Il valore di imparare dagli errori

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Riportiamo un articolo pubblicato sulla rivista ufficiale IPAF 2020 a firma Lorenzo Perino. La versione digitale sfogliabile di IPAF InForma è visibile qui.

Stando ai dati riferiti annualmente dall’Inail, il numero di infortuni e incidenti sul lavoro in Italia negli ultimi anni è rimasto sostanzialmente stabile; il numero di morti sul lavoro, purtroppo, si conferma sempre molto alto, nell’ordine di quasi due al giorno. Nonostante le campagne informative istituzionali, l’impegno delle associazioni sindacali e datoriali e l’opera di sensibilizzazione che da più parti viene portata avanti, non sembra che la tendenza si sia invertita in modo significativo.

Questo è certamente un dato che deve fare riflettere e che non può essere tollerato in un Paese incidente-pleavanzato come l’Italia. Tra l’altro, per quanto riguarda le attrezzature di lavoro, nel mese di marzo 2020 compie cinque anni l’entrata in vigore dell’Accordo Stato Regioni 22 febbraio 2012 che ha introdotto indicazioni puntuali su come effettuare la formazione abilitante per alcune categorie di attrezzature di lavoro individuate dal legislatore come a rischio infortunio. Come è noto, il criterio che ha riunito le diverse categorie scelte è stato quello delle attrezzature soggette a rischio ribaltamento, quindi sono state inserite le gru a torre, le gru mobili, le gru su autocarro, i carrelli semoventi con conducente a bordo, i carrelli a braccio telescopico, rotativi e non, i trattori agricoli e forestali, le macchine movimento terra di una certa dimensione, le pompe per calcestruzzo e le piattaforma di lavoro elevabili, categoria di cui si occupa da sempre IPAF.

Un approccio sempre rischioso

 Dovendo tracciare un bilancio dell’impatto di questa incisiva normativa, prestando particolare attenzione al mondo del sollevamento delle persone, non si intravedono segnali confortanti a livello generale. I numeri degli infortuni sul lavoro e gli incidenti mortali non sono diminuiti in modo significativo tanto da fare presumere quel cambiamento culturale così auspicato negli ultimi anni. Dall’altro lato non è difficile, per gli addetti ai lavori del mondo delle PLE che abbiano sviluppato un certo “occhio clinico”, imbattersi in frequentissimi utilizzi impropri e imprudenti delle piattaforme di lavoro elevabili in qualsiasi contesto ci si venga a trovare: dalle città, ai cantieri, alle zone industriali, agli stabilimenti. Sono, inoltre, frequenti le errate segnalazioni dell’ingombro delle piattaforme aeree che lavorano sulla sede stradale, è diffuso il mancato utilizzo di DPI adeguati e sono anche numerosi, quanto pericolosi, gli episodi di sbarco in quota dalla cesta senza la dovuta valutazione dei rischi.

Questo approccio perennemente rischioso è causato in larga parte dal fatto che in Italia la sicurezza sul lavoro e la formazione relativa vengano ancora visti come un ostacolo all’esercizio dell’attività e, in definitiva, un costo imposto dallo Stato all’imprenditore. Non piuttosto come un valore aggiunto in termini di efficienza e diminuzione del rischio d’impresa, quale invece dovrebbe essere.

Nei mesi precedenti e immediatamente successivi al 12 marzo 2015 c’è stata effettivamente la corsa all’ottenimento del “patentino”, soprattutto per la proliferazione di numerosissimi enti di formazione improvvisati e desiderosi solo di cavalcare l’onda della domanda di mercato senza alcuna attenzione a fornire formazione effettiva e di qualità. Molti datori di lavoro si sono affidati a questi enti o perché mal consigliati oppure per adempiere in qualche modo l’aspetto formale. Fortunatamente, moltissimi altri sin da subito o anche successivamente, accortisi dello scarso valore aggiunto dei corsi frequentati dai propri lavoratori, sono tornati a rivolgersi a soggetti formatori affidabili, tra cui anche a IPAF, mettendo al centro la salute e la sicurezza delle persone che lavorano.

Italia, numeri preoccupanti

Dal canto suo, IPAF ha continuato nella propria attività di ricerca e sviluppo dei corsi di formazione sull’uso in sicurezza delle PLE soprattutto beneficiando delle informazioni raccolte su tutti i luoghi di lavoro degli oltre 50 Paesi nel mondo in cui opera ed anche inseriti direttamente dagli operatori di mercato all’interno della Banca Dati Incidenti accessibile al sito www.ipaf.org dove è possibile segnalare incidenti occorsi di cui si abbia avuto notizia, eventualmente anche in forma anonima. Questo garantisce ad IPAF una visione d’insieme dei temi legati all’utilizzo delle PLE e di modulare i propri corsi di formazione esattamente sulle esigenze di sicurezza che il mercato esprime.

Analizzando alcuni dei dati che emergono all’interno del “MEWP Annual Accident Report 2018” si possono fare alcune riflessioni interessanti. Innanzitutto, IPAF ha elaborato un meccanismo in grado di calcolare il tasso di incidenti che ogni nazione ha in rapporto al numero totale di piattaforme mobili elevabili presenti nei parchi noleggio di ciascun paese. È vero che in Italia, rispetto ad altre nazioni, l’incidenza delle PLE a noleggio confrontato al parco macchine complessivo presente è meno rilevante, ma certamente può essere un indicatore interessante in ogni caso. Tra tutti i Paesi europei l’Italia ha purtroppo il tasso FIR (Fatal Incident Rate) più alto rispetto a Francia, Germania, Paesi Scandinavi e Gran Bretagna. E questo ci dice quanti passi in avanti ancora dobbiamo fare nella direzione dell’effettività della sicurezza.

Le principali cause di incidenti delle PLE

 Venendo all’esame dei motivi di eventi negativi occorsi sulle macchine, le peculiarità italiane sono in primo luogo che un incidente su tre è dovuto al ribaltamento dell’attrezzatura di lavoro. Questo è generalmente causato da un atteggiamento superficiale e poco prudente del datore di lavoro o dell’operatore nel momento in cui deve analizzare le condizioni ambientali in cui mezzo e operatore si trovano a  operare. In particolare, sono frequenti i casi di errata valutazione delle superfici in cui si va a stabilizzare la PLE o il mancato uso delle piastre di appoggio, ove necessario. Il problema è che il ribaltamento di una piattaforma di lavoro elevabile genera sempre dei momenti di forza rilevanti a cui l’operatore in cesta è soggetto e spesso questi portano a infortuni gravi o gravissimi, se non mortali. Anche il rischio di interferenza con altri macchinari o con strutture fisse può portare al ribaltamento o all’intrappolamento dell’operatore e quindi anche l’attenta valutazione dei rischi interferenziali è un elemento basilare nell’uso sicuro di questi macchinari.

Il dato forse più significativo che emerge dal rapporto è quello relativo al fatto che ben il 22 per cento degli incidenti censiti siano dovuti a rotture meccaniche del macchinario a fronte di una percentuale su base mondiale del solo 4 per cento sul totale.

Questo significa che il parco macchine presente in Italia ha significative carenze manutentive e di controlli periodici da parte del datore di lavoro, a fronte di obblighi normativi in questo senso chiari e molto stringenti. Personalmente mi sentire di escludere da questo discorso le PLE facenti parte dei parchi dei grandi noleggiatori professionali italiani perché, per esperienza diretta, so che le macchine date a noleggio, a freddo o a caldo sono soggette a scrupolosi controlli alla consegna e al rientro con sistemi di tracciabilità degli stessi informatizzati. Infatti, per queste aziende, l’incidente mortale per problemi strutturali rappresenterebbe un rischio insostenibile e quindi tendono sempre a prevenirlo con procedure perfezionate nel corso degli anni.

La preoccupazione maggiore si riferisce alle numerose PLE ancora in circolazione, magari con più di vent’anni di vita, in possesso di piccole aziende artigiane che non hanno mai investito quanto sarebbe stato necessario in controlli periodici strutturali e in una manutenzione programmata adeguata e che quotidianamente mettono in serio pericolo la vita dei lavoratori che le utilizzano. Da questo punto di vista risulta urgente un intervento normativo che vada a chiarire e a restringere la vita utile delle attrezzature per il sollevamento delle persone anche in relazione ai progressi tecnologici costruttivi che consentono il raggiungimento di altezze sempre maggiori. L’aumento di peso costante che ha caratterizzato negli ultimi anni gli autocarri su cui sono montate ha portato infatti a una leggerezza strutturale sempre più spinta.

Invertire la tendenza

Altro aspetto importante che emerge dal Rapporto IPAF è che il 55 per cento degli incidenti che avvengono in Italia coinvolgono piattaforme di lavoro autocarrate. Certamente, il dato è dovuto alla grandissima diffusione che questa tipologia di PLE ha nel nostro Paese, anche grazie al fatto che l’Italia vanta numerose eccellenze produttive di questo segmento, riconosciute al livello mondiale. Per questo motivo, possiamo dire che il dato non tradisce alcuna criticità particolare, se non, come per qualsiasi altro macchinario, la necessità di

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effettuare una formazione specifica e modulata sui rischi che effettivamente ciascuna tipologia di attrezzatura presenta.

L’ultimo elemento rilevante riguarda i luoghi in cui avvengono eventi negativi: nel 75 per cento dei casi gli incidenti si verificano in spazi pubblici o sulle pubbliche strade. Questo aspetto è molto importante e, infatti, IPAF ha recentemente portato avanti una campagna di sensibilizzazione alla sicurezza denominata “Street Smart” mirata a evidenziare i rischi che lavorare in strada comporta e le corrette procedure da seguire per ridurli al minimo. La documentazione informativa relativa alla campagna è disponibile gratuitamente sul sito, sempre nella sezione “risorse e può costituire un utile strumento di prevenzione per l’azienda che usa le PLE.

Al termine di tutti questi dati in merito agli incidenti che possono occorrere nell’uso di PLE non deve certamente passare il messaggio che queste attrezzature non siano sicure, anzi devono essere considerate il modo più sicuro per effettuare lavori in altezza. Quello che fa la differenza è l’uso che di questi macchinari il datore di lavoro e i suoi operatori fanno quotidianamente e il livello di informazione, formazione e addestramento presente in azienda che, unitamente alle procedure di controllo periodico e alle verifiche istituzionali previste dalla legge, portano a ridurre il rischio ad un livello certamente accettabile. Il Report IPAF si conclude con questo numero: nel 2018, nel mondo, sono state censite oltre 1.350 mila PLE all’interno di flotte di noleggio e ogni giorno oltre 90 mila operatori lavorano in sicurezza con le PLE.

Possiamo dire, per concludere, che la strada da percorrere è ancora molto lunga, soprattutto in Italia; ma se partiamo dalle giuste premesse e, soprattutto, se impariamo dagli errori che fino ad oggi ci sono costati troppi infortuni sul lavoro, anche mortali, la tendenza non potrà che essere invertita nei prossimi anni.

Con il contributo di tutti gli operatori di mercato: istituzioni, associazioni sindacali e datoriali, aziende e lavoratori impegnati ogni giorno sul campo.

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