Se mai ci fosse ancora bisogno di conferme che l’economia della condivisione ha grandi potenzialità di sviluppo, ecco arrivare nelle ultime settimane un report realizzato da nientepopodimeno che Nielsen, uno dei leader globali nell’analisi dei trend di consumo e di acquisto di famiglie e consumatori.
Si chiama Global Survey of Share Communities, Q3 2013, ed è scaricabile da questo collegamento. L’indagine, condotta online, ha coinvolto più di 30.000 intervistati in 60 paesi. Il fatto che sia stata condotta online ovviamente significa che sono stati ascoltati consumatori potenzialmente più avvezzi all’uso degli strumenti informatici alla base della sharing economy, ma si tratta comunque di un campione estremamente interessante e un ottimo punto di partenza.
Il 68% dei rispondenti a livello globale è disposto a condividere per trarre un profitto, e il 66% a prendere a prestito prodotti da altri consumatori. Il consumo condiviso, almeno nelle intenzioni, è più diffuso nei paesi emergenti e in quelli asiatici che in quelli del Nord America e dell’Europa. E in molti paesi sono i giovani i più disposti a partecipare all’economia della condivisione, un segnale rilevante delle sue prospettive future.
Nielsen fa giustamente il punto sugli elementi che hanno portato alla diffusione di questa nuova economia, da quelli più contingenti (l’impatto della crisi, ad esempio) a quelli più strutturali (la volontà di ridurre lo spreco e l’inquinamento attraverso il riuso, la disponibilità di strumenti digitali e social per condividere e comunicare, e così via).
Molto interessanti sono poi i dati contenuti del report che parlano dell’Italia e dei consumatori italiani.
Al suo interno si legge ad esempio che il 71% degli italiani è disposto a condividere la propria auto, un dato francamente sorprendente se si pensa all’immagine tradizionale che abbiamo forse un po’ tutti dell’italiano perennemente innamorato di calcio, donne e motori, intento ogni fine settimana a lavare la sua insostituibile macchina.
La disponibilità alla condivisione scende quando si passa ad altri strumenti, come quelli elettronici (37%) o gli abiti per occasioni particolari (33%), ma questo è un trend che riguarda un po’ tutti i paesi.
La società di ricerca prova poi a stimare che cosa significhi questo cambiamento di valori (che giudica inevitabile) e come possa essere vantaggioso per le aziende di largo e generale consumo. Purtroppo le considerazioni di Nielsen (che trovate qui) non vanno oltre concetti giusti e interessanti (ma forse un po’ scontati) come la creazione di fiducia e l’ascolto dei clienti, o l’attenzione da porre a Internet come strumento su cui i clienti sono attentissimi alla condivisione delle esperienze e delle opinioni.
Di certo sarebbe troppo innovativo (e probabilmente neppure il compito di una società di ricerca, per quanto importante) proporre soluzioni e prodotti che creino una vera condivisione tra i clienti. Ci si arriverà, prima o poi, e saremo certi dell’esplosione definitiva della sharing economy quando Nielsen dedicherà una ricerca solo a questa tematica.