La comunicazione conta (non solo quella digitale)

La comunicazione conta (non solo quella digitale)
Comunicazione conta

Nelle scorse settimane ho pensato molto a quale argomento trattare in questo redazionale del venerdì. Fin da subito, un po’ per deformazione professionale un po’ perché mossa da alcuni recenti progetti, mi sono concentrata sul tema della digitalizzazione. Un tema che, nonostante se ne parli a bizzeffe dopo i cambiamenti portati dalla pandemia, merita ancora continui approfondimenti per essere compreso e poi applicato nel modo più corretto. Tuttavia, dopo una call avuta con un’azienda nei giorni scorsi, mi sono resa conto di un altro tema fondamentale di cui si sta parlando spesso ultimamente, ma su cui aleggia una leggerezza di contenuti quasi imbarazzante: la comunicazione.

Sia chiaro, non voglio certo presentarmi come la paladina in grado di sviscerare tutti i punti chiave di due argomenti così profondi e importanti (sono talmente tanti e in così rapida evoluzione, che è difficile anche per me stare al passo con tutto). Però vorrei cogliere alcuni spunti per una riflessione più ampia, perché si tratta di qualcosa di veramente fondamentale, soprattutto in un’epoca come quella attuale.

Cosa vuol dire comunicare?

Partiamo dalle basi. I lettori più esperti e più legati al mondo della comunicazione sanno bene che, quando si inizia un percorso formativo centrato su questa tematica, la prima parte di una qualsiasi lezione si concentra sull’etimologia del verbo comunicare.

Comunicare, etimologia: dal latino communicare, mettere in comune; derivato di commune, propriamente, che compie il suo dovere con gli altri; composto di cum (insieme) e munis (ufficio), incarico, dovere, funzione

Credo che già da questa semplice e breve spiegazione emergano l’incredibile valore e l’indicibile profondità di questo termine. Ma, allo stesso tempo, credo che questa stessa definizione porti a galla nel nostro subconscio decine e decine di comunicazioni mal riuscite, che si tratti di qualcosa di personale o di professionale.

Vi faccio un esempio. Quando ho iniziato ad affacciarmi al mondo del noleggio, insieme a Rental Blog, sono stata subito coinvolta in alcuni progetti di comunicazione. Immaginate il mio entusiasmo: fresca ancora di tutta la teoria imparata all’università, non vedevo l’ora di mettere le mani in pasta, forse ancora avvolta nell’illusione utopica che le aziende avessero già colto tutte le potenzialità di uno strumento così importante come la comunicazione.

Bene. In uno di questi incontri per valutare la fattibilità o meno di un progetto, mi sono resa conto che questa mia idea era davvero utopica. Confrontandomi con l’azienda in questione, una delle frasi che mi ha lasciato perplessa e mi ha sbattuto in faccia la realtà, è stata: “Certo, noi comunichiamo sia sui social che sul sito, ma il cliente sa che esistiamo, quindi non c’è molto da fare in questo senso. Ci conosce, se ha bisogno si fa avanti lui“.

Ora, probabilmente leggendo quanto ho appena scritto, diversi esperti di comunicazione (sicuramente con più esperienza della mia sulle spalle) saranno caduti dalla sedia. Perché è esattamente quello che ho fatto io quando ho sentito queste parole. “Se ha bisogno, si fa avanti lui“.

Torniamo un attimo alla definizione di comunicare: che compie il suo dovere con gli altri. Quindi, a livello aziendale, compiere il proprio dovere nei confronti degli altri significa comunicare con continuità, ascoltare e rispondere alle esigenze e alle richieste dei nostri clienti, coccolarli, farli sentire importanti e parte di un gruppo più ampio.

Che si tratti di persone nuove o fidelizzate, il concetto non cambia. Comunicare, in questo senso, non significa solo annunciare qualcosa o informare qualcuno. Significa mettere in comune delle conoscenze, delle informazioni, e perché no…anche delle emozioni.

Individuare i propri clienti

Ora: vi siete mai chiesti chi sono davvero i vostri clienti? Sono sicura che, molti di voi, penseranno subito a chi acquista o noleggia i vostri prodotti o servizi. Il che, in parte, è assolutamente corretto. E se vi dicessi che, prima di tutti, i vostri clienti sono i vostri stessi collaboratori?

La comunicazione conta (non solo quella digitale)

Ci avete mai pensato? Questo non significa che la vostra comunicazione verso l’esterno sia sbagliata o debba passare in secondo piano. Assolutamente. Tuttavia, parte delle vostre attività dovrebbe essere rivolta verso l’interno. Verso chi è in contatto con voi quotidianamente, verso chi insieme a voi lavora e costruisce giorno dopo giorno l’essenza della vostra azienda.

Soprattutto dopo quanto accaduto nel corso del 2020, la comunicazione aziendale ha assunto un ruolo sempre più centrale, tanto nel noleggio quanto in diversi altri settori. Durante la pandemia, le motivazioni di base sono state ricondotte prevalentemente al bisogno di essere tranquillizzati per affrontare insieme una situazione capitata tra capo e collo, da un giorno all’altro.

Questa stessa situazione non ci ha ancora lasciato la libertà di vivere con serenità la nostra attività lavorativa, ma perlomeno forse non ci attanaglia lo stomaco come nei primissimi mesi di lockdown. Nonostante tutto, mantenere aperti dei canali di comunicazione verso i propri dipendenti o i propri collaboratori rimane un punto chiave della vita aziendale.

In questo contesto, la comunicazione aziendale assume due accezioni principali:

  • da un lato, segue il percorso iniziato nel 2020. All’interno della vostra realtà avere a disposizione una valvola di sfogo per attenuare le paure o le preoccupazioni di un periodo come quello attuale, è molto importante per chi collabora con voi ogni giorno. E lo diventerà anche per voi. Potrete parlare a cuore aperto con i vostri colleghi e loro potranno fare lo stesso con voi. Insieme, affronterete anche dal punto di vista lavorativo una situazione che ripercuoterà le sue conseguenze ancora per diverso tempo.
  • dall’altro, si configura come un modo per testare la salute della vostra azienda. Avere un canale diretto con chi lavora con voi quotidianamente, vi può aiutare a tastare giorno dopo giorno la soddisfazione (o l’insoddisfazione) dei vostri dipendenti e collaboratori. Allo stesso tempo, può essere uno strumento molto potente per cogliere spunti interessanti, che poi possono trasformarsi in nuovi prodotti o in nuovi servizi che magari in questo momento la vostra azienda non contempla.

Spazio alla comunicazione digitale…o forse no?

Come si inserisce la digitalizzazione in tutto questo? In un certo senso, l’accelerazione del processo di digitalizzazione è figlia delle conseguenze che la pandemia ha portato con sé. In un momento storico come quello attuale, abbiamo imparato a usare decine e decine di piattaforme, a stare ore e ore davanti al computer, mettendo in stand by i meeting in presenza.

Un po’, forse, abbiamo perso il contatto umano con le persone con cui collaboriamo ogni giorno. Diverse realtà hanno colto nello smart working, per esempio, una grande opportunità. Ma quante erano davvero pronte a inserirlo in pianta stabile nei propri processi aziendali e quante sono riuscite a integrarlo perfettamente nel loro modus operandi?

Alcune sono riuscite ad adattarsi facilmente, cogliendo nel segno e sfruttando in modo esemplare questa nuova opportunità. Molte, però, hanno probabilmente preso un granchio e sono andate un po’ troppo al largo, facendo della digitalizzazione (che, avrete capito, sto intendendo in modo molto generale) un aspetto troppo preponderante nella propria vita lavorativa.

Come dicevo, c’è ancora molto da imparare, sotto questo punto di vista. Trovare il giusto equilibrio non è semplice. E non lo sarà sicuramente finché l’emergenza Covid-19 non si placherà almeno un po’. Sono fermamente convinta che la digitalizzazione sia il futuro. So che, in un modo o nell’altro, diventerà presto parte integrante di qualsiasi aspetto della nostra vita.

Nonostante tutto, con questo articolo voglio forse fare un appello. Da specialista (in erba) della comunicazione digitale, voglio parlarvi con il cuore in mano. Non lasciate che il digitale prenda il sopravvento nelle vostre relazioni con le persone. Ricordate quanto era bello trovarsi nella stessa stanza, guardarsi negli occhi, discutere e ragionare insieme? Era bello anche litigare se qualcuno aveva un’opinione divergente dalla nostra.

Oggi, con Zoom, Teams, Meet e quant’altro, possiamo dire di avere lo stesso tipo di rapporto? Non credo. Ci siamo adeguati, ma il più delle volte ci risulta difficile capire quello che davvero il nostro interlocutore sta pensando. Possiamo guardarlo negli occhi, ma con il filtro dello schermo non abbiamo una chiara visione della sua espressione e di ciò che gli passa per la testa (soprattutto se ci si mette in mezzo anche una connessione a singhiozzi…).

Quello che voglio dire, per concludere, è che il digitale ci ha sicuramente aiutato in tante cose. E continuerà a farlo. Ma comunicare con i nostri clienti, interni o esterni che siano, non può essere fatto solo in questo modo. C’è bisogno di guardarsi in faccia, di vedersi, di ascoltarsi. C’è bisogno di mantenere viva la fiammella del rapporto umano così come l’abbiamo costruito. Perché è vero che computer, telefoni e tablet ci permettono di essere immediati e quasi onnipresenti. Ma ricordate: comunicare significa mettere in comune qualcosa, fare qualcosa per gli altri e con gli altri. Significa instaurare una relazione viva.

E qual è il modo migliore per farlo, secondo voi?

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