Possedere e utilizzare una macchina costa: lungo tutta la vita di un guidatore, a partire dalle lezioni di guida e passando per benzina, assicurazione, tagliandi, deodoranti per auto e cagnolini che muovono la testa da mettere nel lunotto posteriore, i costi possono essere davvero molto alti. Specialmente in un periodo di crisi.
Per questo non stupisce il fatto che, se messi in condizione di farlo, molti proprietari di macchine aderiscano ai servizi di car sharing peer-to-peer (P2P) che stanno nascendo un po’ in tutto il mondo: vogliono semplicemente rifarsi un po’ dei costi.
A Londra, ad esempio, WhipCar, inizialmente guardata con sospetto da molti quando iniziò la sua attività nel 2010, oggi ha oltre 19.000 autovetture iscritte al suo servizio. Il motivo è molto semplice, e legato al portafoglio: secondo uno dei suoi fondatori chi usa il servizio per “prestare” la sua macchina ha raccolto 1.052 sterline di ricavi nell’ultimo anno.
Anche chi cerca una vettura (e non solo chi la offre) ha buone possibilità di risparmiare: con una tariffa media di 30 sterline al giorno, il prezzo è competitivo rispetto a quelli di altri servizi (specialmente a lungo termine).
I servizi di questo genere sono molti, a partire da quelli delle città universitarie americane fino a Buzzcar, che a Parigi raccoglie 1.000 autovetture e 6.000 utenti.
Certo, ci sono alcuni ostacoli. Le assicurazioni ad esempio non vedono di buon occhio che un proprietario presti la sua autovettura: per questo WhipCar ha stretto un accordo con gli Lloyds di Londra per avere una polizza su misura. Poi ci sono le macchine disponibili, sì, ma parcheggiate in garage inaccessibili (un problema rilevante a Parigi), e i proprietari che si iscrivono inizialmente per curiosità, ma poi non rispondono alle richieste di noleggio.
Ma, come per certi versi avviene per il noleggio tradizionale, occorre soprattutto un cambio di mentalità rispetto al possesso. Perché prenda definitivamente piede il noleggio, occorre che aziende e imprese capiscano che utilizzare un bene senza possederlo può essere più conveniente. Perché prenda piede il car sharing P2P, bisogna che la gente smetta di pensare all’automobile come a una inviolabile estensione del proprio ego, ma più semplicemente a un mezzo di trasporto, uno strumento per spostarsi da un posto all’altro.
Fra qualche anno (ahimè anche con l’aiuto della crisi) forse ci arriveremo.
E prenderemo a noleggio anche i cagnolini da mettere sul lunotto posteriore.