Secondo gli studi condotti dall’Ance a giugno (indicatori statistici e un’indagine presso le imprese associate), nel 2009 ci saranno significative contrazioni dei volumi di produzione per tutti i segmenti d’uso. Le previsioni per quest’anno, in precedenza formulate dall’ Ance a Gennaio, sono state riviste al ribasso, con una contrazione degli investimenti nel settore che si stima possa raggiungere il -10,9% rispetto al 2008 (dopo il calo del -2,3% registrato a fine 2008 rispetto all’anno precedente).
Dopo nove anni di crescita, pertanto, il settore è entrato nel 2008 in una fase di recessione, la cui dimensione e durata è di difficile previsione. Uno dei fattori determinati può essere ricercato nella forte contrazione del dinamismo residenziale che, fino al 2007, aveva trainato praticamente il settore, compensando i volumi più contenuti evidenziati dai comparti non residenziali e, soprattutto, delle opere pubbliche.
Per quanto riguarda le abitazioni, nel 2009 si dovrebbe evidenziare una contrazione media del -11,4% in termini reali, con una previsione di calo del -19% degli investimenti in nuove abitazioni e una flessione del -4,6% di quelli rivolti al recupero abitativo.
Nel settore edile non residenziale, la flessione attesa si attesta sui 12 punti percentuali in quantità, dovuta principalmente alle incertezze del contesto economico nazionale ed internazionale, alla flessione della domanda interna ed estera ed all’elevato livello di capacità produttiva inutilizzata. Da sottolineare poi che, secondo la Banca d’Italia, nel 2009 le spese per investimenti nell’industria in senso stretto diminuiranno del 18,2%, un trend che certamente influirà sugli investimenti edili delle imprese.
Per quanto riguarda invece le opere pubbliche, la flessione prevista per il 2009 è di -8,1% in termini reali.
Il possibile impatto dei piani casa
L’Ance stima che solo il 10% del valore degli interventi attivabili grazie al provvedimento del governo, pari a circa 38.000 milioni di euro, possa essere realizzato nel corso del 2009. In base a questa ipotesi, gli investimenti in costruzioni nel 2009 inclusivi degli effetti del “Piano Casa” sarebbero in calo del -8,5% in quantità. I piani casa consentiranno di incrementare il valore degli investimenti per il comparto residenziale per un importo di circa 3.800 milioni di euro, limitando la flessione quantitativa al -7% (anziché -11,4%).
I problemi del credito
Le imprese di costruzioni si trovano a dover fronteggiare fortissime tensioni che stanno mettendo a dura prova l’equilibrio economico-finanziario delle aziende.
Oltre la metà del campione di imprese associate che hanno partecipato all’Indagine continua a sperimentare crescenti difficoltà nell’accesso al credito, sotto svariate forme (che però hanno un denominatore comune): la richiesta di garanzie aggiuntive, l’allungamento dei tempi di istruttoria, l’aumento degli spread applicati, la diminuzione della quota di finanziamento sull’importo totale dell’intervento, la richiesta di rientro dai prestiti già in essere e le difficoltà nell’accollo dei mutui agli acquirenti.
Molte imprese di costruzioni sono, quindi, costrette a rimandare o a rinunciare all’avvio di nuovi interventi di costruzione di iniziativa privata.
Peccato che la notizia termini qui, perché ci sarebbe ancora da domandarsi i motivi che impediscono alle banche di concedere prestiti, così come sarebbe bello sapere perché le imprese edili non sono in grado di iniziare un cantiere senza anticipi o sovvenzioni. Purtroppo non si scopre niente, nessuna rivelazione straordinaria, nella formnulazione di possibili risposte che hanno una matrice comune nella mancanza di cultura d’impresa. Il cambiamento dei rapporti fra banche e clienti tutela ovviamente solo le banche e penalizza le imprese. La richiesta di rientri immediati significa spesso la fine della vita di un’azienda. Ma le imprese edili, in particolare, devono recitare un fragoroso mea culpa. Il titolare di un’impresa edile non può offrire garanzie, perché non ha quasi mai nulla di intestato a suo nome. Non ha capitali da mettere sul piatto perché tutto quello che guadagna evapora, e il “fatturato” di un’impresa edile, non si sa come, spesso non copre nemmeno le spese di gestione ordinaria. A che titolo oggi le banche dovrebbero prestare denari a chi non è in grado di creare redditività alla sua impresa? (il nero, ovviamente, a parte). A chi non paga i suoi fornitori? A chi, anche goffamente, elude il fisco (ricorderete la maxi retata di oltre 5.000 imprese edili che non avevano dichiarato nemmeno le fatture che avevano emesso per gli interventi che prevedevano sgravi fiscali per il cliente finale). E in questa situazione come possiamo pensare che un’impresa edile finanzi o contribuisca a finanziare l’inizio di un cantiere? E si tratta solo dell’inizio dei lavori, perché poi il cliente dell’impresa versa buona parte del costo della casa a scaglioni definiti di avanzamento lavori. Prima della crisi, diciamo prima di Basilea 2, non era così, non è stato così dal dopoguerra fino ai giorni nostri. Ma le imprese sane oggi lavorano, perché ci sono molti settori in crisi, ma non certamente il settore edile e quello delle costruzioni, con tutto quello che ci sarebbe da fare. Solo il mercato della ristrutturazione permetterebbe una riprea coi fiocchi per numerosi anni anche senza costruire più un nuovo appartamento. Il credito è un diritto sancito dalla legge, non deve mai essere considerato un pietoso favore, come parrebbe di questi tempi. ma la musica è cambiata e oggi si pretende un po’ di serietà in più. Siamo davvero sicuri che un po’ di regole non facciano bene a questo mercato?
CRISI IMMOBILIARE 2009
INVESTIRE IN CAMPAGNA? UN PESSIMO AFFARE
A mio avviso il mercato, ora morto, può riprendersi solo se i prezzi calano ulteriormente. Chi mette in vendita ai prezzi assurdi di 2 o 3 anni fa , IN REALTà NON VUOLE VENDERE, non ha bisogno di vendere: ASPETTA IL POLLO, IL FESSO DA SPENNARE.
Una casa è vendibile solo se il venditore richiede un PREZZO DI RIVENDIBILITà, ovvero se a quel prezzo, al prezzo al quale compra, il compratore riuscirà a sua volta a rivendere l’immobile.
Mi sembra che i casi più eclatanti di IRRIVENDIBILITà presenti sul mercato siano quelli delle case di campagna, cascine, casolari, coloniche, rustici ecc. OGGI ASSOLUTAMENTE INVENDIBILI, specie se restaurate.
I prezzi delle country house REALMENTE IN VENDITA stanno crollando verticalmente.
Posto al riguardo un articolo, per intero perché l’edizione di settembre del mensile che lo ha pubblicato non è più on line, che ben illustra la situazione delle country house dell’italia centrale e meridionale.
“ Country house: Inglesi in fuga.
Gli Italiani sono stufi del caos urbano, delle città riempitesi di immigrati clandestini, di spacciatori, prostitute, locali notturni della criminalità, di furti, scippi, stupri, estorsioni, ovvero di quell’inferno, quell’incubo in cui sono state colpevolmente trasformate le nostre aree urbane.
Il rapido deterioramento della qualità della vita nelle città ha spinto negli anni passati molte famiglie a esplorare le campagne in cerca di oasi di tranquillità e sicurezza. Ma la speranza di trovare una migliore vivibilità nelle campagne si è rivelata illusoria: soprattutto nelle zone rurali prossime a strade provinciali, a discariche e tralicci o a zone industriali il degrado è simile se non superiore a quello cittadino, con una popolazione locale composta prevalentemente da clandestini magrebini e da Rumeni, e da qualche agricoltore in pensione, troppo vecchio per cambiar casa e scapparsene via.
Tuttavia se oggi ci si allontana dalle provinciali e ci si addentra nelle campagne e nei piccoli borghi più sperduti si ha una duplice sorpresa: i casolari più isolati e inaccessibili sono stati comprati nello scorso decennio da Inglesi, e, guarda caso, ora questi Inglesi stanno vendendo in massa.
La moda che negli anni scorsi sembrava irrefrenabile, per cui i sudditi di Sua Maestà Britannica correvano a comprare a prezzi assurdi le più scassate e scatafossate bicocche per restaurarle e corredarle di piscina, è finita. Ed è finita decisamente male per gli Inglesi, che ora devono rivendere case scomodissime e costose, case che nessun Italiano vuole, almeno a quei prezzi.
La trascorsa decennale epopea delle case di campagna comprate dagli Inglesi è tutta da ridere, roba da commedia all’italiana. Beandosi della sterlina allora forte, i Britanni compravano quasi a occhi chiusi cascine, rustici, i cosiddetti casolari tipici umbri, marchigiani, pugliesi. Tali umide, maleodoranti e malferme catapecchie erano state abbandonate negli anni ’60 e ’70 dai nostri agricoltori i quali, godendo di tutti i benefici e i privilegi creditizi e fiscali loro concessi a piene mani dalla Bonomiana in cambio del consenso elettorale alla Democrazia Cristiana, si erano fabbricati moderni edifici, autentiche ville e palazzi dotati di ogni confort. Questi contadini, così beneficiati dal (nostro) pubblico denaro, non immaginavano certo di essere colpiti da un’altra imprevedibile fortuna: la moda inglese dell’italian dream, il sogno italiano della country house nel Bel Paese.
L’Italiano è furbo, ha l’occhio lungo, il contadino in particolare, scarpe grosse e cervello fino, con alle spalle una secolare tradizione di ruberie al padrone, agli antichi proprietari terrieri (quelli, per intenderci, che avevano appoggiato il fascismo, poi nel dopoguerra sterminati dalla DC a favore dei contadini stessi).
Ebbene, il furbo vergaro italico, magari col figlio geometra o mediatore, ha colto al volo e ben sfruttato l’ingenua moda britannica: capanne e ruderi di tufo o di altro materiale scadente, in luoghi scomodissimi, lontani da ogni tipo di servizi, che prima degli Inglesi nessuno voleva nemmeno in regalo, venduti per centinaia di milioni di lire a eccitati (“excited”!) sudditi britannici. Poi le famiglie contadine festeggiavano l’insperato affare crapulando in oceanici banchetti ai quali venivano invitati parenti e amici, e, ovviamente, i “chicken” britannici ben spennati.
Ma l’affare non finiva lì: il neoacquistato rudere doveva essere ristrutturato. Tutti conosciamo lo scarso fairplay italico quando si tratta di differenziare i prezzi per turisti stranieri dai prezzi per Italiani: nelle campagne tale differenziazione è stata elevata all’ennesima potenza. All’ingenuo acquirente, reso ancor più fidente da abbondanti “lunch” e da tanta falsa accoglienza iniziale, veniva consigliato per i lavori il cugino geometra, il cognato muratore, il genero idraulico, la nipote titolare dell’agenzia per le pratiche burocratiche, l’amico rivenditore di materiali per l’edilizia. Case del valore finale reale di 100.000 – 200.000 euro venivano a costare 400.000, 500.000, 600.000 euro. Una pacchia, una vera manna per i nostri campagnoli che, giustamente, ne approfittavano, in base al principio: “Finché si trovano i polli…”.
Poi arrivò l’anno domini 2008, l’anno dei subprime, del crollo del mercato immobiliare negli Stati Uniti e nel Regno Unito, dei fallimenti a raffica di banche e assicurazioni inglesi, del governo britannico che per turare le falle nel sistema creditizio si svenava e stampava sterline come se fossero volantini pubblicitari. E la sterlina contro l’euro crollava, crollava, sempre più in basso, sempre più in fondo: 1.7, 1.4, 1.3, 1.1 … E gli Inglesi residenti nelle bicocche con piscina restaurate a caro prezzo, che avevano redditi in sterline, convertivano quelle sterline in sempre meno euro, e cominciavano a chiedersi: “Ma non ci converrà ritornarcene in Gran Bretagna (“go back home”), visto che qui in Italia con le nostre sterline svalutate non ci compriamo più nulla?”. Oltretutto i Britanni si erano nel frattempo stufati di coltivare stentate erbette e verdurine per le talpe, di scorazzare inutilmente coi loro fuoristrada con targa gialla e guida a destra per le nostre campagne, belle sì, ma prive di servizi, di vita sociale tra gente sopportabile, di comodità, così desolate durante le lunghe invernate, e, in fin dei conti, noiose da inedia. Si erano stancati di attendere l’ispirazione artistica raccogliendo in continuazione col retino insetti, formiche, vermi di mosche e altra campagnola sporcizia galleggiante nell’acqua delle loro piscine. Si erano accorti che l’Italia, la vagheggiata Italia, l’italian dream, più che un sogno era un incubo di clandestini, malavita, tasse, burocrazia, servizi pubblici scadentissimi, rapine e stupri in villa…
E allora hanno pensato: “Ma se vendiamo questo nostro casolare tipico toscano umbro marchigiano che abbiamo pagato centinaia di migliaia di euro, e convertiamo queste centinaia di migliaia di euro in sterline, poi con tutte queste sterline in Inghilterra torniamo a vivere da signori”. Ed ecco allora gli Inglesi affollare le nostre agenzie immobiliari, ecco i mediatori riempire bacheche, siti internet e giornaletti immobiliari di casolari tipici ristrutturati con piscina in vendita… ma, ma….
Ma nessuno compra.
Nessun Italiano con famiglia, con figli e/o anziani, può andare a vivere in quelle lande isolate e sperdute, vicino a qualche spopolato paesetto di vecchi, senza servizi, senza scuole, senza ospedali. Nessun Italiano è disposto poi, anche se libero dalle necessità di una famiglia, a pagare un immobile tre, quattro, cinque volte il suo reale valore. Anche perché l’acquirente italiano, sempre con l’occhio lungo, pensa: “Ma un domani, se dovrò rivendermi questa bicocca in campagna, quale fesso me la comprerà?”. Senza contare infine che sul valore delle aree rurali incombe il 2013, l’anno in cui, in ossequio ad accordi liberisti di commercio mondiale già siglati, tesi a favorire le esportazioni agricole di paesi emergenti, l’Europa toglierà agli agricoltori quei sussidi che finora ne avevano permesso la sopravvivenza, con conseguente futuro deprezzamento e cambio di destinazione (a pascolo) dei terreni.
Devo dire che il riconosciuto senso pratico, il tradizionale empirismo britannico, sta inducendo i venditori inglesi a una corsa al ribasso dei prezzi, spesso in concorrenza tra connazionali. In questo i Britannici si stanno dimostrando più realisti e lungimiranti di quei vergari nostrani ai quali il casolare tipico, il rustico, è rimasto ancora invenduto, e che continuano a chiedere prezzi superiori ai 100.000 euro, non comprendendo che, finita la moda degli Inglesi, il mero valore di cubatura delle loro catapecchie è di 10.000 – 20.000 euro al massimo. E per questi 10.000 – 20.000 euro devono ringraziare certe demenziali e antilibertarie normative statali e regionali che impediscono tirannicamente al cittadino la libertà primaria di costruire sulla sua proprietà, sulla sua terra, o lo taglieggiano imponendogli oneri di fantomatiche urbanizzazioni e altre tasse assurde. In mancanza di tali leggi vessatorie e predatorie, in un regime di libero mercato, il valore delle dette bicocche sarebbe negativo: il costo della loro demolizione.
Rimangono pur tuttavia come acquirenti dei casolari tipici i Magrebini e i Rumeni, a prezzi ovviamente magrebini e rumeni. “
(Articolo di Filippo Matteucci su ItaliaReale di Settembre)
I miei consigli per gli acquisti di case di abitazione sono i seguenti, pochi ma sicuri:
comprate solo a un PREZZO DI RIVENDIBILITA’, cioè assicuratevi che vi sia la concreta possibilità di rivendere la casa almeno allo stesso prezzo che state pagando,
evitate gli acquisti di moda (dal finto borgo marinaro al romantico-bucolico-agreste): andate invece sul sicuramente rivendibile,
evitate come la peste le case di campagna, cascine, casolari, coloniche, rustici ecc. OGGI ASSOLUTAMENTE INVENDIBILI, specie se restaurate,
comprate invece al centro, o nelle zone di immediata o prossima espansione urbanistica,
comprate nelle città capoluogo di provincia o nelle cittadine turistico-balneari più richieste,
comprate case costruite negli anni ’60 e ’70: hanno una qualità costruttiva migliore e stanze più grandi rispetto alle nuove costruzioni pur costando un po’ meno, non hanno bisogno di grandi ristrutturazioni e sono più vivibili di certi loculi-alveari a caro prezzo,
guardate allo spazio a disposizione: più ce n’è e meglio è, corti, giardini, parcheggi, garage (meglio se doppi), e non alle finiture o alla jacuzzi o alla robotica&domotica (dà solo problemi),
riscaldamento rigorosamente autonomo,
se avete sufficiente capitale, compratevi case singole con corte e giardino, vivrete meglio…. altrimenti studiatevi il regolamento di condominio: più divieti (di comportamenti da cafoni) ci sono, più il condominio e l’immobile sono di sicura qualità,
fate attenzione a tralicci, ripetitori radiotelevisivi e di telefonia cellulare, piste di motocross, strade e linee ferroviarie trafficate: se sono presenti vicino all’immobile difficilmente lo rivenderete senza rimetterci,
massima attenzione alla stabilità dell’immobile e del terreno su cui è edificato: i soldi per una perizia privata (sicuramente più affidabile di quelle pubbliche…) del vostro geologo di fiducia non saranno mai spesi meglio.