L’insostenibile sostenibilità dei noleggiatori

sostenibilità noleggio
sostenibilità noleggio

ho cercato di descrivere come il concetto di sostenibilità stia assumendo valori sempre più ampi e applicazioni estese, rispetto a essere considerato semplicemente come sinonimo di un ridotto impatto ambientale.

Nello stesso articolo, mi sono anche immaginato alcune attività concrete da suggerire alle società di noleggio, per stimolarle a ricoprire un loro ruolo di leadership nella valorizzazione del territorio in cui operano.

Uscire dal bla bla bla

Con l’introduzione nei processi aziendali – ma anche nelle mission e nelle vision – da parte di molte aziende moderne dei 17 obiettivi SDG delle Nazioni Unite, si è arrivati a includere nel complesso tema della sostenibilità azioni specifiche che descrivono il modo in cui le aziende interagiscono con i temi caldi delle comunità che le circondano. Ad esempio, come avviare pratiche occupazionali che più di altre ritengono inclusive ed efficaci nel contrastare le disuguaglianze all’interno della loro catena di approvvigionamento.

Si sta creando una sorta di grammatica comune, e questa è una buona notizia.

Come ha spiegato bene Anna Vialetto, c’è però il rovescio della medaglia ed è rappresentato dalle pratiche di marketing che scivolano verso il greenwashing. Quando, cioè, le aziende si fanno belle agli occhi del pubblico con intenzioni ecologiche di facciata, continuando però a inquinare pesantemente nei loro processi produttivi o di creazione dei servizi.

In questo approccio, molte aziende esauriscono il loro impegno affiancandosi a movimenti di estemporanea tendenza, spesso promossi da famigerati attivisti da social.

Uniscono cioè la propria immagine ai messaggi accattivanti (e manipolatori) di questi influencer dell’ultima ora.

Il mondo digitale è però una cornice mutevole e l’obiettivo di farsi un lifting con qualche semplice endorsement passeggero per poi passare a nuove mode strombazzate da nuovi influencer, lascia il tempo che trova o si rivela controproducente.

Per quanto ancora “giovane” la storia del social media marketing è già costellata da inciampi e pressapochismi di questo tipo.

Cosa significa sostenibilità?

In questo universo straniante e confuso, caratterizzato da pensieri e pratiche di basso profilo – nel quale le aziende di noleggio non sono esenti da rischi – per uscire dal chiacchiericcio sterile occorre ristabilire il significato ampio, profondo e condivisibile del termine sostenibilità.

fare le cose in modo che siano durevoli, minimizzando al massimo i danni verso il mondo che ci circonda

Dove l’accento è sul “fare le cose” (e non solo annunciarle) e dove “mondo” è inteso sì come pianeta con risorse ridotte allo stremo, ma anche come territorio depauperato dai valori dell’inclusività, della solidarietà e della condivisione, sia dei sacrifici che del benessere prodotto.

Abbiamo visto come i noleggiatori si trovino in questo senso in una posizione privilegiata, dovuta al fatto che come pochi oggi hanno contatti costanti e continui con la propria clientela e quindi con il territorio.

Se la vogliamo dire meglio, i noleggiatori sono chiamati a giocare un ruolo trainante di playmaker della sostenibilità in entrambe le sue declinazioni principali, quelle ecologiche e quelle socioeconomiche.

Invertire il trend della fuffa comunicativa, significa quindi mettere in atto, tutti e ovunque, pratiche tali che se continuassimo a perpetrarle per cento anni, il mondo sarebbe un posto migliore di quello che è oggi, a livello ambientale, sociale e culturale.

Cambiare la mentalità

Pensare in questo modo, significa però rinunciare a ottenere i propri privilegi nell’immediato, per consegnare alle future generazioni in un “luogo” completamente diverso (migliore) sotto ogni punto di vista, geografico, ambientale, umano.

In pratica, fare dei sacrifici oggi per permettere ad altri di godere dei benefici domani. Possibilmente farli insieme, per primi, senza aspettare di accodarsi a qualcuno quando anche “fare sacrifici” diventerà un brand di tendenza.

Ditemi: conoscete un concetto più rivoluzionario di questo, in un mondo che ogni giorno moltiplica gli egoismi di ogni tipo?

Purtroppo, per abitudine o per indole, ci viene più semplice puntare il dito sulle pratiche altrui, anziché rimboccarci le maniche e accettare di rinunciare a qualcosa, noi stessi, per primi. E, si sa, le pratiche altrui sono sempre sbagliate in qualcosa.

Ma noi non vogliamo trasformare il mondo del noleggio in una permanente assemblea condominiale, quindi cominciamo col dire (e possibilmente condividere) che questo punto di partenza riguarda anche le imprese di questa filiera (a meno che non mi sia sfuggito qualcosa di importante).

A parte qualche sporadico e timido tentativo, non si vedono infatti all’orizzonte noleggiatori disposti a scendere in campo da leader con una visione chiara e lungimirante sulla redistribuzione dei profitti o sulla loro parziale destinazione in progetti di valore che possano durare nel tempo.

Il noleggio guadagna cifre da capogiro: si comunicano, ci si compiace un po’ più del dovuto ma tutto finisce lì.

Sono sempre tante le imprese che si riempiono la bocca con l’abusato termine “resilienza”. Si contano sulle dita di una mano quelle che descrivono, senza troppi giri di parole, in che modo nella propria attività (e nei propri piani di sviluppo) stiano concretamente ritardando l’immediata gratificazione (il profitto) per attuare pratiche coraggiose con cui dimostrare, nei fatti, di permettere ad altri di beneficiarne più avanti e possibilmente in una dimensione di collettività.

Un esempio concreto? I noleggiatori si lamentano perché i giovani non sono interessati alle loro posizioni di lavoro vacanti. Ma quante aziende hanno messo mano nel costruire progetti territoriali di educazione professionale?

Tornando a noi, a livello personale questo spostamento in avanti della gratificazione non ci è poi tanto estraneo. Più o meno tutti abbiamo scelto di lavorare duramente per diversi anni – pur sapendo che non sarà sempre piacevole – in modo da poterci rilassare più tardi nell’età.

Pensare alle pratiche sostenibili

L’obiettivo, o se preferite la ricerca di un equilibrio, per le aziende più volonterose del sistema noleggio è quindi quello di individuare programmi concreti che migliorino progressivamente (o almeno non compromettano) i loro affari qui e ora, rendendo al contempo migliore ogni giorno il mondo che le circonda, in modo duraturo.

Facile a dirsi?

Abbiamo già visto cambiamenti sostanziali nell’efficienza delle emissioni delle macchine, delle attrezzature e dei trasporti. E questo, fortunatamente, sembra destinato a continuare, spinto dalla pressione dei governi di tutto il mondo, anche se con qualche salto in avanti demagogico di troppo, come dimostra la scelta dell’elettrico nel mondo delle auto.

Ma non basta.

Ad esempio, non tutto è stato fatto in termini di diffusione argomentata dei riflessi positivi che già di per sé il noleggio incarna: meno sprechi nell’utilizzo delle macchine e quindi meno impatto.

Anche allargando lo scenario e alzando lo sguardo, abbiamo fatto qualcosa, ma non basta: c’è meno povertà a livello globale, ma aumentano le disuguaglianze di reddito (e di genere) nei paesi sviluppati.

Insomma, il progresso ha un bel volto, ma presenta sempre troppi lati oscuri dietro la parte lucente della medaglia.

E quindi?

Come possono i noleggiatori creare pratiche commerciali sostenibili abbracciando anche questo nuovo approccio?

Le domande di Appleton

Il ruolo del noleggio nel mondo degli affari è quello di trovare nuove aree in cui fare la differenza, proponendo un modello nuovo e sostenibile senza rischiare di votarsi all’estinzione.

Le imprese di successo – indipendentemente dal settore – sono la migliore garanzia contro un ritorno alla povertà globale.

Il noleggio è trainato da una forte domanda che per paradosso non si accompagna a pratiche inquinanti, anzi. Inoltre, il cash flow che genera si presta a un parziale ricircolo nei contesti territoriali dove le aziende operano. Anche a una parziale, ma concreta, redistribuzione. Non in termini di assistenzialismo, ma di sostegno allo sviluppo territoriale.

Nel precedente articolo, ho delineato alcune strade possibili che possono essere intraprese con decisione e senza indugio.

Anche Kevin Appleton, ex manager di importanti società di noleggio britanniche e ora consulente, è intervenuto sul tema qualche mese fa. In una riflessione pubblicata su IRN, Appleton suggerisce ai noleggiatori di rispondere ad alcune “semplici” domande chiave.

  1. Cosa possiamo fare noi per eliminare la povertà relativa delle persone che lavorano nella nostra azienda?
  2. Come possiamo assicurarci che tutti nel nostro business abbiano una giusta possibilità di prosperare?
  3. Come possiamo favorire i produttori che producono le attrezzature più pulite?
  4. Come possiamo smaltire le nostre attrezzature in modo responsabile, assicurandoci che abbiano la più lunga vita lavorativa possibile?
  5. Come possiamo assicurarci di generare meno rifiuti?

Sono domande semplici e concrete, perfino disarmanti, che però forniscono materiale sufficiente ad avviare un esame di coscienza collettivo, e perciò le rilanciamo con piacere sulle pagine di Rental Blog.

Se riusciremo tutti insieme a concentrarci su come risolvere questi problemi, ognuno nella sua realtà, l’effetto aggregato sarà sicuramente sorprendente, sottolinea Appleton.

E a noi piacerebbe raccontarlo questo effetto, se vorrete condividere le vostre risposte alle domande di Kevin.

Tutti vogliamo migliorare la collettività e, tolta la maschera dell’ipocrisia, sappiamo che questo processo deve iniziare da noi stessi.

Raccontare i sacrifici e le fatiche che stiamo facendo, anziché mostrare sempre i muscoli con roboanti intenzioni che rimangono sulla carta, può essere un percorso per testimoniare che si sta prendendo sul serio, una volta per tutte, il tema della sostenibilità anche nel mondo del noleggio.

Ci raccontate la vostra esperienza?

Tag dell'articolo: noleggio, sostenibilità

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