Piaccia o no, Uber sembra qui per restare.
Dopo aver creato polemiche in numerosi paesi, tra cui l’Italia, il servizio di car sharing peer-to-peer ha messo gli occhi sull’Oriente e il Sudafrica.
L’azienda ha infatti dichiarato di procedere a test preliminari (ossia con poche vetture) negli Emirati Arabi, e per la precisione a Dubai, dove residenti e turisti potranno usare l’App per iOs o quella per Android per chiamare una macchina che sia presente nelle vicinanze.
Dubai sembra essere solo un nuovo trampolino di lancio nel suo sviluppo globale. Il servizio è infatti in fase di test anche a Johannesburg, in Sudafrica, il primo paese del continente africano a essere servito, e in India, nella tecnologica Bangalore. Le App hanno inoltre ricevuto un aggiornamento, nelle scorse settimane, che ha introdotto il cinese semplificato tra le lingue disponibili.
Con oltre 40 città già servite in 18 paesi tra USA, Asia ed Europa, Uber è il servizio di car sharing condiviso che cresce più in fretta. E grazie ai 258 milioni di dollari recentemente ottenuti da Google Ventures (il braccio di investimento di Google nelle nuove tecnologie), ha molte risorse da spendere per la sua espansione.
Certo, Uber ha scatenato polemiche in praticamente qualsiasi mercato in cui è entrato o sta cercando di entrare, perché porta concorrenza in un settore tradizionalmente oggetto di barriere all’entrata erette da chi vi è già presente. Vedremo quindi quanti e quali ostacoli Uber incontrerà in questi nuovi paesi (l’India in particolare è molto “ingessata” in tantissimi settori), ma se alla fine dovesse lavorare in Sudafrica e non in Italia, io lo considero un ennesimo segnale della decadenza del nostro paese.