La faccenda mi fa un misto di tenerezza e pena, anche perché ricorda più di tante parole come viene tenuto in considerazione il noleggio in Italia e quante sono le stranezze che lo limitano.
Occorre una premessa: nel 2001, iniziando come direttore di testata quella meravigliosa avventura che fu la prima rivista italiana dedicata al noleggio (che ho progettato e diretto fino alla primavera del 2007) e intervistando i principali esperti del settore, in molti mi facevano notare la grave anomalia normativa che non permetteva ancora di noleggiare veicoli industriali e autobus (norma peraltro demandata al Codice della Strada). Sulle pagine di quella splendida rivista ci prodigammo in tanti modi per tenere caldo l’argomento. Fu infine durante un’assemblea di ANIASA, credo nel 2005, alla presenza di Montezemolo che l’allora vice Ministro Tassone, espressamente sollecitato a esprimere un parere sull’argomento, gelò la platea affermando che “il noleggio di mezzi pesanti non garantisce la sicurezza alla circolazione per inadeguatezza di infrastrutture (leggi strade e autostrade)”.
Sui volti esterrefatti e anche un po’ sconfortati dei presenti appariva subito chiaro che le lobby del settore dei trasporti (padroncini eccetera…) non sarebbero mai state sconfitte. E’ l’Italia, bellezza, direbbe qualcuno. Tornando alle autorevoli e competenti parole del vice Ministro, sarebbe come dire che è più sicuro veder circolare camion vecchi, inquinanti, obsoleti e con una manutenzione incerta, piuttosto che una flotta sempre rinnovata, adeguata e gestita professionalmente. Sarebbe come rinunciare anche a un presidio più certo delle entrate fiscali, che invece il noleggio tiene sotto controllo (e su cui l’amministrazione tributaria sguazza).
La tenerezza che dicevo sta nel fatto che, a oltre dieci anni di distanza dalle prime “sommosse”, ANIASA ci riprova: nel corso dell’audizione alla Commissione Trasporti della Camera, l’Associazione ha infatti chiesto la revisione dell’ormai anacronistico divieto, riportando all’attenzione almeno i vantaggi in termini economici e ambientali, soprattutto per la flotta della PA. Tocca a Paolo Ghinolfi, presidente di turno, ricordare che la norma antiquata
“impedisce alle pubbliche amministrazioni di rinnovare il proprio parco autobus (l’anzianità media in Italia è di 15 anni contro i 7 nel resto dell’UE) con minori costi rispetto all’acquisto/leasing e impedisce a numerosi autotrasportatori di usufruire dei vantaggi economici del noleggio”.
I numeri della faccenda
Il divieto in questione, che in Europa ha pari solo in Grecia e Portogallo, paesi non proprio da avere come benchmark, è ormai anacronistico. Tanto per capire, dall’entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada (1992) sono trascorsi oramai vent’anni e in questo periodo la “flotta del noleggio” è cresciuta da 31mila a quasi 700mila veicoli (auto e furgoni) che ogni giorno circolano sulle nostre strade al servizio di 4,8 milioni di persone che si presentano nell’anno ai desk delle società di noleggio a breve termine e delle 65mila aziende e 2.400 PA che scelgono la formula del noleggio a lungo termine per le proprie esigenze di mobilità aziendale.
Ci ricorda inoltre ANIASA che il settore del noleggio veicoli è oggi uno dei principali contribuenti nazionali con 2 miliardi di euro annui, e uno strumento efficace di lotta all’evasione e all’elusione fiscale, grazie alla totale trasparenza amministrativa e tributaria che comporta e supporta il comparto automotive in modo sempre più rilevante: nei primi sei mesi dell’anno su 10 auto immatricolate 2 sono a noleggio. Proprio a causa di limiti come quello su autobus e mezzi industriali e di una fiscalità dell’auto aziendale penalizzante e non allineata con il resto dell’Europa, il settore non ha ancora raggiunto in Italia i livelli di penetrazione dei maggiori Paesi EU e presenta ampi margini di crescita.
La pena è che, come ovvio, al termine dell’audizione, la Commissione ha espresso parere positivo all’aggiornamento della legislazione normativa contenuta nel Codice della Strada, mostrandosi disponibile ad approfondire con ANIASA i vari aspetti di interesse, tra cui le indicazioni sul minor gettito tributario effettivamente riscosso a seguito dei forti aumenti generali dell’imposizione sull’auto recentemente stabiliti.
E quindi, la palla ora torna all’intralcio delle lobby. Buona fortuna.