Possiamo tornare a parlare di etica?

etica nel mondo del lavoro
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In amore e in guerra tutto è lecito. Almeno, così recita un vecchio adagio popolare, che comunque non condividiamo.

Anche in affari tutto sembra essere diventato lecito: qui però le cose sono diverse, dato che negli ultimi anni il cliente ha meno vincoli e, laddove i vincoli che vengono posti permangono (ad esempio nei contratti forzati di 24 mesi delle compagnie telefoniche) si è creata una certa capacità di autodifesa.

gioco costruzione in legno con scritte

 

Chi compra qualcosa oggi ha a disposizione il mondo intero in un click. Anche chi noleggia auto, ad esempio e tra poco pure i mezzi operativi.

Per tutti gli altri c’è la fidelizzazione: c’è un fornitore che ci fa innamorare e che – incredibile – soddisfa tutti i nostri bisogni, e in qualche caso riesce addirittura ad anticiparli. Quindi, in affari tutto è lecito solo per chi si muove in uno scenario illecito, torbido, poco trasparente, clienti compresi. Il mondo della politica e della finanza, direi da sempre, ci stanno dando pessimi esempi di etica. Occorre invertire la tendenza e tornare a mettere davanti a ogni cosa i vecchi e sani princìpi.

Fino a qualche decennio fa, dimostrare rispetto nel (e del) lavoro – sia nei confronti dei clienti, avversari o collaboratori (sempre da ambo le parti, sia chiaro) – era un elemento costitutivo del vivere civile e anche della società produttiva nel suo insieme funzionale. Oggi è esattamente il contrario: celati dietro i convincimenti più assurdi, assistiamo a comportamenti al di fuori di ogni minima soglia di correttezza civile, sociale, professionale. E, complici i social network, ne abbiamo fatto un vanto. Voci diffamatorie vengono abilmente messe in giro ad hoc per colpire un concorrente, oppure indebolire l’organizzazione che si è appena lasciata per una nuova. Ci sono collaboratori che si accordano sottobanco con i clienti o i concorrenti, alla faccia dell’azienda che li nutre e li tutela, soprattutto se medio piccola, sfruttando magari informazioni che da essa ha potuto ricevere e depredando mesi di lavoro dei colleghi. L’universo del noleggio non è immune da questo trend: se volete vi racconto qualche episodio di cui sono stato testimone.

Dove è finita quindi l’etica che sta alla base di ogni comportamento? Ha ancora un senso evocarla? Viviamo davvero in un mondo dove tra lecito e illecito non c’è più nessun confine? Perché la diffidenza deve prendere per forza il sopravvento su ogni altro aspetto sano delle relazioni?

Le norme e i regolamenti sembrano fatti apposta per ingrossare il portafoglio degli avvocati o delle burocrazie, mentre una volta bastava una stretta di mano per sentirsi al sicuro. Oggi persino il contratto meglio stilato, alla lunga dimostra quel lato debole che qualcuno più “scaltro” ha sicuramente trovato per eluderlo, sfruttando le lungaggini e le inefficienze della giustizia. Questo discorso vale anche per quelle aziende che, approfittando di mobilità, cassa integrazione e quant’altro, vessano i propri dipendenti nei modi più assurdi, riposizionandoli o abbandonandoli per far posto a stagisti sottopagati o con contratti a tempo senza alcun futuro. C’è da domandarsi se è il sistema organizzato a essere lo specchio delle persone, oppure il contrario.

La saggezza popolare dice: comportati con gli altri come vorresti che loro si comportassero con te. E’ così difficile?

Ricordo ancora le lezioni di etica all’università e quelle di educazione civica alle scuole superiori e mi chiedo se siano argomenti buoni solo per qualche nostalgico, mentre oggi si insegna ai figli a essere più furbi. Quando sento un genitore che va da un insegnante a minacciarlo o a mettergli le mani addosso perché si è permesso di punire il figlio con un brutto voto, mi chiedo cosa stia insegnando quel genitore a suo figlio. E mi domando perché siamo diventati così.

L’etica si incarna e si apprezza nei valori di una persona, nei suoi comportamenti in divenire. Anche chi si è sempre riempito la bocca di etica e di morale, proponendosi come fulgido esempio di correttezza a parole, è sempre pronto a colpirti alle spalle pur di accaparrarsi un contratto, un favore altrui, eccetera. Che magari vale poco più di un tozzo di pane. Meno di un’amicizia, meno della stima. Eppure, c’è chi preferisce portarsi a casa un cliente anche in perdita pur di rubarlo a un concorrente, giusto per fargli dispetto.

Ribellarsi a questo status quo significa guardarsi dentro e cominciare da se stessi, senza aspettare che lo facciano altri per poi accodarsi per comodità o autocompiacimento. Ormai ne abbiamo abbastanza dei comportamenti passivo-aggressivi che circondano la nostra vita e intralciano lo sviluppo di un sistema più sano. Occorre dare l’esempio, e farlo subito. Anche per mostrare una strada diversa alle nuove generazioni. La cosa più penosa, infatti, è che molti giovani restano sempre affascinati da questi modelli negativi di comportamento.

Non sarà perché non ne vedono altri?

Tag dell'articolo: appropriazione indebita

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