Secondo i dati definitivi dell’Agenzia del Territorio, il mercato immobiliare italiano nel 2008 ha registrato una netta flessione. Lo scorso anno sono stati venduti il 13,7% di immobili in meno, per un totale di oltre 1,5 milioni di compravendite, un livello paragonabile a quelli del 2001-2002.
Il settore più colpito è quello residenziale, che ha registrato un calo in media del 15,1%, maggiore nel Nord e nel Centro (-16,4%) e piu’ contenuto al Sud (-11,6%). Il settore dei servizi ha visto le transazioni scendere del 15,5%, il commerciale del 11,7% e il produttivo dell’8,7%. E’ inoltre da segnalare che il trimestre peggiore è stato il quarto, il che indica che il trend, finora, è stato di progressivo peggioramento.
Ancora più significativo è il calo del numero di mutui ipotecari per l’acquisto di abitazioni e nel flusso di capitale erogato. Le abitazioni acquistate a rate sono state 271.775, in calo del 26,8% rispetto al 2007, mentre il capitale complessivo erogato e’ stato di 34,5 miliardi di euro, in diminuzione del 27,5% (i tassi di interesse medi iniziali riferiti alla prima rata sono risultati ancora in leggero aumento: +0,23%).
Nota positiva per le imprese edili e la filiera (meno per le famiglie): le quotazioni del settore residenziale sono risultate mediamente stazionarie.
Venendo ai primi mesi del 2009, dal punto di vista finanziario, la Crif rileva che a febbraio le domande di mutui sono aumentate del 2 per cento (a gennaio c’è stato un calo del 15 per cento). Se i dati saranno confermati nel resto del 2009, si potrebbe registrare una leggera ripresa del mercato, almeno sul fronte del ricorso al credito, che resta una variabile rilevante perché le famiglie possano permettersi l’acquisto della casa. In questi ultimi mesi, invece, molte famiglie (soprattutto quelle monoreddito, i giovani, i precari e gli immigrati) hanno risentito negativamente della minore disponibilità di credito.
Il piano casa del Governo, se applicato secondo le modalità immaginate finora (invero ancora poco chiare), potrebbe nel complesso fare più male che bene al mercato. E’ infatti vero che darebbe lavoro a molte piccole e medie imprese, impegnate nell’ampliamento delle case esistenti. Ma è altrettanto vero che, se questo sarà finalizzato all’aumento dello spazio disponibile in quello che c’è già, ci sarà meno domanda di case nuove o di traslochi.
Molte famiglie che altrimenti avrebbero cambiato casa per andare a stare meglio, potrebbero invece decidere di ristrutturare la casa in cui abitano già, anche se questo ovviamente non si può fare nei condomini delle grandi città.
Per quanto riguarda infine il non residenziale, è stata pubblicata dal Centro studi della Gabetti una ricerca sui mercati degli uffici di Roma, Bologna, Firenze, Padova e Napoli. Secondo questo studio, sul mercato immobiliare non residenziale sarà soprattutto Milano risentire della crisi: il tasso di uffici sfitti nel capoluogo lombardo è salito dal 7,25% del 2008 al 19,75%, con punte del 30% nell’hinterland, nei primi due mesi di quest’anno.