L’arma a doppio taglio del Green Marketing

Green Marketing
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Negli ultimi mesi anche il noleggio italiano ha iniziato ad accarezzare il tema dell’economia circolare.

Anche se in ritardo rispetto allo scenario europeo, l’importanza della sostenibilità ambientale sembra essere diventata centrale. Un ottimo segnale per un settore che si appresta ad abbracciare importanti cambiamenti.

Pier Angelo Cantù ha già approfondito che cosa significhi parlare di sostenibilità nell’ambito del noleggio di attrezzature, sottolineando le parole chiave che il mercato deve fare proprie per iniziare davvero a fare sul serio.

Seguendo questo filone, mi sono posta una domanda: la sostenibilità ambientale ha a che fare solo con i comportamenti all’interno dell’azienda? Oppure entra in gioco, inevitabilmente, anche il tema della comunicazione?

Il fenomeno del Green Marketing

Ormai lo sappiamo fin troppo bene: non importa quanto bene svogliamo il nostro lavoro all’interno delle nostre aziende. Se non comunichiamo in modo autentico, affidabile ed efficace tutti i nostri sforzi potrebbero essere vani.

E questa considerazione si riflette perfettamente anche in un contesto come quello dell’economia circolare. Non senza rischi.

Ma andiamo con ordine.

Innanzitutto, nel corso degli anni la comunicazione della sostenibilità ambientale si è progressivamente trasformata in una vera e propria branca del marketing. Stiamo parlando di quello che oggi definiamo il Green Marketing, o “Marketing Verde”, se vogliamo italianizzare.

Ci sono molti modi per definirlo, ma il concetto di base rimane sempre lo stesso: mettere al centro l’ambiente. In altre parole, il Green Marketing descrive l’impegno di imprese e organizzazioni nel restituire al Pianeta qualcosa del tanto che si è perso nel corso del tempo.

Il Green Marketing è l’insieme delle attività e delle strategie messe in atto da un’azienda per contribuire a migliorare la propria sostenibilità ambientale, una delle tre declinazioni della sostenibilità, insieme a quella sociale ed economica.

In questo senso, il Green Marketing viene utilizzato dalle imprese per costruire o rafforzare la propria immagine di soggetti sensibili alle tematiche ecologiche.

Ma non solo. L’obiettivo è anche quello di diffondere e rendere sempre più abituali nuovi stili di vita e di consumo che facciano dell’ambiente uno dei driver di scelta primari all’interno della quotidianità di ciascuno di noi.

In altre parole, le aziende si fanno promotrici di ideali green e, attraverso la progettazione di varie attività, fanno in modo di trasmettere questi valori al proprio pubblico di riferimento.

Queste stesse attività possono essere declinate su più fronti:

  • le attività di produzione sono legate ai prodotti o ai servizi che l’azienda offre alla propria clientela; questi vengono declinati in una nuova chiave ecologica, andando a influenzare positivamente l’immagine aziendale ma andando anche a beneficio dei clienti stessi.
  • la macro-categoria della comunicazione è un’altra attività che diventa centrale all’interno di questo nuovo panorama. Le declinazioni possono essere diverse: dall’utilizzo di copy rivisti in un’ottica più green, all’uso di colori che rimandano maggiormente al tema dell’ecologia, fino all’organizzazione di eventi o di giornate di beneficienza. Basti pensare, per esempio, alle giornate per ripulire aree e parchi delle città, oppure alle donazioni nei confronti di enti che si occupano del benessere della Terra e degli animali.
  • il comportamento adottato dalle imprese è un’ultima tipologia di attività che può essere inclusa nel Green Marketing. Alcune aziende hanno progettato e intrapreso strategie volte a contenere le emissioni di CO2, fino ad arrivare alla cosiddetta carbon neutrality oppure a essere classificate a tutti gli effetti come B-Corp, ovvero un panel di aziende internazionali che promuovono un modo più etico di fare business.

I principi (e i comportamenti) fondamentali

Come traspare da queste prime considerazioni, fare Green Marketing è un impegno a 360 gradi. Non si tratta di semplici azioni , ma di veri e propri piani strategici che si riflettono su più comparti dell’azienda.

Uno studio realizzato dal BlackRock stima che la transizione verso il net zero aiuterà l’economia mondiale a crescere del 25% in 20 anni. Un dato che giustifica l’interesse per le aziende a investire in attività sempre più green, anche nell’ottica di poter contare su piani di ripresa nazionali ed europei impegnati proprio su questo fronte.

Il tema assume inevitabilmente una centralità molto importante; ma quali sono i principi di base del Green Marketing? In cosa devono credere le imprese per poter essere promotrici di questi nuovi valori?

A questa domanda possiamo rispondere con due termini esplicativi: la restituzione e la responsabilità.

“Restituire” significa comprendere e ammettere di aver avuto un ruolo negativo in termini di emissioni, di utilizzo di sostanze inquinanti, di gestione poco accorta delle risorse del Pianeta. “Responsabilità” diventa il mantra più importante: è necessario adottare comportamenti produttivi più etici, ottimizzando il consumo di energia e di materie prime.

Per rispettare questi principi essenziali, è altrettanto importante introdurre in azienda dei comportamenti credibili, che rispecchino i valori su cui si fondano la sostenibilità ambientale e il Green Marketing. Anche in questo caso, le opzioni sono tante:

  • la creazione di una linea di prodotti green, sia in termini di produzione che di packaging, per esempio;
  • l’eliminazione della plastica da ogni ambiente di lavoro. Sono molte le aziende che hanno già sostituito le bottigliette di plastica con borracce brandizzate e personalizzate per i propri collaboratori.
  • l’organizzazione di team building aziendali, fondamentali per istruire e stimolare lo staff ad adottare comportamenti sempre più etici, anche attraverso l’organizzazione di attività come quelle di riqualificazione e bonifica di spiagge, parchi o quartieri all’interno delle proprie città.

Il rischio di scivolare nel greenwashing

Una di queste attività, però, merita una menzione a parte.

Abbiamo aperto questo articolo parlando di comunicazione. Ed è proprio la comunicazione l’arma a doppio taglio a disposizione delle imprese in questo scenario.

Nel momento in cui l’azienda viene riconosciuta come portavoce, come divulgatore di pratiche più eco-friendly, uno degli obiettivi da porsi è quello di educare la propria customer base a fare altrettanto. In questo contesto si possono quindi pensare delle campagne ad hoc per i social media, dei contenuti di approfondimento messi a disposizione dei propri utenti, delle partnership siglate con testimonial di settore che contribuiscano a rendere ancora più di impatto questo tipo di comunicazione.

Ma a una condizione: che l’azienda sia davvero chi dice di essere.

L’eco-friendly è diventato un parametro di riferimento della strategia pubblicitaria aziendale: ogni impresa pianifica campagne di Green Marketing che comunichino la sostenibilità della propria azienda, tanto in termini di comportamenti quanto in termini di prodotti/servizi offerti.

Una pratica che però porta con sé un inevitabile rischio: quello di scivolare nel greenwashing. Letteralmente, questo termine può essere tradotto come “ecologismo di facciata“. Un’espressione quanto mai efficace. Stiamo parlando dell’impiego di dichiarazioni ambientali non verificabili, perché non supportate da riscontri scientifici, al fine di attribuire a un’azienda un’immagine verde che non corrisponde alla realtà.

Si va quindi a creare un’immagine verde inesistente della propria realtà o del proprio prodotto.

Insomma, parlare di economia circolare, di sostenibilità, così come mettere in pratica attività di Green Marketing sembra una cosa banale. Ma non lo è.

La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e significativamente verificabili“. Questo è quello che prevede il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.

Il tema della sostenibilità non può ridursi a delle semplici attività di comunicazione. Non è sufficiente lanciare qualche campagna ad hoc, se poi la nostra azienda genera emissioni di CO2 troppo elevate o se i nostri stessi collaboratori non sono portati ad adottare comportamenti più etici. Deve essere supportato da una strategia adeguata, da attività pianificate nel dettaglio per diventare nel tempo dei referenti autorevoli.

Comunicare e basta, non serve. Del resto, dovremmo saperlo bene…”meglio stare zitti e sembrare stupidi, che parlare e togliere ogni dubbio“.

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