Offrire soluzioni globali nel sollevamento aereo

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Lorenzo Cipriani, Vice President di CTE

A quarant’anni si può sognare ancora?

Certamente sì, se sei un’azienda nata da una comune vocazione.

È esattamente ciò che ha unito un gruppo di ragazzi, poco più che ventenni, nei primi anni ’80: perseguire un progetto fondato sull’attenzione ai bisogni della persona, sulla formazione e sull’innovazione continua dei suoi servizi.

Il benessere dei clienti e dei collaboratori è ancora il faro guida di CTE, come ci racconta Lorenzo Cipriani, Executive Vice President dell’azienda con sede a Rovereto (TN) in questa bella intervista in esclusiva.

Nel frattempo, CTE è cresciuta ed è ormai un player riconosciuto e apprezzato a livello mondiale.

Come sta in salute CTE dopo aver spento le prime quaranta candeline?

La salute di CTE Spa è strettamente collegata alla salute della capogruppo CTE Group Spa e pertanto siamo soddisfatti. Posso dire che la profonda ristrutturazione della società operativa (CTE Spa) ha impegnato negli ultimi anni ingenti risorse tecniche e finanziare. Pensiamo che i veri frutti di questo lavoro si vedranno nei prossimi 3/5 anni, se le situazioni geopolitiche ed economiche attuali lo permetteranno.

Puoi darci qualche numero?

La nostra produzione si attesta intorno alle 1.000 unità prodotte all’anno. Il fatturato dello scorso anno è stato di circa 48 milioni. 120 persone collaborano con noi nella nostra sede italiana; poi abbiamo due sedi all’estero, una in UK da vent’anni e una nata recentemente negli USA per i mercati statunitense e canadese. La nostra rete di dealer copre tutti e 5 i continenti, abbiamo più di 50 concessionari che ci rappresentano e seguono in loco i nostri clienti.

MP 24 C cte

L’autocarrata CTE MP 24 C

Guardando indietro negli anni, sono evidenti i successi, i premi internazionali e il favore del mercato…

Per quanto riguarda i riconoscimenti, siamo freschi dell’ultimo premio IAPA per il nostro sistema di controllo intelligente S3 EVO, ma ne abbiamo ricevuti altri in passato, sia nazionali che internazionali, come il premio svedese SSAB Steel Prize, vari premi Italplatform, il premio IAPA e SAIE Innovation per la nostra B-LIFT 17E elettrica. Ma oltre ai premi ricevuti in questi eventi di categoria, credo che il vero successo sia quello di essere diventati un player riconosciuto in tutti i mercati mondiali (esportiamo dall’Europa alla Cina all’Australia agli Stati Uniti al Sud America).

Quali sono invece gli errori che senti di aver fatto, col senno di poi?

Col senno di poi forse certe scelte industriali avremmo dovuto farle prima: produzione maggiormente verticalizzata, spinta su modelli “fuori dal coro” tipicamente italiani, migliore focus su mercati dove c’è un maggior riconoscimento del prodotto di qualità rispetto al prezzo.

Siete stati tra i primi a puntare sull’elettroidraulico, anche quando il mercato mostrava qualche perplessità. Che difficoltà avete affrontato per consolidare questa direzione?

Le considerazioni sull’introduzione dell’elettroidraulico, a quei tempi, valevano quanto vale ora l’introduzione dell’elettronico. Sicuramente le maggiori difficoltà sono state e sono nel far capire i reali benefici che si possono ottenere con l’utilizzo di queste nuove tecnologie (maggior sicurezza, maggiore velocità, migliori performance, eccetera) in un mercato dove la componente elettrica/elettronica è sempre stata vista più come una fonte di problemi che di vantaggi, anche se, devo dire, in questi ultimi anni la maturità dei player è cresciuta molto; d’altronde oggi senza elettronica “non si va da nessuna parte”.

Che vantaggio competitivo vi sta dando oggi questa scelta?

Credo che i riconoscimenti internazionali sui nostri sistemi di controllo parlino da soli. Abbiamo “pagato” all’inizio ma ora, visto il know-how accumulato, riusciamo a proporre sulle nostre piattaforme sistemi che permettono di lavorare nelle migliori condizioni operative possibili, dove non si privilegia una performance rispetto all’altra, ma l’insieme delle necessità dell’operatore, in primis la sicurezza.

A un certo punto, vi siete defilati dalla competizione che esasperava le performance e le altezze nel segmento Patente B. Ci racconti questa scelta?

Se guardiamo al mercato dei produttori di autocarrate vediamo che l’Italia ne sembra essere diventata la Silicon Valley. Purtroppo, non è stato così e non lo è ancora oggi, perché vediamo ancora una fortissima pressione sui prezzi e sulle prestazioni di “pura” altezza a discapito di altre di cui il settore necessita (performance totali, qualità, sicurezza, affidabilità, service…) a cui devono essere riconosciuti dei giusti valori, ma questo fa ancora fatica a prendere piede in Italia. Da qui, quello di concentrarci su un’offerta di soluzioni globali anziché concentrarci sul particolare, e questo presso dei player sempre più evoluti sta dando i suoi frutti.

Anche il vostro impegno verso la sicurezza è noto. Come si è espresso negli anni, se dovessi sintetizzarlo nei punti essenziali?

Attenzione ai bisogni della persona, formazione, innovazione, servizi. Punti che sono sempre stati sin dai primi anni ‘80 un credo valido per i clienti e per i nostri collaboratori.

A tale proposito, siete stati tra i primi a puntare su IPAF, vent’anni fa. Siete soddisfatti di questa scelta? Cosa vi ha dato in particolare?

Proprio quest’anno ricorre il ventesimo anniversario del nostro sodalizio con IPAF. La nostra azienda, fin dalla sua fondazione, ha dato massima rilevanza alla formazione degli operatori di piattaforme di lavoro mobile elevabili e al loro utilizzo sicuro, dedicando le proprie risorse a istruire, formare e addestrare gli utilizzatori di queste tipologie di macchine. Per noi lavorare in sinergia con IPAF è un modus operandi quotidiano. È un continuo dare e ricevere perseguendo lo stesso obiettivo: diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro.


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Recentemente, avete intrapreso la strada della certificazione Family Audit, prima azienda metalmeccanica italiana a farlo. Di cosa si tratta? Che valore porta questo impegno all’interno dell’azienda?

Possiamo definirci dei pionieri in questo ambito, dato che la maggioranza delle aziende certificate Family è principalmente del settore pubblico e in piccola parte del settore privato, ma non metalmeccanico. Per noi ha significato creare un percorso, tuttora sempre attivo e in continuo divenire, per creare benessere dentro e fuori l’azienda, ponendo attenzione alla conciliazione lavoro e vita privata dei nostri dipendenti.

In un mondo così frenetico e competitivo come quello di oggi, investire in conciliazione per noi è una mission, per garantire benessere a chi lavora nella nostra azienda e attrarre nuovi talenti. Dal punto di vista aziendale, andare incontro alle esigenze delle persone che compongono un’azienda è fondamentale perché aumentando la qualità dell’ambiente di lavoro si potrà essere più efficaci e di conseguenza più efficienti sul mercato. La certificazione ci ha inoltre consentito l’opportunità di essere attenti anche al territorio e alle scuole, vero punto strategico per i lavoratori di domani, con interventi presso le scuole del nostro territorio per presentare la nostra realtà aziendale e accogliere studenti per percorsi di alternanza scuola/lavoro.

Hai accennato che l’Italia si caratterizza per la presenza di diversi produttori di piattaforme aeree autocarrate e ragni. Questa frammentazione non rischia di rallentare la naturale evoluzione verso un’identità più industriale, che possa competere nei nuovi mercati?

Vale un po’ quello che dicevo anche prima; in Italia c’è ancora troppa “sensibilità” su alcuni aspetti rispetto ad altri (fattori economici in primis) e questo unitamente a una competizione un po’ generalizzata, in termini di modelli, può sicuramente creare qualche problema ai produttori, anche se, onestamente, vedo alcune realtà che negli ultimi anni hanno lavorato molto bene, e altre si stanno rinforzando, e questo non potrà che essere positivo in un’ottica di competizione con player più strutturati a livello mondiale.

In molti competitor troviamo spesso personale cresciuto nella vostra realtà. Possiamo parlare di una scuola CTE che ha contribuito alla crescita di questo segmento?

Quando, assieme a Giampaolo Piovan e al compianto Paolo Pege, abbiamo fondato CTE, eravamo tutti dei ragazzini (io avevo 21 anni). E siamo partiti da un foglio bianco. Già allora però avevamo ben chiaro che il percorso che avremmo dovuto fare si sarebbe potuto fare solo se noi ci fossimo “attrezzati” adeguatamente per percorrerlo. E lo stesso naturalmente vale per chi sarebbe arrivato a lavorare con noi. Che tradotto vuol dire sì strumenti adeguati, ma soprattutto vuol dire sapere quello che si fa e quando va fatto. Mi riferisco alla formazione, e per formazione non intendo solo formare le persone in qualità di tecnici, venditori, operai eccetera, ma specialmente formazione su uno stile che deve essere in linea con i principi che ci hanno sempre distinti in questo settore. Questo per noi è stato il punto fondante.

La vostra identità di produttore, e al contempo di dealer per un costruttore americano che a sua volta ha una rete di vendita diretta, non rischia di confondere un po’ il mercato?

Assolutamente no: da quarant’anni abbiamo un forte rapporto con Genie, abbiamo creato per loro il mercato in Italia. Naturalmente, le cose evolvono e con questo le necessità e quindi le relazioni; tuttavia, la nostra proposta oggi è complementare a quella di Genie, che per ovvie ragioni di mercato necessita di un suo sbocco diretto. D’altronde lo vediamo sempre di più, specialmente per prodotti industriali di alto valore, dove accanto al costruttore ci sono anche dealers che integrano l’offerta sul mercato. Questo, comunque, io lo reputo un plus di CTE, che grazie ad una conoscenza più vasta, può offrire al suo cliente un’offerta più pertinente e completa per le sue esigenze.

Una problematica che qualche anno fa vi ha penalizzato nel rapporto con i noleggiatori italiani è stata la commistione, vera o presunta, con alcuni di loro. Com’è ora la vostra presenza in questo mercato?

Questa è una bella domanda: sicuramente in passato c’è stato, specialmente da parte di alcuni competitor, il voler evidenziare questi rapporti come una cosa negativa per il noleggiatore. I rapporti tra CTE e alcune società di noleggio sono stati (oggi CTE Spa non ha più partecipazioni in società di noleggio) solo di azionariato. Le operatività di produttore e quelle di noleggiatore sono sempre state distinte e gestite in maniera autonoma l’una dall’altra. Il rapporto di fornitura di CTE verso queste aziende ha sempre dovuto confrontarsi con la concorrenza. Prova di questo è la vasta gamma di macchine della concorrenza che anche i noleggiatori più “vicini” a noi hanno nella loro flotta.

Come si è evoluto, a tuo parere, il mercato del noleggio sia qui da noi che all’estero?

Sicuramente in Italia l’evoluzione è stata tumultuosa negli ultimi vent’anni, mentre lo è stata più lineare negli altri mercati. Questo credo sia dovuto principalmente alla maturità dei player dove in alcuni Paesi è più consolidato il concetto del noleggio, anche in molti altri settori. Il vero spartiacque, in Italia, è stato il cambio delle normative; cioè quando si passò dal divieto di operare da un cestello che non fosse stabilizzato, a quello di poter operare anche su gomma. Da qui l’esplosione del segmento dei semoventi, già presenti in altri mercati, anche nel nostro Paese, facendo nascere una miriade di noleggiatori e andando a creare così un mercato piuttosto frammentato.

Altro punto fondamentale dell’evoluzione del mercato è stato il riferimento a normative di sicurezza più stringenti per chi deve operare nei cantieri di lavoro. Ora anche qui da noi c’è più consapevolezza che se non si hanno dimensioni e strutture adeguate si fa molta fatica ad essere competitivi. Non tanto nell’offerta del prezzo, ma in termini di fornitura complessiva, in cui il cliente non richiede solo una macchina per operare a quella determinata altezza, ma mezzi adeguati alle sue specifiche esigenze, formazione, operatori, service, rapidità di sostituzione del mezzo, e così via.

Cosa vi chiedono oggi i noleggiatori rispetto al passato?

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Una foto dal CTE Sales Workshop svoltosi a Rivoli il 17 e 18 marzo 2022

Sicuramente macchine più sicure e affidabili, in grado di essere monitorate e, possibilmente, riparate a distanza (il grande vantaggio delle macchine evolute). E qui, grazie al nostro sistema S3 EVO, siamo in grado di offrire un grande servizio.

L’evoluzione dei nuovi prodotti si lega anche ai temi del green. In che modo si concretizza il vostro impegno verso la sostenibilità?

Abbiamo sempre avuto uno sguardo attento alla sostenibilità ambientale dei nostri prodotti fin dal 2007, quando abbiamo lanciato la prima piattaforma autocarrata ZED 14E elettrica. Poi abbiamo lanciato sul mercato altri prodotti sostenibili (ragni e autocarrate). Ma il culmine lo raggiungeremo a breve quando presenteremo la nostra piattaforma autocarrata full electric da 20 m di altezza di lavoro su 3,5 ton, prima del suo genere al mondo.

Per noi agire in modo etico e responsabile, consapevoli che le nostre attività e scelte si riflettono sull’ambiente, le persone e la società in cui operiamo, è imprescindibile. Abbiamo creato un progetto interno all’azienda denominato CTE Green Innovation che racchiude tutte le attività aziendali legate all’ambito della sostenibilità. Non solo prodotti quindi, ma anche azioni e scelte quotidiane interne ed esterne all’azienda.

Stiamo anche lavorando ad un nuovo sito industriale che dovrà essere uno stabilimento che tenderà a emissioni zero sia attraverso produzioni elettriche per autoconsumo (panelli solari), sia con attività extra produttive a compensazione della nostra carbon footprint.

Quali sono le prossime novità di prodotto? Su cosa punta CTE per crescere ancora?

Al Bauma avremo modo di mostrare le nostre ultimissime novità. Oltre al nostro impegno per la proposta di un mezzo full electric su 3,5 ton di cui ho già parlato, presenteremo un nuovo ragno full electric, ed una nuova autocarrata articolata da 22 m. La spinta innovativa che ci muove si è sposata in questo ultimo anno a favore di una forte integrazione di competenze tecniche e di prodotto nella nostra organizzazione. L’inserimento di nuove risorse con competenze specifiche, affiancata all’esperienza delle risorse già presenti, crea valore e genera nuove idee e nuovi modelli organizzativi.

Come vedi CTE quando soffierà sulle 50 candeline?

Il Piano Industriale appena implementato (e rivisto alla luce dei noti eventi degli ultimi mesi) mi fa ben sperare che in quella data CTE non solo sarà un player di riferimento del settore quale è ora, ma sarà un’azienda molto attrattiva per i giovani che intendono inserirsi nel mondo del lavoro, e che ci sarà un ambiente sempre più smart dove piacere e dovere di esserci si equivalgono.

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Lorenzo Cipriani con gli Italian Access Platform Awards vinti nel 2017 da CTE nelle categorie “Innovazione in ambito operativo e sicurezza degli operatori” e “Autocarrate fino a 20 metri”

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