Il cliente va messo al centro o preso a calci nel sedere?

mettere al centro il cliente
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Dalle aule di Rental Academy e anche in molti commenti che ricevo da chi ci legge, emerge un concetto contraddittorio e alquanto buffo che provo a sintetizzare di seguito:

“In linea teorica – dite – sono d’accordo che mettere il cliente al centro e soddisfare i suoi bisogni sia la chiave vincente per tutti i noleggiatori. Poi però, nella realtà, mi trovo spesso di fronte a clienti ignoranti, arroganti e presuntuosi che da noi pretendono ogni cosa, perfino di lasciar decidere a loro le condizioni del contratto e il prezzo. A questo punto mi scappa la voglia di soddisfarli e mi sale invece quella di prenderli a calci nel sedere o di fregarli in qualche subdola maniera”.

L’ultimo concetto viene descritto anche in modo ben più colorito che però qui non è replicabile.

La realtà frammentata dei noleggiatori, in prevalenza strutture di piccole dimensioni, ci fa prendere molto seriamente questo diffuso modo di pensare; ma anche nelle strutture medie e grandi è sufficiente che uno o più collaboratori stiano incubando queste convinzioni per far saltare facilmente la catena di valore e il risultato finale. Pertanto, il compito di questo articolo è riflettere sul significato e sul senso di queste affermazioni.

Non è che ci stiamo confondendo?

Al di là dello sfogo quindi, la riflessione resta interessante perché evidenzia quanto sia divaricato – quasi una dicotomia – un concetto che oggi dovrebbe risultare invece imprescindibile e non attaccabile, e cioè che se il cliente non sarà soddisfatto, non tornerà più da noi. Succede perché c’è confusione nell’applicare questo assunto basilare; perciò per prima cosa occupiamoci dalla definizione di confusione, giusto per capirci meglio.

L’etimologia latina di confondere è cum=insieme e fundere=liquefare: liquefare insieme. Confuso significa quindi fuso con, cioè ciò che toglie i confini che delimitano il perimetro entro il quale si sta operando, pensando, parlando. Se non si ha chiaro il paradigma in cui si agisce, perché lo si pensa assoluto, non si comprendono i confini del nostro modo di pensare (mindset) e questo non ci permette di adottare gli strumenti che appartengono a un altro paradigma (l’etimologia della parola paradigma viene dal greco e significa esempio). C’è una bella metafora che esprime questa confusione: se sei dentro il barattolo non riesci a vedere l’etichetta che sta fuori.  

Cosa vuol dire mettere il cliente al centro

E’ perfino ovvio affermare che se investiamo in tecnologia, know how, formazione, organizzazione, eccetera lo facciamo per i nostri clienti. Per chi altri lo dovremmo fare? La vera domanda semmai è: chi è (o chi vogliamo sia) il cliente per cui facciamo tutti questi sforzi? In che cosa desideriamo migliorare il suo modo di lavorare e far sì che lo comprenda? O meglio, come facciamo a comprendere noi il valore che lui desidera ottenere attraverso i nostri servizi?

Mettere il cliente al centro vuol dire fornirgli il maggior valore nel tempo più breve possibile per rispondere ai suoi bisogni. Il che significa imparare ad apprenderli bene i suoi bisogni. Attenzione, non significa dargli quello che vuole lui, ma quello che realmente gli serve.

Nel noleggio non sarà (solo) la macchina che ci ha chiesto, ma la soluzione ai problemi deve affrontare, dove, quando, come.

Per prima cosa partiamo dalla consapevolezza della nostra organizzazione, pregi e limiti: se vuoi dare al tuo cliente ciò che gli serve, non può dargli tutto. È necessario offrirgli quello che sai fare veramente bene e valorizzarlo al massimo. E dire no quando non puoi fornirgli l’eccellenza. Quindi, imparare a dire no anche quando il cliente vuole la tua eccellenza al prezzo che stabilisce lui.

Basterebbe questa consapevolezza per capire già in partenza chi può essere definito noleggiatore e chi no, in assenza di normative più chiare. 

Questo implica che, sia dal punto di vista dell’offerta che della comunicazione, gli permetti di capire immediatamente se quello che gli stai offrendo è conforme a ciò lui sta effettivamente cercando. Quando non corrisponde ai suoi bisogni occorre essere capaci di dire di no, di precisare che non siamo in grado di soddisfarlo. E, dove possibile, indirizzare meglio quello la nostra organizzazione verso ciò che i clienti stanno cercando, anche quello di cui non sono ancora consapevoli.

Non c’è bisogno di prenderli a calci nel sedere per dirgli un no.

Teoricamente, se gli diciamo sì e poi non siamo in grado di soddisfarli pienamente, sono loro ad avere tutto il diritto di prendere noi a calci in quel posto.

Una cosa che accomuna i vostri clienti è che tutti stanno cercando di portare vantaggi al proprio conto economico. Solo che qualcuno pensa di farlo pagando meno i canoni.

Per fortuna, altri comprendono il valore di ciò che stiamo offrendo e lo sfruttano pienamente. Sono anche quelli che pagano senza fiatare e ti ringraziano.

La stessa cosa vale per voi: se non siete sicuri di migliorare il conto economico del vostro cliente lasciate perdere. Perché gli creerete solo altri problemi, malfunzionamenti vari e, oltretutto lo state facendo a danno di tutto il sistema noleggio.

Nel nostro caso, ad esempio, se ci contattano per fare dei corsi di Scrum Master o Product Owner, non siamo noi l’organizzazione giusta. Ci sono altri più preparati per fare questo e la nostra scelta di posizionamento, per il momento, è quella di non offrire corsi e certificazioni specifiche SM o PO. Amazon, quando ha iniziato, offriva libri. Se avessi chiesto qualcos’altro avrebbero risposto che non erano in grado di offrirmelo. Una volta imparato, hanno esteso l’offerta a quasi tutto, un passo alla volta.

Cambiare mentalità

Rovesciare un paradigma obsoleto e disfunzionale allora significa che, per quanti sforzi possiamo fare nel concentrarci sulle meravigliose macchine che abbiamo messo nel nostro parco, sulle procedure, sull’organizzazione, sulla modulistica, se includere nel canone i servizi collaterali oppure no, in queste fasi non stiamo ancora pensando realmente ai nostri clienti e alle loro abitudini (da soddisfare o da modificare in meglio, ad esempio costruendo per lui una nuova soluzione).

Ha quindi senso buttare a mare tutto questo valore solo perché non sappiamo gestire il tratto finale, cioè quello del contatto e dell’erogazione del servizio, quello in cui noi e il cliente possiamo essere pienamente e reciprocamente consapevoli del valore che ci stiamo scambiando?

Se concordate con me che queste sono domande retoriche, concentriamoci allora sul fatto che bisogna lavorare molto sulle fasi precedenti: sui contenuti, sui luoghi e sui modi della relazione, sulla formazione delle persone, sul team e sulla vostra comunicazione. A dire il vero, ancora prima: nell’individuazione e nella selezione della clientela che volete davvero servire.

Potrà infatti sembrare un paradosso, ma è così. Il cliente dei nostri servizi, cioè il punto di arrivo dei nostri enormi sforzi, è quello che vogliamo davvero servire perché porterà valore alla nostra organizzazione, e sarà felice di farlo. Bingo.

A meno che non vogliate continuare a servire gente di passaggio che vi sfascia le macchine e che impone il loro prezzo. O gente che vi allunga unilateralmente le condizioni di pagamento. Che prende da voi un mezzo nuovo e super tecnologico e non sapete nemmeno se tornerà ancora da noi.

Il calcio nel sedere che diamo a questi sarà solo metaforico, tenendoli fuori dalla porta.

Kiloutou, Loxam, Boels, Riwal, Mollo: i noleggiatori europei che sono cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni sono partiti da questo assunto. Il resto è venuto di conseguenza. Se parlate con Mauro Mollo vi dirà che avere quindici persone che chiamano i clienti in continuazione per sapere se sta andando tutto bene è stato il suo investimento migliore.

Non è un problema di tecnologie, quelle ci sono già e non sono nemmeno così importanti; è uno stato mentale, un driver.

cliente al centro

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