre 2024.

piattaforma aerea con operatore imbracatura casco sicurezzaAlcune considerazioni personali

Da parte nostra seguiremo con attenzione lo sviluppo di questa vicenda, convinti che sia importante fare luce su eventuali pratiche scorrette.

Siamo però altrettanto consapevoli che nel lungo periodo non saranno iniziative di “cartello” (peraltro delicate anche sul piano legale) a limitare l’ingresso e la diffusione dei prodotti cinesi in Europa (vale per il sollevamento quanto per altri prodotti o settori).

Tenuto conto della dipendenza da parte dei costruttori classici dal mercato cinese anche per i propri aspetti produttivi (nessuno li ha obbligati a decentrare come hanno fatto in questi ultimi anni), varrebbe la pena percorrere strade diverse, di armonizzazione, di cooperazione con regole precise e condivise.

Rimangono sospesi, infatti, alcuni interrogativi ancora senza risposta, primo fra tutti l’aver dato forse uno spazio eccessivo ai produttori orientali nella recente edizione di una manifestazione fieristica da sempre baricentrica per uno sviluppo sano del mercato europeo come Apex, in cui si sono viste piattaforme aeree decisamente “clonate” senza alcuna apparente tutela preventiva o una selezione più accurata.

Il mercato cinese detta le regole in molti aspetti della supply chain (componentistica, batterie, materie prime, trasporti) oltre ai prodotti, e questo sta mettendo a dura prova le strategie dei produttori tradizionali europei o americani.

Un argomento che va affrontato senza essere superficiali

A fronte di scelte razionali e coraggiose, che abbiamo raccontato con piacere, improntate sull’accorciamento della filiera produttiva e di servizio, stiamo notando da parte di alcuni grandi player dei comportamenti reattivi incoerenti sul fronte della distribuzione e dell’abbattimento dei prezzi che paiono francamente sconcertanti pensando all’identità della loro presenza storica.

Se si accusano i cinesi di pratiche scorrette, sarebbe meglio evitare in primis di uniformarsi a tali pratiche sullo stesso mercato continentale di cui si desidera difendere il valore (almeno a parole). Se stiamo parlando di confronto tra occidente e oriente allora dobbiamo andare a guardare meglio le cose: magari poi risulta evidente che per qualcuno di occidentale è rimasto solo il brand mentre la sostanza viene prodotta in Cina (e quindi gode delle stesse sovvenzioni governative dei produttori locali).

Ben prima dell’ondata del “pericolo giallo”, tra gli stessi produttori occidentali c’era già chi godeva di una sorta di benefici che conferivano loro vantaggi competitivi al limite del “dumping”, per quanto descritto sopra.

Inoltre, alcuni produttori orientali (almeno un paio) hanno già ampiamente dimostrato di saper stare in modo corretto sul nostro mercato, con prodotti di qualità e investimenti sugli insediamenti produttivi e sul post vendita. Non è così per tutti, ma proprio per questo sarebbe bene non fare confusione sparando nel mucchio.

La Cina stessa ha annunciato una forte opposizione all’indagine, facendo leva sugli accordi internazionali già sottoscritti, spostando tutto su un piano più politico che istituzionale.

La battaglia sarà quindi molto dura e non priva di incognite.

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