Come sarà il noleggio nel 2020?

noleggio previsioni di mercato 2020
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Non sono riuscito a trovare parole semplici per dare risposta a questa domanda altrettanto semplice che mi è stata fatta qualche giorno fa. Stavolta, diciamo per la prima volta dopo almeno quattro anni senza nubi all’orizzonte, lo scenario appare infatti piuttosto nebuloso e complicato da comprendere e decifrare. Sfido chiunque a venirmi a dire con certezza che crescerà di questa o di quella cifra. Mi sembra che, più che in altre occasioni, sia necessaria un po’ di cautela; la stessa che suggerisce di spostare le riflessioni a un piano superiore.

Lavoro per questo settore da quasi vent’anni ma non so davvero come saranno i prossimi dodici mesi. Il lungo periodo di difficoltà che ha preceduto la fase più recente di stabilità a segno positivo – dapprima definita “crisi” poi più opportunamente condivisa in modo unanime come “nuova dimensione di mercato” – ha lasciato infatti cicatrici profonde. Sono bastate alcune previsioni lievemente pessimistiche sugli investimenti provenienti da fuori dei nostri confini a far tornare gli stessi incubi che hanno agitato il sonno di quegli anni agli imprenditori del noleggio (ma un po’ a tutta la filiera per la verità). Vi accontentate ancora di risposte empiriche o scaturite da considerazioni ascoltate al volo qua e là, o di impressioni, sensazioni, previsioni epidermiche? Io no, non più.

Perfino i sentiment oggi sono basati su analisi rigorose, ragionate e competenti ancorate a numeri e fatti concreti (peraltro piuttosto difficili da reperire per chiunque) che vengono messi a confronto con cautela, a meno che non debbano essere presentati per sostenere una propria visione a priori utilitaristica, tendenziosa o manipolativa. Non so voi, ma io mi sentirei molto responsabile di questi tempi nel diffondere cifre a caso solo per stimolare scelte che portano un immediato tornaconto a chi le diffonde. In un momento così difficile da decifrare, per forzare gli investimenti occorre prima ricordarsi che si tratta sempre dei soldi di qualcun altro.

Più che in passato, il settore del noleggio soffre le conseguenze di un intricato intreccio di fattori endogeni ed esogeni che rischiano di attenuare di molto la sua capacità di configurarsi come risposta moderna e consolidata all’uso dei mezzi produttivi. Alcuni noleggiatori sono spariti dalle mappe del mercato, mentre altri operatori storici restano a galla solo perché chi li finanzia (o li rifinanzia) non può tirarsi indietro. Nel frattempo il settore, almeno in Italia, vive evidenti contraddizioni inspiegabili: da una parte si osserva l’affacciarsi di sempre nuovi e minuscoli operatori (partite IVA senza dipendenti); dall’altra si assiste, anche se in modo un po’ troppo lento, alla normale concentrazione tra player che sta caratterizzando tutto il mercato europeo.

Sempre figlio diretto di una distribuzione in cerca di una nuova identità, in alcuni segmenti storici di mercato (come ad esempio quello delle macchine per l’edilizia) il noleggio si è trovato di fatto ridimensionato, marginalizzato, quando addirittura non del tutto eliminato dalle organizzazioni che lo avevano precedentemente sostenuto. I produttori di mezzi e attrezzature, al di là di qualche sforzo negli aspetti del post vendita, non hanno quasi mai avuto la reale capacità di generare veri e propri progetti di partnership di ampio respiro. I general contractors di casa nostra non lo hanno mai adottato come scelta strategica, non come in Inghilterra o nei Paesi nordici.

Da ultimo, fattore non meno importante, il lavoro, quello vero, scarseggia ovunque; di conseguenza c’è una minore richiesta di macchine e attrezzature sia sul fronte della quantità che della qualità (e questo non stimola il rinnovo dei parchi). Quello che è cambiato in positivo negli ultimi quattro anni è la proporzione, decisamente più corretta, tra offerta e domanda; quest’ultima però è sempre faticosa e con scarsi orizzonti a lungo raggio. Di fatto, siamo agli stessi volumi di dieci anni fa, abbiamo solo recuperato il ridimensionamento che ci ha lasciato in eredità quella che qualcuno si ostina ancora a chiamare “crisi”.

Non c’è niente da fare, siamo un Paese che preferisce comprare e vendere e gli incentivi con cui i nostri governanti (di ogni colore e credo) continuano a drogare il mercato è solamente lo specchio delle miopi attività lobbystiche che incatenano lo sviluppo dell’intera nazione. Ci domandiamo ancora perché sono i noleggiatori francesi a colonizzare tutta l’Europa e a generare un cash flow da paura: andiamo a rivedere le scelte lungimiranti dei governi d’oltralpe, scelte con cui peraltro hanno fatto anche abbondante gettito fiscale, e troveremo qualche onesta risposta.

Onestamente, sembrano davvero poche le società di noleggio italiane rimaste a guardare al futuro con determinazione, strategia, energie psicologiche e, soprattutto, finanziarie. Moltissime, invece, sono state le professionalità specifiche andate perdute in questi anni (i famosi “soldati rental”) con la conseguenza che gli stessi player si sono ritrovati radicalmente cambiati nella propria natura, assumendo un’identità più finanziaria e meno industriale. A onta della struttura stessa del business e della generazione del reddito, il noleggiatore è stato convinto da qualcuno a guardare più il proprio ombelico che l’orizzonte, a giocare a corto raggio piuttosto che a lungo termine. Da qui la perdita di efficacia dei processi, della qualità del servizio e la conseguente diffusa percezione che il noleggio sia più produttore di disservizi che portatore di soluzioni (e che pertanto è giusto pagare il meno possibile). Da qui anche la conseguente attività di svalorizzazione nel perseguire politiche di ridimensionamento organizzativo, gestione scellerata del cliente, canoni ridotti all’osso, in un vortice sempre più caratterizzato da una concorrenza arrembante, piratesca, disperata. Salvo le rare eccezioni, naturalmente, che personalmente stimo molto.

“Quando nessuno ci aiuta ci dobbiamo aiutare da soli” mi disse un imprenditore che oggi definiremmo ‘con le palle’ poco prima di parlare a un convegno che avevo organizzato alcuni anni fa. Occorre allora, più che mai, aiutarsi ancora una volta da sé per differenziarsi (prendere le distanze) da questo lenta resa che porta tutti ad accettare di scivolare nell’oblio; occorre tornare a ripensare il proprio ruolo, ridisegnare in termini di esistenza giustificabile gli ambiti stessi di aggregazione. Compattare le risorse a disposizione per far crescere progetti lungimiranti, di alto respiro, con contenuti innovativi; dare ancora spazio a intuizioni imprenditoriali che altrimenti rischiano di rimanere soffocate. In poche parole, occorre avere coraggio e sfidare la comfortzone della nicchia (!) e la paura di lasciarsela alle spalle come sistema. E occorre farlo con scelte che fanno saltare i vecchi paradigmi.

Bisogna imparare a parlare una lingua concreta che sappia coniugare in maniera chiara l’efficienza dei processi – e quindi l’uso razionale delle risorse, che non vuol dire solo “tagliare” ma guardare senza indugio alla digitalizzazione – all’efficacia delle soluzioni; che devono essere in primis convincenti (prima di farci scegliere da qualcos’altro, anche dalla stessa consuetudine killer dell'”abbiamo sempre fatto così”); ma soprattutto convincenti dopo, risultati alla mano, così che si possano diffondere a macchia d’olio quei valori di fidelizzazione, non solo alla propria azienda ma a tutto il settore, che in modalità ‘word of mouth’ funzionano ovunque tranne che da noi. E (ri)mettere in circolo un noleggio sano, gratificante, chiaro e ben remunerato. Se posso dirlo, sano anche nell’appartenenza all’azienda per cui si lavora e che ci ha dimostrato lealtà e coraggio, che ci ha fatto crescere, evitando di metterci tutti la divisa del mercenario anche se il mercato ci incoraggia a farlo.

Per il resto, si dovrà magari essere tutti un po’ più cittadini di questo Paese sempre più irriconoscibile: assumersi il dovere di informarsi correttamente in modo approfondito, partecipare alla vita pubblica a ogni livello evitando di delegare le decisioni politiche ed economiche ai soliti farabutti o a quei burattini che, a meno che noi non si appartenga alle lobby forti, alle banche, alle multinazionali o a caste di vario genere, si sono rivelati fin qui capaci solo di cambiare le nostre vite in peggio.

In ogni caso, buon 2020 a tutto il settore del noleggio, a chi ci lavora e a chi ci lavorerà per la prima volta quest’anno.

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Tag dell'articolo: crisi, noleggio

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