Secondo le informazioni raccolte da Bloomberg Businessweek, Uber starebbe progettando un monopattino elettrico da offrire a noleggio nelle grandi città, andando quindi a competere con analoghi servizi come Bird e Lime.
Ovviamente Uber non ha perso la sua vocazione per il ride sharing di autovetture. Tuttavia l’azienda sembra aver compreso che i monopattini e le bici elettriche sono mezzi di trasporto più adatti a percorrere brevi distanze in ambito urbano. Lo stesso CEO della società, Dara Khosrowshahi, ha dichiarato al Financial Times:
Durante l’ora di punta, è molto inefficiente usare una tonnellata di metallo per spostare una persona di 10 isolati.
Per questo Uber ha acquisito il servizio di bike sharing elettrico Jump Bikes ad Aprile e investito a Luglio nella start-up Lime, che offre sia bici che monopattini in condivisione.
Le mosse future
Uber già ora consente agli utenti di prenotare un monopattino Lime tramite la sua App (si vocifera che voglia anche mettere il suo logo sui monopattini di Lime, e non è detto che, come avvenuto con Jump, non ci sia poi un’acquisizione vera e propria). Tuttavia, sembra piuttosto chiaro che ora vuole creare il suo specifico servizio di scooter sharing. Ha infatti richiesto una licenza per farlo (usando monopattini prodotti in Cina) a Santa Monica e a San Francisco, e sembra stia progettando il suo monopattino, rendendolo più solido e in grado di resistere ad atti vandalici.
La mossa è legata alla volontà di dominare un mercato connesso e adiacente a quello del ride hailing. Il suo ingresso diretto nel mercato avrà un impatto sui prezzi e sulla concorrenza, ma anche sul modo in cui i cittadini e le amministrazioni locali reagiranno a questi nuovi sistemi di trasporto. Si potrebbero creare, da un lato, reazioni negative, vista l’immagine che Uber ha avuto fino ad oggi, ma anche positive, dal momento che non esistono specifiche lobby delle bici elettriche o dei monopattini da scalzare, e che le città possono trarre grandi benefici dalla riduzione del traffico e dell’inquinamento.
Anzi: non è da escludere che, a tendere, in alcuni mercati locali ancora non affrontati da Uber siano i mezzi della mobilità dolce a trainare il suo ingresso in città.
Resta ovviamente da vedere come questa mossa, assolutamente giustificata dal punto di vista di una strategia complessiva di sviluppo dei servizi di mobilità condivisa, verrà giudicata dagli autisti di Uber. Il rischio è che essa possa essere vista da questi ultimi come l’ennesimo tentativo di renderli di fatto sempre più accessori, è sempre meno centrali, per l’erogazione del servizio.