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Surkus ti noleggia una folla
Surkus ti noleggia una folla

Immaginate di passare in una via del centro e di vedere una fila di persone in attesa di entrare in un locale aperto da poco. La folla è apparentemente ben vestita e ansiosa di entrare. Verrebbe da pensare che ci sia stato un forte passaparola o un intenso battage pubblicitario, dato che il locale fino a pochi giorni fa non aveva ancora aperto.

Surkus ti noleggia una folla

E in passato sicuramente avreste avuto ragione: oggi tuttavia, perlomeno negli USA, la folla che vedete potrebbe esser stata reclutata da Surkus, un’App con cui ristoranti, locali, ma anche altre aziende possono individuare la propria folla ideale e coinvolgerla, pagando s’intende, per farla presenziare a eventi di vario genere.

L’idea di noleggiare una folla non è assolutamente nuova: su questo blog ne abbiamo parlato già qui. Tuttavia nell’era di Uber e Fiverr, in cui con le App si possono ordinare servizi di qualsiasi genere, Surkus intreccia un mestiere ormai tradizionale (quello del PR) con la tecnologia, il mobile e i big data.

Eh sì, perché Surkus interroga i propri database di iscritti e, oltre a tenere conto di elementi ovvi come la città di residenza, seleziona i partecipanti da invitare in base a parametri come sesso, età, stile e preferenze espresse su Facebook, in modo da trovare quelli più adatti alle esigenze del cliente.

Ovviamente, come qualsiasi autista di Uber vi potrà raccontare, anche nel caso di Surkus i partecipanti vengono valutati, in questo caso in base al loro livello di coinvolgimento e partecipazione: chi non si mostra entusiasta o coinvolto non viene invitato ad altri eventi. E non conviene neppure andarsene sino alla fine, perché non si verrà pagati.

Benvenuti nel mondo del “crowdcasting”

Surkus ha scatenato non poche discussioni nel mondo USA della comunicazione. Il suo fondatore, Stephen George, sostiene che il suo strumento altro non è che un mezzo con cui connettere la domanda e l’offerta di eventi: alcune persone amano andare al cinema, ma anche a teatro o al ristorante o a un vernissage; alcune aziende sono disposte a pagare per avere frequentatori (da 5 a 100 dollari, in media da 25 a 40 per un eventi): perché non combinare le due cose?

In fondo, i PR fanno questo da sempre, magari non con i contanti ma con inviti e consumazioni gratuite. Surkus stravolge il modello (disruption è sempre la parola d’ordine) consentendo una segmentazione più raffinata delle persone da invitare.

I critici del servizio dicono invece che esso racconta una bugia: se i ristoranti sono pieni o le feste ben frequentate non è per loro meriti, ma solo perché hanno pagato qualcuno per venire. I partecipanti di Surkus sono tenuti inoltre a mantenere riservato il proprio ruolo, e questa mancanza di trasparenza viene considerata dagli esperti di pubbliche relazioni contraria all’etica professionale.

La cosa non serve granché neppure alle aziende, perché chi partecipa lo fa per i soldi, e non per un genuino interesse verso l’organizzatore o il suo brand.

Attualmente Surkus ha 150.000 iscritti nelle città americane di Los Angeles, New York, Chicago, Miami e San Francisco. A oggi vanta di aver gestito oltre 4.200 eventi per 750 clienti, tra cui anche grandi aziende.

L’App, oltre a profilare gli iscritti e a mandare inviti alla partecipazione, serve anche per gestire i pagamenti via Paypal.

Secondo il suo fondatore l’attività condotta con Surkus è regolare e corretta, perché semplicemente consente alle aziende di individuare il pubblico target giusto da invitare alle proprie iniziative.

Una società di ricerca si è ad esempio rivolta a Surkus per invitare alla proiezione di un film 750 spettatori di New York e Los Angeles, per valutare le loro reazioni e verificare se erano diverse tra le due città.

Un artista comico di Los Angeles ha usato Surkus per riempire il locale in cui lavorava; oltre a consentirgli di andare avanti con il suo spettacolo, gli ha fornito utili spunti per il suo spettacolo: ha infatti avuto molte più risate e applausi quando in sala c’erano persone più anziane e di origine ispanica di quello che prevedeva.

Indubbiamente il confine tra marketing e manipolazione è (ed è sempre stato) labile: sta alle aziende clienti utilizzare gli strumenti in modo etico e corretto.

Preparatevi però: a breve, oltre alla pubblicità occulta che leggiamo sui giornali o che vediamo in giro, dovremo fare attenzione anche a quella delle code e folle di persone agli eventi.

Tag dell'articolo: noleggio

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