Avevamo già parlato di United Rentals qui, a proposito di come la crisi potesse creare opportunità per il leader americano del noleggio, e di come stesse rispondendo alla recessione mediante una rigida dieta.
Sembra che la “dieta” non sia finita. L’azienda ha in progetto per il secondo trimestre la chiusura di altre 39 filiali e il licenziamento di altri 500 dipendenti. Tutte queste iniziative sono tentativi di ridurre l’impatto della crisi, che non è ancora finita secondo il CEO Michael Kneeland, e che genera non solo minore domanda, ma anche, se non soprattutto, pressioni sui canoni di noleggio. I ricavi del primo trimestre sono infatti scesi del 22% rispetto allo stesso trimestre del 2008, i canoni dell’11%,5% e il reddito operativo è crollato da 102 a 18 milioni di dollari.
Durata la conferenza stampa di presentazione dei dati, il CEO ha puntato il dito proprio sulla riduzione dei canoni di noleggio: United Rentals, nonostante i buoni risultati ottenuti nel combattere la riduzione dei canoni, pensa che dovranno ancora scendere, prima di poter risalire. E’ importante sottolineare come l’azienda abbia anche abbandonato alcune gare a cui stava partecipando, perché il livello dei canoni che avrebbe ottenuto stava diventando insostenibile per la sua profittabilità, e per il pericoloso precedente che si sarebbe potuto creare.
L’azienda sta anche lavorando al monitoraggio delle performance delle filiali, e alla creazione di linee guida per i responsabili, su come gestire i canoni in considerazione della concorrenza, della fedeltà dei clienti e del valore della relazione. Nel contempo, United Rentals vuole dotarsi di un sistema di gestione dinamica dei prezzi, per gestire i canoni nel modo più scientifico possibile, da affiancare ai software già esistenti per la gestione della flotta tra filiali diverse. Per quanto riguarda quest’ultima, un piano di rotazione dei mezzi verso le zone dove c’è maggiore domanda (per un valore record di 1,3 miliardi di dollari) ha consentito di ottenere miglioramenti sensibili, ma non ha impedito all’indice di time utilisation di scendere del 2,4% fino al 56,1%.
Dal punto di vista delle politiche di investimento, infine, il valore delle macchine usate vendute ha superato di 15 milioni di dollari quello degli investimenti in nuova flotta.
Tutti dati che dovrebbero far riflettere anche i manager delle imprese italiane, soprattutto a proposito di due aspetti:
- evitare la corsa al ribasso dei canoni e accettare qualsasi lavoro, creando pericolosi precedenti;
- dotarsi di strumenti “scientifici” di misurazione: quante imprese italiane, anche tra le più grandi, hanno sistemi con cui misurano la time utilisation?