L’incertezza della ripresa, come combatterla

Incertezza ripartenza
Incertezza ripartenza

L’incertezza è l’habitat naturale della vita umana, sebbene la speranza di sfuggire ad essa sia il motore delle attività umane. Sfuggire all’incertezza è un ingrediente fondamentale, o almeno il tacito presupposto, di qualsiasi immagine composita della felicità. È per questo che una felicità “autentica, adeguata e totale” sembra rimanere costantemente a una certa distanza da noi: come un orizzonte che, come tutti gli orizzonti, si allontana ogni volta che cerchiamo di avvicinarci ad esso”.
Zygmunt Bauman

L'incertezza della ripresa, come combatterla

L’estate sta finendo, diceva un vecchio tormentone estivo.

E se luglio e agosto sono stati caratterizzati da un allentamento delle tensioni generali, il cambio di stagione ci porta in dono un nuovo periodo incerto.

Il fantasma Covid-19 aleggerà ancora sulle nostre teste. Ci farà oscillare tra la speranza di una ripresa e la paura di possibili ricadute sul piano dei contagi.

Con riflessi di incertezza anche su quello socio-sanitario, lavorativo e socio-economico.

L’attuale emergenza sanitaria, infatti, sta favorendo il consolidarsi di un senso di incertezza pervasivo e duraturo. A oggi, purtroppo, non sono ancora disponibili informazioni sicure sulla diffusione, le conseguenze, il contenimento e il trattamento del Coronavirus nei mesi a venire.

Incertezze che si modificano di giorno in giorno nei costanti aggiornamenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità su una condizione in continua evoluzione.

Nel contempo, continuano a diffondersi altre notizie incerte, sia buone che cattive. Le incertezze relative al Covid-19 sono legate alla natura vaga e imprevedibile della malattia, alla comprensione limitata dei sintomi e della sua probabile progressione.

Ma anche alla scarsa conoscenza dell’efficacia di cure possibili. E ancora, alle possibili ripercussioni. Queste, in particolare, a breve o lungo termine… e su vari livelli: individuale, salute pubblica, economia, finanza, eccetera.

Non disporre di sufficienti informazioni su cosa aspettarsi dal virus e come possa progredire in futuro, consolida i nostri dubbi nel trovare un modo efficace per fronteggiare questa situazione dall’esito incerto.

Per molti di noi, questa fase sta rappresentando il palcoscenico di nuove emozioni. L’euforia per la ripresa, ad esempio. Ma è anche il sostrato di profonde sensazioni di ansia e di dubbio legate alla mancanza di prevedibilità degli scenari che ci aspettano nei mesi a venire.

Anatomia dell’incertezza

Da un punto di vista psicologico, l’incertezza può essere definita come uno stato, più o meno passeggero, di dubbio circa la verità di qualche cosa o riguardo i futuri sviluppi di una situazione a causa di insufficienti elementi conoscitivi.

Questa definizione riflette esattamente ciò che da mesi stiamo vivendo e riguarda tutti, sia nella vita personale che in quella professionale.

Ma, se ci pensiamo bene, è una condizione di vita o di lavoro che oggi sembra quasi una costante.

Rispetto al Covid-19, sui media si alternano notizie ora allarmistiche, ora rassicuranti. Dati oggettivi, scientifici e opinioni personali di epidemiologi, economisti, politici si mischiano delineando previsioni incerte e divergenti.

I pareri in contraddizione suscitano, inevitabilmente, reazioni contrastanti, mettendoci dinnanzi all’imprevedibilità dei mesi a venire.

Oscilliamo da una parte tra la paura e l’ansia di fronte al pericolo di possibili ricadute dall’altra ci aggrappiamo alla tendenza di minimizzare.

Si tratta di reazioni ben note alla Psicologia Sociale che da sempre studia emozioni, motivazioni e comportamenti e che sa bene come l’incertezza sia una condizione difficile con cui convivere e da tollerare per la nostra mente.

L’emozione più antica e forte dell’essere umano è la paura, e il tipo più antico e forte di paura è la paura dell’ignoto.

Così recita una delle più note citazioni di Howard Phillips Lovecraft, scrittore e saggista statunitense. Nel suo “Supernatural Horror in Literature”, indaga le conquiste della narrativa dell’orrore nel campo degli anni Venti e Trenta.

Pratica clinica ed evidenze scientifiche pubblicate negli ultimi trent’anni sostengono questa visione. Documentando come la paura dell’ignoto, l’ansia verso qualcosa che ci appare come imprevedibile e incontrollabile, sia una reazione emotiva del tutto normale e sana.

Che ha un’importante valore adattivo. Ci permette di prestare attenzione alla fonte di incertezza e di conoscerla, rendendo così lo scenario controllabile, prevedibile e permettendoci di attivare adeguate strategie di problem solving.

Il nostro bisogno di prevedibilità e controllabilità

Come abbiamo già avuto modo di affrontare nei mesi precedenti mesi su Rental Blog e come spiegato egregiamente nel white paper “Gli errori cognitivi, cosa sono e come liberarsene” (scaricabile gratuitamente sul nostro sito) la mente umana somiglia più a un elaboratore di informazioni che a una macchina fotografica.

Questo significa che è sempre, costantemente impegnata nello sforzo di dare un senso, un significato alla realtà, per comprenderla e renderla prevedibile e controllabile.

La prevedibilità implica valutazioni probabilistiche circa il verificarsi di un evento, su quando, come e dove avverrà e sulla sua intensità. Presuppone la presenza di un equilibrio tra percezioni conosciute e incognite.

Sulla base delle prime possiamo effettuare previsioni, le quali, tuttavia, potranno cambiare in funzione della percezione di incognite.

La controllabilità, invece, implica la possibilità di ritenere con sufficiente certezza che le risorse disponibili siano in grado di influenzare le possibili conseguenze negative di un evento.

Il tentativo di rendere la realtà prevedibile e controllabile è un’operazione finalizzata a un migliore adattamento all’ambiente. Riducendo i fattori di imprevedibilità, abbiamo la percezione di poter impiegare più efficacemente le nostre risorse.

E per fare questo, la nostra mente si serve di schemi innati e imparati dall’esperienza. Gli stessi che negli articoli precedenti abbiamo chiamato “le lenti attraverso le quali guardiamo e conosciamo il mondo”.

Euristiche (dal greco heurískein: trovare, scoprire) cioè procedimenti della mente intuitivi e sbrigativi. Scorciatoie mentali che permettono di costruire un’idea generica su un argomento senza effettuare troppi sforzi cognitivi.

E bias, costrutti fondati, al di fuori del giudizio critico, su percezioni errate o deformate, su pregiudizi e ideologie.

Si tratta in tutti i casi di strategie veloci utilizzate di frequente per giungere a delle conclusioni. Influenzate, queste, dalle esperienze individuali, dal contesto culturale, dall’insieme delle nostre credenze e dalle nostre emozioni, che permettono alla nostra mente di rendere la realtà comprensibile e prevedibile.

Una situazione dallo svolgimento noto, un contesto di cui si possono immaginare le condizioni, consentono al soggetto di concentrarsi più sull’ambiente esterno che sulla propria attività di pensiero.

Al contrario, le situazioni di incertezza, per definizione imprevedibili e incontrollabili, rappresentano, per ciascuno di noi fonte di ansia.

Un’emozione che tende ad aumentare in proporzione all’importanza delle conseguenze, reali o immaginarie, di ciò che ha scatenata.

Nell’articolo di giovedì prossimo vedremo come si comporta la nostra mente di fronte all’incertezza e quali strategie adotta per tenere sotto controllo l’ansia.

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