Nei giorni scorsi il CEO di Uber Dara Khosrowshahi ha presentato il piano dell’azienda che prevede novità e sviluppi futuri che potrebbero avere, nel medio e lungo termine, un impatto su tutto il settore dei servizi di trasporto, e riguardare non solo i taxi ma anche, ad esempio, l’autonoleggio.
Il piano di Uber prevede infatti l’integrazione sulla sua App di numerosi servizi di trasporto pubblico locale, da affiancare a quelli di ride sharing. Tra i servizi che si potranno prenotare con l’App di Uber ci sono quelli di bike sharing, car sharing e anche di trasporto pubblico (autobus e treni).
Uber ha inoltre intenzione di aumentare la quantità di informazioni condivisa con le città, in merito alle modalità di spostamento dei suoi clienti e ai flussi di traffico, per aumentare la collaborazione con le amministrazioni locali e quindi migliorare i suoi rapporti con queste ultime.
Si tratta di un progetto coraggioso di espansione dei servizi, specie se si considera che Uber sta ancora cercando di migliorare la propria immagine di azienda poco rispettosa delle regole, e deve anche riprendersi anche dal colpo subito in seguito alla morte di una donna in Arizona, investita da una sua vettura a guida autonoma.
Che l’annuncio non sia un mero piano futuristico ma un progetto concreto lo dimostra il fatto che, appena pochi giorni prima, Uber aveva acquistato l’azienda di bike sharing a flusso libero Jump. Da subito, infatti, i residenti di Washington (città in cui Jump è nato nel 2017) hanno acquisito la possibilità di prenotare le bici elettriche del servizio attraverso l’App di Uber.
L’azienda sta inoltre conducendo alcuni esperimenti nel campo del car sharing. A fine Aprile dovrebbe infatti partire un nuovo servizio a San Francisco chiamato “Uber Rent”, con cui gli utenti possono noleggiare un’auto, sviluppato in partnership con Getaround. Quest’ultimo è il servizio di car sharing peer to peer che già da un anno fornisce vetture agli autisti di Uber che vogliono lavorare ma non possiedono una macchina propria. Ora il servizio verrà esteso a tutti gli utenti, e consentirà noleggi di durata breve o brevissima (da poche ore alla giornata).
A questo punto è possibile fare due più due e immaginarsi anche per le bici elettriche uno scenario simile. Perché non utilizzarle, infatti, per dare ai corrieri di Uber Eats (il servizio di consegna di pasti a domicilio) un mezzo comodo con cui spostarsi in città ed effettuare le proprie consegne?
Una visione chiara
Usare l’App di Uber per prendere a noleggio l’auto di un estraneo sembra un ottimo modo per cannibalizzare il proprio business di ride sharing. Tuttavia l’azienda insiste nel sostenere che la sua missione è più ampia, e consiste nel ridurre la necessità di un’auto di proprietà.
Non tutti i viaggi sono coperti in modo ottimale dal servizio principale di Uber, per cui l’azienda, nelle sue condizioni attuali, non può competere in modo olistico con il possesso della propria vettura. Per farlo occorre un portafoglio di servizi più ampio e variegato.
Uber Rent sarà inizialmente disponibile solo a San Francisco, ma poi potrebbe espandersi in altre città americane come Boston, Portland e Washington. Per quanto riguarda le opzioni strategiche, inoltre, non è ancora chiaro se la partnership proseguirà nel modo attuale o se ci saranno altre forme, tra cui anche un’acquisizione come quella di Jump. In ogni caso, Getaround condivide la visione di Uber come alternativa completa al bisogno di possedere la propria macchina.
Resta da capire come i piani di sviluppo di Uber potranno integrarsi con i sistemi di trasporto pubblico locale. Recentemente sono stati pubblicati alcuni studi che dimostrano come i servizi come Uber e Lyft tendano a sottrarre clienti al trasporto pubblico.
Ma le due aziende negano che questo avvenga, e anzi sostengono di voler supportare il trasporto pubblico con altri mezzi e connessioni. Uber ad esempio ha recentemente stretto un accordo e avviato alcuni esperimenti con la società di ticketing Masabi per consentire l’acquisto di biglietti dalla sua App. Masabi attualmente è in uso in oltre 30 città in numerosi paesi. Un altro partner americano di Masabi, su questo fronte, è Transit.
Queste partnership sono in linea con le ambizioni, descritte da Khosrowshahi, di espandere il servizio maggiormente nel settore del trasporto pubblico. All’inizio di quest’anno Khosrowshahi aveva dichiarato che Uber potrebbe diventare un marketplace per altri fornitori di servizi di trasporto, in modo simile ad Amazon, che è anche un marketplace per venditori terze parti. E in effetti la varietà di servizi attualmente forniti dall’azienda è molto elevata, e va dalla consegna di piatti pronti ai trasporti su camion. Le possibilità di connessione e integrazione tra tutti questi servizi sono in effetti molto interessanti.
Per quanto riguarda la collaborazione con le città, Uber ha inoltre annunciato l’espansione del suo progetto Movement in una dozzina di altre città. Questo progetto, inizialmente lanciato l’anno scorso, consiste in uno strumento online realizzato espressamente per consentire alle città di mappare i tempi di trasferimento, partendo dalla vastissima mole di dati offerta dall’azienda. Il sito consente agli enti anche di misurare come le tempistiche di spostamento variano nel corso della giornata. Tra le città che hanno accesso a Movement ci sono Amsterdam, Bangalore, Brisbane, Il Cairo, Hyderabad, Melbourne, Mumbai, Nairobi, Nuova Delhi, Perth, Pittsburgh e Toronto.
Opportunità e rischi
Sulla carta, tutti questi annunci possono sembrare solamente un insieme di progetti pilota e di esperimenti estemporanei. Ma per Uber l’obiettivo è molto più ambizioso: si tratta potenzialmente di risolvere uno dei problemi più rilevanti per la città, ossia come gestire il trasporto locale e le auto, una tematica che è molto sentita specialmente negli USA. Se poi a questo si aggiunge l’opportunità di aumentare e diversificare le fonti potenziali di ricavi (dopo tutto non stiamo parlando di una Onlus), il valore di questi test diventa chiaro.
Vedremo quindi quanti e quali di questi esperimenti avranno successo, e come evolverà il rapporto con le città. Da un lato, infatti, le recenti decisioni sembrano essere improntate a direzioni di sviluppo green e sostenibili, ma dall’altro espongono a rischi di immagine e contenziosi (come quelli connesso alla gestione delle bici a flusso libero, che hanno scatenato polemiche in alcune città). Senza contare che in questo modo la lista dei concorrenti di Uber si allunga ulteriormente.