Subnoleggio, gli errori da evitare

subnoleggio errori da evitare
subnoleggio errori da evitare

La scorsa settimana abbiamo avviato una riflessione dedicata all’utilizzo del subnoleggio da parte dei noleggiatori.

Un ricorso che dovrebbe essere “sano”, equilibrato e strategico. Ma che spesso finisce per assomigliare a un ripiegamento disorganizzato e privo di visione.

La struttura del parco macchine di un noleggiatore dovrebbe offrire molte opzioni alle imprese che vi si rivolgono.

Deve essere composta da macchine ben tenute ed efficienti, disponibili tempestivamente, in numero congruo e in una gamma di tipologie che comprenda soluzioni alternative. Sia per fronteggiare richieste improvvise, sia per dare soluzioni più specifiche.

Inoltre, il servizio dovrebbe essere preceduto e accompagnato da un adeguato approccio consulenziale, e seguito da un’assistenza puntuale durante e dopo le fasi attive del noleggio.

La tendenza che nasce dalla corretta relazione di cliente, rende necessario offrire macchine che siano in grado di integrare la singola necessità specialistica. Fino ad arrivare a una vera e propria copertura di tutto il cantiere, completo e pianificato, a noleggio.

Parliamo di cantiere in senso ampio: edile, industriale, stradale, eccetera. Statico o dinamico.

Questa necessità ha portato i noleggiatori ad avvalersi di diverse pratiche di subnoleggio, talvolta estemporanee, talvolta più strutturate. Queste ultime, fino a qualche anno fa, anche dietro la pressione dei costruttori e con l’intervento di società finanziarie.

Le dinamiche di cash flow

Il punto di partenza è sempre stato quello dell’indebitamento per l’acquisto di tutto questo complesso di macchine, attrezzature e organizzazione che, al contrario dell’impresa utilizzatrice, non diventano beni immobilizzati ma mezzi di produzione dei flussi di reddito.

Beni strumentali a presidio del core business. Patrimonio inalienabile, dalla cui piena disponibilità consegue la costruzione del reddito in capo al noleggiatore.

E qui si aprirebbero molte altre riflessioni. Ad esempio riferite alla pratica suicida che fino a qualche anno fa ha portato a (s)vendere i gioielli di famiglia (parlo sempre del parco mezzi) nei momenti di crisi dei flussi di cassa.

Ma questo è un tema che, con l’attuale carenza di macchine, ora non si pone. noleggio aumento dei tassi di interesse effetti

Il rapporto con le banche

Le banche ora si avvicinano ai noleggiatori perché guardano al cash flow operativo, ma hanno sempre paura di fronte a un’azienda in fase di crescita i cui flussi di cassa generali saranno negativi per un bel po’ di tempo, soprattutto in un mercato dagli esiti incerti.

A volte siamo stati chiamati da qualche noleggiatore per supportarli nello spiegare alle banche la natura del loro reddito, trovandoci di fronte alla sconcertante situazione di essere sottoposti praticamente a una sola domanda: è reddito commerciale o finanziario?

Un buon noleggiatore sa già in partenza che l’obiettivo non sta nel generare flussi di cassa adeguati solo a fronteggiare le rate dei leasing in scadenza, ma a sincronizzare la crescita azzerando il ricorso al debito, quantomeno negli aspetti del capitale circolante e di parte della struttura.

Per finanziare la struttura si ricorre ancora (troppo) a un leasing per ogni singola macchina.

Provate a pensare quanto produce questo in termini di rimborsi mensili un caso di un cospicuo parco di piattaforme aeree, per fare un esempio, con un centinaio di unità acquistate ex novo.

La piena disponibilità del parco

Il problema irrisolvibile oggi non è però la certezza di ottenere questi finanziamenti, ma di trovare le macchine.

I consueti e inadeguati parametri per l’analisi dell’affidamento che le banche o le società di leasing erano solite chiedere, sembrano superati, ma adesso è forse tardi.

Le banche non guardano più come un tempo allo squilibrio patrimoniale dell’impresa, all’utilizzo elevato della riserva di credito e a un’esposizione eccessiva rispetto ai normali indici di indebitamento delle procedure di scoring. Ora guardano al cash flow prospettico. Che però è generato dalla disponibilità di macchine.

Con una domanda di noleggio così sostenuta, non è più necessario generare artificialmente dei flussi di cassa in situazioni di squilibrio, al fine di poter pagare le rate o ricavare la liquidità necessaria per ridurre le esposizioni dell’attività ordinaria.

Si torna a pensare ai margini.

Le tattiche autolesioniste che hanno portato alcune società di noleggio a sacrificare sull’altare della liquidità i propri pezzi pregiati, trattenendo nel parco mezzi obsoleti ma sufficienti (a parere loro) a soddisfare la domanda, non hanno pagato. Hanno semplicemente tolto di mezzo la principale fonte di reddito per portare a casa del cash flow artificioso.

È questa la spirale perversa che il ricorso strategico al subnoleggio può effettivamente evitare o attenuare, andando a tamponare anche le situazioni di carenza di mezzi propri o di picchi improvvisi di collocamento sul mercato delle macchine a disposizione.

Ma non solo.

Il subnoleggio oggi è una pratica tornata di moda perché inevitabile per fronteggiare la domanda. Da prendere in considerazione con i dovuti modi, promuovendolo dal ruolo di  tappabuchi a driver strategico di crescita.

Fino a che la domanda sarà costante.

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