Nonostante abbia solo cinque anni di vita, Uber ha già inanellato diversi record: ha raccolto fondi per 1,5 miliardi di dollari e viene valutato più di 17 miliardi di dollari; ha raggiunto 229 città in 26 paesi; sembra che stia generando ricavi per un miliardo di dollari al mese.
Ma sembra anche che, con la stessa rapidità con cui sta crescendo, Uber stia altrettanto rapidamente crollando nelle simpatie del grande pubblico, passando da uno scandalo all’altro. Inizialmente salutato come la soluzione ideale per rompere vecchi monopoli locali nel settore dei taxi, ora viene accusato di pratiche sempre più scorrette.
Il 17 novembre è emerso che un dirigente di Uber, Emil Michael, durante una cena privata, ha proposto di spendere fino a un milione di dollari per cercare informazioni compromettenti e screditare i giornalisti troppo critici, e in particolare Sarah Lacy, la direttrice del sito di notizie tecnologiche PandoDaily.
La (sconsiderata) proposta del dirigente di Uber nasceva come reazione a una serie di articoli critici, in particolare di PandoDaily, in cui Uber viene portata come esempio dei problemi connessi a una nuova cultura tipica della Silicon Valley, fatta di venture capitalist che investono in aziende guidate da persone prive di scrupoli e di principi etici. Tra le accuse più recenti ai danni di Uber c’è quella di essere un’azienda sessista e misogina, dopo che è emerso che la sede di Lione avrebbe offerto ai passeggeri la possibilità di scegilere autiste/escort.
Uber non si è mai sottratta alle polemiche. Si è sempre scontrata a muso duro con le autorità locali che si opponevano al suo ingresso nei mercati dei taxi, ha mandato suo personale a cercare di sottrarre guidatori al concorrente Lyft, e ha anche cercato di ostacolare la raccolta fondi di quest’ultimo.
Il settore del car sharing peer to peer presenta economie di rete enormi. Più sono gli autisti, migliore sarà il servizio per i clienti, e a sua volta questo miglioramento convince più clienti a us re una certa App, aumentando i ricavi degli autisti. Si crea pertanto un circolo virtuoso, che spiega come mai Uber sia così spregiudicata nelle sue tattiche, che per quanto poco etiche funzionano in termini di ricavi.
Le aziende tecnologiche amano parlare della necessità di “muoversi in fretta” ed essere “distruttive”. Che si tratti di Uber che lotta con i suoi rivali, Facebook che gioca con la privacy dei suoi utenti o Amazon che non risparmia colpi bassi agli editori per imporre i suoi prezzi nel mercato dei libri, le aziende della tecnologia USA sembrano sempre pronte a testare i limiti di che cosa è moralmente accettabile. Tutte rischiano di inimicarsi clienti e legislatori, ma forse tutte si sono anche rese conto che, prima di loro, aziende controverse come Ryanair hanno avuto un successo fenomenale, pur essendo maledette da alcuni clienti e soprattutto da giornalisti e commentatori.
Uber forse ha commesso un passo falso molto grave: inimicandosi tutta la stampa in generale, e non solo quella del settore tecnologico, ha attirato su di sé lo sguardo critico di testate come USAToday o la CNN. Molti siti hanno iniziato a consigliare di disinstallare l’App di Uber (certo che c’è un hashtag: #deleteUber) e passare alla concorrenza, e anche un Senatore americano ha deciso di occuparsene. A questo si deve aggiungere che anche i suoi concorrenti sono supportati da investitori con le tasche piene, alcuni dei quali hanno iniziato a paragonare Uber a Napster, l’azienda tecnologica che spingendosi troppo oltre il confine alla fine è caduta.
Tuttavia non si è ancora verificato un esodo di massa degli autisti da Uber, ad esempio, verso i suoi avversari come Lyft, forse perché comunque l’App di Uber è ancora la migliore e il suo sistema di pricing favorisce i guidatori nelle ore di punta.
Probabilmente è un po’ triste da dire, ma la gente potrà lamentarsi di alcune cose, ma se il servizio è buono e comodo, difficilmente resisterà.