Quanto ci costa un infortunio sul lavoro?

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Quando si verifica un infortunio sul lavoro, la prima preoccupazione è quella di “pararsi” dalle responsabilità e dai risarcimenti, frugando tra carte e faldoni per metterci una pezza a posteriori, con la complicità di qualche consulente del lavoro che si crede “furbo” o, peggio, di rappresentanti delle istituzioni in odore di galera.

Aziende e assicurazioni cominciano una battaglia legale e formale alla stessa stregua. Nel frattempo, qualcuno è morto e ci sono famiglie che rimpiangono un genitore, un marito, un figlio.

In questa riflessione vorrei portare alla luce i “costi” sociali, ai quali non si pensa quasi mai, allo scopo di tenere sempre viva la riflessione sull’importanza di prevenire gli incidenti sul lavoro lasciando perdere le carte bollate e il risparmio, talvolta maldestro, di qualche decina di euro, per concentrarci sulle persone a cui è capitato l’incidente.

Vi ricordate il disastro ferroviario di Lodi?

Già dopo qualche ora, l’incidente è stato imputato all’errore umano, una casistica comoda e buona soprattutto a mettere in secondo piano i risarcimenti.

Ammesso che si tratti di “errore umano”, la vera causa è però sempre a monte: organizzazione insufficiente, procedure superficiali, taglio dei costi di lavorazione, stress e fatica dei lavoratori. Misure di sicurezza molto superficiali.

Risparmiare sulla sicurezza?

Ma partiamo dal primo aspetto, che riguarda ancora molti, troppi imprenditori di piccole e medie imprese, anche clienti dei noleggiatori.

Sembrano aver imparato molto bene a prestare la massima attenzione a ogni forma di risparmio nella conduzione dell’impresa. Questo va bene quando parliamo di risparmio dei costi di energia.

Spesso, però, questo risparmio produce un aumento dei rischi che, se si verificano, hanno comunque conseguenze economiche, magari solo relative a un prolungato fermo del lavoro, oppure a un danno ambientale procurato.

Altrettanto spesso (almeno quattro volte ogni giorno ci dicono le statistiche INAIL), questi rischi vedono coinvolte gravemente anche le persone.

L’eccesso di fatalismo ci fa pensare che tanto a noi non succederà mai nulla. Quindi non si è portati a valutare costantemente le fragilità che stiamo creando con le nostre stesse scelte, cosa che per un imprenditore risulterebbe invece di facile calcolo.

Siamo rimasti ancora ai tempi in cui spendere per la sicurezza è considerato un costo, non un investimento.

Molti datori di lavoro sono abituati a credere che “tanto ci penserà l’INAIL” oppure che “pagherà l’assicurazione”, sottovalutando il fatto che in caso di incidente questi soggetti sono, al contrario, molto ben preparati a mettere in rilievo tutti gli appigli possibili per non pagare. O per rivalersi sull’impresa o su terzi. Naturalmente, allo scopo di risarcire il meno possibile le famiglie di chi è morto, che magari risulterà colpevole di qualche “errore umano” e amen.

Le analisi preventive

Gli imprenditori medio-piccoli e le microimprese, purtroppo anche tanti noleggiatori che continuano a tutelarsi in modo approssimativo, si trovano di fatto a preoccuparsi solo dopo che l’evento è accaduto.

Quando anche gli aspetti formali e burocratici, ai quali non hanno ottemperato nella sostanza o a cui hanno prestato attenzione molto superficialmente e solo alla forma, si mostrano improvvisamente inconsistenti.

Quella che manca, in tantissimi casi (otto su dieci dicono sempre le rilevazioni ispettive) è un’analisi preventiva di ciò che si deve fare in azienda a livello d’informazione e formazione degli operatori.

Specialmente nel merito degli obiettivi e della qualità della formazione stessa.

Inoltre, la stipula dei contratti assicurativi non è sempre ben vagliata.

Il più classico esempio di superficialità è il mancato avviso da affiggere obbligatoriamente in bacheca (due facciate in tutto) riguardo alle responsabilità dei lavoratori, che ha fatto perdere a parecchie imprese cause di lavoro che sarebbero state altrimenti vinte con facilità.

I costi di un infortunio sul lavoro per l’azienda

Ma torniamo al tema centrale delle nostre riflessioni, cioè l’analisi dei costi di un infortunio sul lavoro. Come si quantifica il costo di un incidente mortale o invalidante, per esempio, al 70 per cento?

Proviamo a pensare per quanti anni il lavoro aziendale sarà dedicato quasi esclusivamente al rimborso del danno.

È ipotizzabile, nella media delle fattispecie, un indennizzo anche pari a un milione di euro, spesso superiore.

Dove possono trovare questi importi i piccoli artigiani, i titolari di partita iva o anche le imprese di dimensioni poco più grandi, in un contesto scarsamente patrimonializzato come quello di oggi?

Ci troveremmo nella situazione di dover chiudere l’impresa e forse anche di vendere la casa e i beni di famiglia? E, oltre al costo di indennizzo, quali possono essere gli altri costi che andremo a sostenere?

Eccone alcuni, giusto per fare degli esempi concreti:

  • Ore di lavoro perse da altri dipendenti in conseguenza all’incidente.
  • Ore di lavoro per indagine delle cause/analisi (rapporti con gli organi di vigilanza, eccetera).
  • Costi per ore di straordinario/sabato.
  • Costi per selezione e formazione di nuovo personale.
  • Mancato guadagno; diminuzione della qualità dei nostri servizi.
  • Spese per forniture di emergenza.
  • Penalità contrattuali per ritardi di produzione, blocco cantiere, eccetera.
  • Ordini annullati o non portati a casa.
  • Blocco della produzione per fermo delle attività.
  • Blocco della produzione per mancanza di personale.
  • Perdita di competenze aziendali.
  • Perdita di mercato per la “cattiva immagine” generata ai clienti su tutti i nostri servizi.
  • Danni a prodotti e materiali nostri o di terzi.
  • Spese legali.
  • Danni a impianti, attrezzature e strumenti.
  • Danni a edifici – inquinamento ambientale.
  • Costi di sgombero del sito–bonifica.
  • Costi di indagine (perito, laboratori eccetera).
  • Aumenti di premi Inail e assicurazioni.

I riflessi meno evidenti

Per quanto impietoso, questo elenco è ancora carente perché in caso di incidente grave l’imprenditore dovrà far fronte a molto altro.

Ad esempio, al contraccolpo negativo sul morale dei dipendenti, che si evidenzia con una riduzione dell’attaccamento al lavoro, con posizioni molto critiche nei confronti della proprietà e dei capireparto, con un minor impegno nell’esercizio del proprio ruolo, un minor attaccamento al marchio aziendale, eccetera.

Per non parlare dell’amplificazione causata dai social network e dalla comunicazione non direttamente sotto il nostro contro.

Vi ricordate quanto successo durante il GIS 219?

Anche se l’incidente non riguarda direttamente il nostro personale ma, ad esempio, un cliente dei nostri servizi può riflettersi comunque sulla nostra azienda, in quanto noleggiatori di mezzi carenti di manutenzione e controlli.

Oppure sull’azienda costruttrice del macchinario, per vizi strutturali fin dall’origine. In questi casi ci si può trovare di fronte a queste altre problematiche:

  • Blocco cautelativo del parco macchine circolante e/o modifica obbligatoria tramite richiamo delle singole unità vendute o di proprietà nella flotta.
  • Perdita di immagine (che si riflette inevitabilmente sull’affidabilità di tutti i servizi che offriamo).

Anche se non riguardante un nostro diretto dipendente, un incidente può rivelarsi comunque molto costoso.

Proviamo a immaginare un evento che provochi un danno ambientale: è facile pensare al blocco dell’intero cantiere o dello stabilimento a scopo precauzionale.

Senza magari andare fino a Taranto, pensiamo a un impianto di depurazione che diventa oggetto di fermo cautelativo a fronte di analisi ambientali: il costo di riammodernamento dell’impianto può pregiudicare la vita stessa dell’azienda.

E cosa può costare, inoltre, il blocco di un cantiere autostradale per poter dare modo ai periti del Tribunale di capire con calma e senza pericolo di inquinamento delle prove cosa sia successo?

Fate mente locale e pensate a tutte le casistiche possibili in cui potreste essere coinvolti.

La consapevolezza imprenditoriale

Vi state toccando?

Vi conviene piuttosto mettere mano all’organizzazione e convincervi una volta per tutte che la sfiga non esiste. Molti degli eventi che sto citando come esempio sono frutto della superficialità, che invece ci vede benissimo.

Avete mai sentito parlare dei near miss? Provate a leggere il Rapporto Globale sulla Sicurezza di IPAF.

A meno che non ci sia della comprovata malafede, basta solo un po’ di attenzione, una costante analisi dei rischi. Si chiama consapevolezza imprenditoriale, ma forse in Italia non è molto conosciuta.

Quanto può costare una disattenzione da parte di un elettricista? Quale elettricista, ancorché assicurato, potrebbe mai pagare la ricostruzione di uno stabilimento con costosi impianti e macchinari, la mancata produzione, il mancato guadagno?

O la ricostruzione di un palazzo antico? Vi ricordate cosa ha provocato l’incendio della Cattedrale di Notre Dame a Parigi (patrimonio culturale inestimabile?).

Pensate forse che in tutte le aule formative dove si rilasciano patentini per l’uso di PLE (e dove magari avete mandato i vostri dipendenti) si affronti, ad esempio, il rischio di elettrocuzione?

Io rabbrividisco quando sento soggetti che lavorano da soli e hanno magari due o tre macchine messe in un box di lamiera dichiararsi noleggiatori (qualcuno li ha convinti che lo sono, ma qui il problema si sposta sui tavoli istituzionali).

Guardiamo quindi alla nostra attività e proviamo a pensare a tutto ciò che ci potrebbe accadere.

Troveremo sicuramente dei punti deboli che, nonostante tutta la nostra buona volontà nel prevenire, possono rivelarsi molto critici per l’azienda.

Se lo facciamo, ci risulterà più facile capire che non bisogna trascurare, tra i rischi d’impresa, i costi degli incidenti e tutte le azioni possibili di prevenzione.

 I costi sociali

A construction worker is rescued from a 180-foot crane by Houston firefighters Friday, July 25, 2014, in Houston. A fire department spokesman said the worker suffered an injury after slipping and falling on the platform. He was then taken off the crane in a Stokes basket and taken by ambulance to an area hospital.Da ultimo, come imprenditori dovremmo però avere anche una visione più profonda dell’impresa, allargandola al contesto territoriale e sociale in cui operiamo. Ed è questo il cuore della nostra riflessione.

Non voglio trattare qui in modo solo teorico oppure troppo approfondito i costi sociali, che in questa sede non interessano nemmeno a tutti.

Ma ci terrei a osservare che spesso, nelle nostre piccole o medio piccole realtà, l’infortunio può essere capitato a un parente, un vicino di casa, un amico, una persona conosciuta.

E anche se non lo fosse, non è forse giusto pensare alla sua famiglia, ai nipotini che non potranno godere del nonno, alla vedova che non potrà trascorrere col marito anni ancora importanti della sua vita?

Di questi aspetti non ci occupiamo mai e non se ne sente parlare sulla stampa o ai convegni.

Sulle riviste di settore leggiamo però di Certificazione della Responsabilità Sociale e a qualche convegno qualcuno stupisce l’uditorio con frasi altisonanti o filmati inquietanti e poi finisce lì.

Facciamo sempre presto a dimenticare tutto e sorvolare.

Magari perché costretti ad affrontare cause in tribunale e difese a oltranza, sperando nella lentezza farragginosa della burocrazia.

Forse non siamo ancora preparati a sentir parlare di Certificazione Etica d’Impresa. Eppure ci riempiamo la bocca con la “sostenibilità” e siamo felici quando arrivano i soldi a pioggia del PNRR.

Forse, se venissimo stimolati con esempi reali di ciò che accade nella vita quotidiana dopo un incidente, e cioè di situazioni di invalidità permanenti, di privazione di affetti e di stenti familiari ed economici, riusciremmo tutti, ma davvero tutti, a porre maggiore e più efficace attenzione agli aspetti della sicurezza aziendale.

E a cambiare approccio noi per primi.

Tag dell'articolo: sicurezza, sicurezza sul lavoro

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