Noleggio, chi resterà tra cinque anni?

noleggio tra 5 anni
noleggio tra 5 anni

Sono pronto a scommettere che nel giro di cinque anni molto del noleggio come lo conosciamo oggi non esisterà più.

Parlo di modalità organizzative e commerciali, ma anche di struttura degli attori: aziende, partner, marketplace, eccetera.

Non sarà una questione di organizzazioni vintage versus nuove tecnologie. Credo che i leader del mercato, anche in Italia, saranno le realtà che, in modo evidente, ben visibile e declinato in diversi aspetti, avranno interpretato un’unica fondamentale attitudine, che cercherò di spiegare in questo articolo.

Disclaimer: gli esempi che seguono sono attinti dalla realtà che osservo e con cui ho a che fare ogni giorno. Quindi possono essere una sintesi dell’operato di più soggetti. Nessuno si senta nella condizione di riconoscersi per forza o, peggio, di riconoscere qualcun altro e nessuno si senta messo sotto giudizio.

Lo scenario politico ed economico

Molti outlook concordano nell’indicare un orizzonte di crescita più o meno stabile ancora per tre anni al massimo. Dopodiché, seguirà una probabile contrazione tecnica (fisiologica, per gli analisti) che inizialmente mostrerà segnali deboli, ma che nel giro di alcuni mesi potrebbe diventare traumatica.

Immaginatevi di camminare guardando distrattamente davanti a voi (o chinati sullo smartphone) e a un certo punto accorgervi che state andando verso un precipizio ma che non riuscite a fermarvi. Ecco, più o meno sarà così.

Non vi sto raccontando niente di nuovo e nemmeno voglio portare sfiga a tutti i costi: se aprite i giornali di oggi trovate già notizia di qualche insediamento produttivo che ha dovuto razionalizzare i turni o chiudere temporaneamente le attività in attesa che il costo dell’energia torni su livelli sostenibili.

Inoltre, se riprendete le prime pagine di due anni fa, potete ripercorrere lo sconcerto di frontre a una pandemia ampiamente prevedibile a cui però nessuno era preparato.

Questo per dire che gli outlook economici immaginano le curve tecniche ma non l’impatto delle diverse variabili sull’economia reale, sulla vita delle persone e sui piani di investimento dei noleggiatori. Sono le aziende a subire o sfruttare queste variabili.

Se il battito d’ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del mondo, figuriamoci le conseguenze di un idiota che pensa di giocare alla guerra di Crimea versione 2.0. Oppure i riflessi delle fregole dominatrici della Cina, diabolicamente mascherate nelle movenze sinuose della via della seta, che però stanno condizionando pesantemente l’intero vecchio continente.

Farsi trovare pronti

Lo sconcerto con cui le aziende si accorgono all’improvviso di trovarsi di fronte al loro precipizio si chiama reattività, cioè il contrario di proattività che è quell’attitudine che ci fa trovare pronti di fronte a una realtà nuova.

Che ci fa trovare preparati e non casualmente, ma dopo aver studiato su una mappa chiara l’orizzonte oltre il proprio naso, averlo saputo interpretare e comprendere in anticipo. Averlo perfino pianificato, per i più virtuosi, con azioni coerenti in contesti mutabili.

Niente di eclatante, è l’arte di imparare a trasformare i numeri in informazioni e scelte, ma questa è un’altra storia.

Gli scenari economici, quindi, non dicono tutto. Sono prevedibili in un orizzonte sempre più breve e fino a un certo punto, perché influenzati da variabili che con l’economia hanno poco a che fare.

Per guardare in casa nostra, la politica incompetente e squallida messa in atto dalla peggior classe dirigente della storia italiana – lo abbiamo visto nei minuetti incomprensibili dell’elezione del Presidente della Repubblica – fa alzare lo spread e ci inchioda a produrre debito anziché valore.

Guardando fuori, il grado di permalosità e di equilibrio psichico di chi ha in mano le sorti del mondo – i vari Putin, Biden o Xi Jinping – possono azzerare in men che non si dica qualsiasi logica evolutiva e prosciugare il nostro conto corrente, sotto l’effetto dei ricatti e dell’inflazione. Aprite i giornali e ditemi se non è così già questo venerdì.

Cosa resterà di questi anni ‘20

Fatte le debite premesse, riprendo il tema iniziale, cioè chi e cosa resterà nel mercato del noleggio italiano fra cinque anni. La risposta è perfino troppo semplice: chi avrà saputo creare valore a tutti i suoi stakeholder.valore noleggio

Siete delusi? Volevate analisi più sofisticate?

La realtà a volte è banale, ma attenzione a non banalizzarla oltre il dovuto.

Il noleggio è e sarà sempre più uno snodo cruciale nel cambio dei paradigmi economici, ma solo se saprà modificare le abitudini di acquisto a una vasta categoria di utilizzatori finali.

Dovremmo averlo già imparato dalla sharing economy e lo impareremo comunque presto con la circular economy.

Se sono un noleggiatore che anziché risolvere i problemi dei miei clienti, gliene creo altri (per inefficienza, disorganizzazione, pressapochismo) sono destinato a sparire dai radar per forza di cose (ricordatevi il disclaimer).

Non fatevi ingannare dal fatto che state comunque guadagnando oggi facendo le cose che avete sempre fatto.

Alla stessa stregua, se sono un player capace di creare valore ma di disperderlo per conquistare fette di mercato abbassando i prezzi, sono destinato a implodere (ricordatevi il disclaimer).

Abbiamo anche esempi virtuosi, per fortuna, ma non sono al momento così indicativi come quelli negativi, anche perché troppo impegnati ad autocompiacersi e comunicare al mondo quanto siano belli, bravi e buoni (cose che, teoricamente, dovrebbero far dire ai loro clienti) e a noi dispiace rovinargli la festa (ricordatevi l’orchestra del Titanic).

Sono gli esempi meno virtuosi a lasciare tracce e insegnamenti più visibili e anche una lezione da imparare prima possibile.

Purtroppo, questi esempi fanno già oggi parte dello storytelling evolutivo del noleggio che verrà. Speriamo di poterli archiviare prima possibile nel capitolo dedicato agli incidenti di percorso da non ripetere.

Notizie che non vorremmo mai dare

Lo scorso anno siamo entrati in contatto con una solida realtà di origine finanziaria che aveva sviluppato una bellissima e ambiziosa idea: diventare una sorta di Amazon del noleggio. Il progetto aveva tutte le carte in regola per incarnare (anche nel nome) un nuovo mindset. Tutte tranne una: non era chiaro come creasse valore a tutti i soggetti coinvolti nella filiera, ed è ciò che abbiamo immediatamente evidenziato al management.

La ragione era semplice da intuire e alla fine è emersa chiaramente: l’obiettivo reale del progetto non era quello di generare valore nel tempo e far prosperare tutti gli attori sul valore generato; bensì disegnare un marketplace con qualche partner bene in evidenza, divulgarlo con tutti i crismi (radio e tv) e venderlo presto a un Istituto di credito.

Abbiamo avuto a che fare con persone belle, brave e motivate, ma sempre più disorientate e innervosite dai tempi di realizzazione del collocamento previsto; nel frattempo, quotidianamente veniva bruciato un enorme cash flow per tenere in piedi il progetto in attesa di venderlo.

L’inevitabile risultato è stata l’implosione dell’iniziativa. Forse le banche sono diventate più accorte nell’analizzare il valore reale, oltre le buone intenzioni.

Forse, a differenza di certi noleggiatori, sono più abituate a valutare la solidità e la sostenibilità di un’idea e, in questo caso specifico, avevano intuito che a conti fatti il successo sarebbe rimasto solo sulla carta.

Iniziative di questo genere sono arrivate anche nel mondo del noleggio più hardware. Possiamo chiamarle piattaforme, marketplace o processi innovativi, cambia poco (ricordatevi sempre il disclaimer).

Anche in questi casi, parafrasando Ford, le brave persone da sole non sono sufficienti; servono persone brave e, non ultimo, serve un progetto solido e magari già ben testato a valle – presso gli utilizzatori – affinché possa reggere nel tempo. Forse chi disegna queste soluzioni deve accettare di rinunciare a un profitto nell’immediato e testimoniare di crederci per primo, entrando in una logica di compartecipazione e garantendo, nei tempi giusti e in ogni fase evolutiva, una redditività adeguata a tutti gli stakeholder.

La cartina tornasole, in tutti questi casi, è dichiarare quanto tempo occorre affinché il progetto abbia successo presso l’utilizzatore finale (è questo l’obiettivo disruptive). Magari sottolineare bene chi e come deve farsi carico di questo successo.

Non abbiamo ancora informazioni certe e misurabili che questi progetti stiano funzionando in questo senso, ma anche noi siamo tra quelli che non vedono l’ora di diffondere numeri e dati concreti che confermano l’avanzata verso il mercato finale. Lo dico con grande onestà: facciamo davvero il tifo affinché queste idee funzionino e che si possa presto testimoniarlo, numeri alla mano. Anche per confutare le malelingue o lo scetticismo di molti operatori che ci scrivono o ci chiamano per dirci che al momento il successo dipende tutto da chi si è mostrato fiducioso e lungimirante e si è esposto pubblicamente per rimboccarsi le maniche mettendo mano al portafoglio.

Però, più passa il tempo, più la mancanza di questi dati certi ci inquieta.

Il nostro auspicio

L’augurio che tutto si compia nel modo auspicato trova la sua motivazione nell’idea di noleggio che vorremmo vedere attivo tra cinque anni. Un mondo in cui il cliente è motore e beneficiario di questo successo.

Sarebbe molto triste raccontare di nuovi ridimensionamenti.

Come già detto citando l’avvento della sharing economy, sono le persone e le aziende utilizzatrici a spostare gli equilibri, modificando concretamente le loro abitudini. Nessuno compra qualcosa per far piacere a qualcun altro: il cambio dei paradigmi d’acquisto, quelli duraturi e di massa, non viene generato dagli sconti ma dai benefici che creano un effetto contagioso (l’unico che vorrei vedere, anche prima di cinque anni).

Repetita iuvant, questo valore dev’essere chiaro, facilmente comprensibile e condiviso da tutta la filiera. Dev’essere sperimentabile rapidamente. Non può appoggiarsi per troppo tempo solo sulla fiducia data a un brand o sulla gentilezza di chi lo rappresenta. Non può essere frutto di qualche abbaglio collettivo verso un influencer o dell’impegno di chi ne ha abbracciato la causa.

Mi piacerebbe poter comunicare con costanza e con elementi fattuali questa scalata, sarebbe un esempio fantastico per comprendere che tipo di noleggio potrà esserci tra cinque anni. Se saremo finalmente in un mondo nuovo in cui il noleggio sarà diventato centrale nell’economia o se sopravviverà quello vecchio, dove i clienti cercano una soluzione a una necessità improvvisa e possibilmente a basso costo.

Cinque anni è un tempo congruo affinché tutti i nodi siano venuti al pettine, i correttivi applicati nel modo giusto, le inconsistenze smascherate.

Chi sarà stato abile, potrà sviluppare ulteriormente la sua creatura oppure venderla, perché ci sarà una grande domanda di crescita dimensionale.

Chi avrà perseguito solamente il proprio immediato tornaconto, anche se celato dietro soluzioni avanzate o effetti speciali, molto probabilmente si sveglierà a un passo dal precipizio, portandosi dietro i propri accoliti.

La cosa triste, in questo caso, è che ancora una volta non sarà stata scritta quella pagina che tutti aspettiamo per traghettare nel futuro questo affascinante concetto del noleggio, sempre in bilico tra l’olio e il grasso e i big data.

Ma, soprattutto, perché su questa pagina non ci sarà, ancora una volta, la firma dell’eterno grande assente dalle strategie di marketing dei noleggiatori: il cliente.

futuro noleggio

Tag dell'articolo: noleggio

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