Washington potrebbe diventare la prima città americana a consentire ai tassisti di non utilizzare tassametri ma sostituirli con tariffe variabili in funzione della domanda.
Due membri dell’amministrazione locale hanno infatti promosso una legge che consentirebbe ai tassisti di utilizzare sistemi di “surge pricing”, cioè i meccanismi di variazione dei prezzi in tempo reale, in base alla quantità di clienti disponibili, come quello utilizzato da Uber.
I due amministratori hanno spiegato che la legge si applicherebbe solo ai passeggeri che usano smartphone o tablet per prenotare il passaggio, e non a chi chiama un taxi per strada in modo tradizionale, che continuerebbe a pagare quanto segna il tassametro. Questo tuttavia consentirebbe comunque ai taxi tradizionali di competere meglio contro i nuovi servizi di ride sharing che stanno colonizzando, come altrove, anche la capitale americana.
I prezzi del servizio “digitale” non verrebbero fissati dai tassisti in autonomia, ma dalla locale Commissione Taxi, o al limite dalle società che li organizzano già ora.
La proposta rappresenta un cambio radicale per il settore dei taxi, che da decenni si basa sull’uso dei tassametri. I tassisti di Washington fanno pagare una tariffa fissa di 3,25 dollari alla partenza e poi 2,16 dollari per miglio percorso. Solo in casi eccezionali, come le nevicate, possono applicare tariffe aggiuntive.
Secondo i due promotori la nuova legge dovrebbe aumentare la competizione, ma anche consentire ai tassisti di far fronte alla concorrenza dei nuovi servizi, da molti vista come sleale. La nuova legge rende infatti permanenti delle misure e degli obblighi di controllo che i vari servizi di ride sharing dovranno implementare (ad esempio sulle fedine penali dei guidatori, sulle assicurazioni e sull’uso di alcol e droghe).
La Commissione Taxi di Washington è stata recentemente criticata per queste scelte innovative. Essa si è difesa dicendo che il suo obiettivo è creare un mercato libero e corretto, in cui i cittadini ricevono un servizio sicuro e di buona qualità. Come in moltissime altre città (a Milano si è anche tenuto uno sciopero di diversi giorni), anche a Washington i tassisti si sono infatti lamentati della concorrenza di Uber e soci.
Se, da un lato, sicuramente le lobby dei tassisti cercano di difendere la propria posizione di oligopolio, dall’altro è anche vero che essi sostengono spese periodiche per le assicurazioni, il rinnovo delle licenze o le manutenzioni e i controlli di legge delle vetture, che gli aderenti ai servizi di ride shring non devono per legge pagare.
Se nella capitale americana passerà davvero questa legge, potrebbe diventare un interessante modello da seguire per altre città alle prese con il problema della convivenza dei taxi tradizionali con i sistemi di ride sharing.
Già la California ha adottato standard di sicurezza più stringenti per chi guida auto per Uber, Lyft e Sidecar, sul fronte del divieto di consumo di alcol o della presenza di assicurazioni con coperture effettive dei rischi. Altre città si sono mosse diversamente. Seattle, ad esempio, ha limitato a 150 il numero di guidatori che ciascuna App può avere contemporaneamente sulla strada. A Miami un tentativo di modificare la legge per consentire a Uber di operare è stato bloccato.
Anche le lobby americane dei tassisti attendono con ansia l’esito di questa possibile nuova legge. Ovviamente con un punto di vista diverso da quello di Uber, Sidecar e Lyft. Se approvato, il regolamento di Washington potrebbe spingerle ad abbracciare, sia pure controvoglia, il cambiamento.
Se la legge di Washington passerà sarà forse anche il tentativo più riuscito, sino a oggi, di conciliare la tutela dei consumatori con la parità di diritti e doveri sul mercato della mobilità: troppo spesso si ha infatti l’impressione che tutele sacrosante (in tema di sicurezza, ad esempio), siano utilizzate come scudo da chi intende difendere per prima cosa la propria posizione di vantaggio in un oligopolio collusivo.