Buon compleanno, crisi

Con la crisi ogni euro viene soppesato
Con la crisi ogni euro viene soppesato

Con la crisi ogni euro viene soppesato

Esattamente sei anni fa, come oggi, partecipavo a un convegno in cui, per la prima volta in maniera esplicita, il termine crisi veniva affrontato quale tematica che avrebbe condizionato “i mesi a venire” (così dicevano i Soloni). Un periodo duro e difficile, ma estemporaneo perché frutto di anomalie finanziarie e non tanto di una contrazione dell’economia reale. Tant’è che bastò tirare fuori il famoso (e poi abusato) pensiero di Einstein

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce all’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’ inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”

per esorcizzare una paura che stranamente aveva pervaso la platea. 

I mesi però sono diventati tanti, e dopo sei anni ci troviamo non tanto nel mezzo di un periodo congiunturale, ma di una diversa dimensione del concetto stesso di economia, figlia di tanti errori (e orrori) che ci hanno collocato in balia di forze più grandi e occulte, in un gioco incrociato di sudditanze in cui l’economia produttiva centra ben poco. E nessuno ormai si azzarda più a delineare l’orizzonte di scollinamento.

Ci troviamo a subire decisioni che rispondono a logiche altre, che comprendiamo poco, mentre diventa sempre più palese l’inadeguatezza, l’incapacità e la mancanza di libertà di scelte di chi ci governa. L’Italia in particolare soffre più degli altri su tutti i fronti, almeno tra i Paesi classicamente un tempo definiti potenti. Siamo in testa a tutte le classifiche negative (tassazione, spreco, alfabetizzazione…) mentre siamo fanalino di coda tra i Paesi virtuosi per qualcosa di buono. Un declino inarrestabile che porta le nostre menti migliori a emigrare all’estero. Le nostre aziende si trasferiscono (magari dopo aver saccheggiato lo Stato Welfare); i nostri vecchi al potere diventano sempre più vecchi, scambiandosi le cariche per nepotismo o accordi blindati sottobanco (una situazione vergognosa che parte dal Capo dello Stato).

Eppure, questa crisi ci ha fatto bene. Ci ha costretto a cambiare approccio alle cose, all’uso dei beni, all’utilizzo del denaro, che non si può più sprecare. Ogni euro speso oggi deve avere più che mai una sua logica e, di conseguenza, sul mercato rimangono solo coloro che offrono qualcosa di utile, anzi, di indispensabile. Niente va più per inerzia. Abbiamo visto cadere come birilli manifestazioni fieristiche che spopolavano e trattavano i clienti con arroganza, convinte dell’incrollabilità del loro valore. Abbiamo modificato le nostre abitudini e i nostri modelli di business. Abbiamo stravolto le nostre identità operative, le mission e le vision.

Nell’identità profonda dei soggetti con cui ci si trova a operare in questo enorme acquario però, non è cambiato molto. Chi operava borderline rispetto a normative, qualità e onestà intellettuale continua a farlo. Finché troverà una clientela disposta ancora a pagare meno per poi spendere di più.

Tag dell'articolo: crisi

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