Riportiamo in questo post un contributo di Paolo Villa pubblicato sul numero di Aprile di Macchine Cantieri, per gentile concessione dell’autore e della casa editrice Orsa Maggiore International.
Gli sportivi più attenti avranno osservato che, nell’evoluzione tattica del gioco del calcio, per gli allenatori di questa generazione il primo imperativo è quello di non prendere gol; poi, eventualmente, farne uno e portare a casa i tre punti. Le teorie calcistiche degli allenatori di successo, da Nereo Rocco a Giovanni Trapattoni, da Fabio Capello a José Mourinho, sono state improntate ad affinare strategie difensive sempre più sofisticate (catenaccio, pressing, fallo tattico, presidio della zona), sacrificando sull’altare dei punti la spettacolarità del gioco offensivo. Se mi perdonate l’escursione, è come dire che per quanto l’obiettivo di un imprenditore o di un commerciante rimane quello di centrare risultati di vendita e di sviluppo, una mancata concentrazione difensiva può vanificare i successi ottenuti mettendo in pericolo l’esistenza stessa dell’impresa.
Una rivoluzione culturale
Per quanto possa sembrare scontato, il punto di partenza imprescindibile per far maturare dal di dentro (cioè dal cuore dell’imprenditore e della sua azienda) atteggiamenti e processi organizzativi adeguati è la presa di coscienza del problema. L’imprenditore del noleggio, specie se con una piccola organizzazione, non può ovviamente dotarsi di tutti gli strumenti di analisi e presidio dei rischi tipici della grande azienda; ma ciò non esclude che li deve conoscere per capirne le valenze. Dall’ufficio fidi al corretto utilizzo delle clausole contrattuali; dal marketing dell’insolvenza (relazione di cliente) al monitoraggio costante dei clienti; dalla conoscenza dei ratios di settore all’ufficio legale. Fino alle attività vere e proprie di recupero crediti. Sono tutti esempi utili per cercare di capire come si muove la grande organizzazione e come possiamo invece muoverci noi e con quali strumenti, singolarmente o magari all’interno di un consorzio di tutela.
I successi ottenuti nella fase di vendita, o le pressioni su di essa dovute al calo drastico dei contratti, non devono essere scollegati dai processi organizzativi che tengono unita l’azienda (che tengono corta la squadra). Investire qualche euro per creare una rete di prevenzione, analisi e conoscenza del cliente, può essere molto più vantaggioso che imbarcarci in un contratto allettante ma avventuroso, il cui esito economico è lasciato unicamente a un fiuto imprenditoriale che oggi non basta più. Vuol dire anche che la conoscenza del cliente non si esaurisce nella fase di primo contratto, ma nel costante monitoraggio di tutti i suoi movimenti e della sua storia (con noi, prima di noi…). Si tratta di riflettere su cosa significa esattamente cambiare mentalità di approccio al problema.
Una rivoluzione organizzativa
Gestire per intero il processo dei rischi significa entrare nel cuore del nostro argomento. Non importa se ci arriviamo perché traumaticamente toccati da uno scossone di insolvenze vissuto sulla nostra pelle, o sensibilizzati dal voler evitare in tutti i modi di esserne travolti; o ancora perché vogliamo crescere selezionando i clienti. E’ la fase organizzativa ed è la fase di studio e conoscenza dei metodi e degli strumenti di cui disponiamo e che potremmo utilizzare. La gestione dell’intero processo dei rischi di insolvenza è composta dalle analisi di diversi aspetti:
L’analisi economica del cliente
Si tratta della fase essenziale e naturale che riguarda il primo approccio (e va affrontata anche se il cliente ci pagherà in contanti o ci rilascerà una cauzione). Abbiamo bisogno di sapere:
- Chi è il cliente? (è una società di persone, di capitali, di un gruppo, è una azienda nata da un fallimento precedente, chi ha poteri di rappresentanza…)
- Chi sono i soci (quali i loro legami, quale il patrimonio responsabile, hanno avuto dei protesti, ipoteche giudiziali, elementi pregiudizievoli, hanno viceversa cariche pubbliche prestigiose, riconoscimenti…)
- Quanto esprime numericamente? (cosa ci dicono i bilanci, i business plan, le valutazioni prospettiche. Come è composto il patrimonio fra proprio e finanziato. Come è la componente reddituale. Gli oneri finanziari. Hanno fatto utili con la gestione caratteristica o con componenti straordinarie? Pagano i contributi ai dipendenti?)
- Come sono posizionati rispetto al mercato? (sono leader o annaspano; come sono visti dai loro clienti/fornitori?)
- Che cosa ci sta chiedendo? (è dimensionato sull’azienda che conosciamo? Che cosa dovranno fare? Come ci pagheranno?)
Mi rendo conto che può sembrare una approccio difficoltoso o eccessivo; ma è altrettanto vero che, al momento, il problema rischia oggi di generare conseguenze più drammatiche. Intanto, parte delle notizie possono essere desunte durante le fasi del colloquio di vendita: basta dotarsi di uno schema da seguire. Molte verranno verificate in seguito con indagini rilevative, che sono molto più semplici di quello che si possa pensare (tutte le visure sono già prontamente disponibili da società di servizi apposite a basso costo, alta fedeltà e pronta visione, come ad esempio Cerved).
L’analisi dei dati ci deve impegnare in prima persona, sia quantomeno per capire gli indici attraverso cui è di solito commentato il bilancio di una impresa (ROI, ROE, ROS…) sia per verificare quale trend ha avuto nell’ultimo periodo e quanto pesa il sistema dei finanziatori. Potrebbe esserci d’aiuto il nostro commercialista, un nostro collaboratore esperto, oppure una società di servizi. L’importante alla fine è saper leggere dentro al bilancio la reale situazione del cliente che ci chiede un “fido”. Da non sottovalutare anche un atteggiamento di costante monitoraggio del cliente, che ci consente di cogliere importanti segnali attraverso il movimento sul patrimonio, sull’assetto sociale eccetera, in tempo reale.
L’analisi degli strumenti di tutela
Poiché la fase di conoscenza non è sufficiente, anche se determinante, è necessario sensibilizzarsi su tutta una serie di ulteriori strumenti di maggior efficacia giuridica. Ecco qualche suggerimento:
- Il corretto utilizzo delle clausole contrattuali, soprattutto se introduciamo clausole vessatorie che poi non ci vengono riconosciute in fase giudiziale (leggere il Codice Civile artt. dal 1341 in poi).
- La tutela assicurativa. Anche la famigerata assicurazione dei crediti ha subìto gli effetti della concorrenza, affinando i suoi prodotti in modo che essi si presentino oggi con una veste meno “scandalosa”. Non è però questa la sede di approfondimento e ognuno ha a disposizione il proprio affidabile (si spera) consulente assicurativo, che può maggiormente dettagliare le offerte. L’essenziale è aderire a una polizza di copertura solo in presenza di chiarezza circa le clausole, le franchigie e le situazioni della compagnia all’avvenire del sinistro. Rimando ai successivi articoli invece l’approfondimento della tutela legale, rimarcando però che occorre anche in questo caso riflettere sempre prima di agire, e qui più che mai, un buon consulente legale può fare oggi la differenza. Ogni contenzioso ha la sua storia, le sue ragioni e le sue vie d’uscita. Non è detto, soprattutto oggi, che il cliente insolvente sia sempre quello che ci vuole tirare il bidone. Se ci troviamo in presenza di un cliente importante in difficoltà forse è il caso di riflettere: metterlo con le spalle al muro significherebbe perdere soldi adesso e magari contratti futuri. Ciò non toglie che l’escalation degli insoluti, negli ultimi mesi, sembra diventata più una moda che una reale necessità. E allora i furbi vanno colpiti prima possibile.
Una rivoluzione creativa
La lotta agli insoluti non è una guerra che si può combattere per forza da soli. O meglio, la si può affrontare con migliore efficacia in un ambito aggregato, con infinite potenzialità. E’ un aspetto in cui credo fortemente, non solo perché l’unione fa la forza, ma perché quello di cui singolarmente non ci possiamo fare carico (perché ci costa, o perché ci impegna troppo), può essere delegato a una struttura che pensa, analizza e risolve, moltiplicando le singole necessità. Ovviamente occorre trasparenza, professionalità e competenze, un’organizzazione attiva e propositiva, ma volete mettere il valore aggiunto (e la tranquillità nell’attività primaria)? Per certi versi è anche uno scenario suggestivo, in quanto è una pagina ancora da scrivere. E nemmeno le associazioni, la maggior parte per lo meno, hanno saputo dare in questo senso una risposta concreta. Unirsi per la tutela complessiva del credito può voler dire spuntare condizioni migliori rispetto a tutte le fasi tecniche, dal monitoraggio, all’analisi, all’assicurazione, ai costi bancari, alle azioni legali. Inoltre, tutti i dati confluiti possono essere trattenuti, elaborati, messi a disposizione in una banca dati storica di settore. Un cliente nuovo per me potrebbe già aver avuto una brutta storia con qualcun altro. In questo caso è però necessario valutare bene le problematiche connesse con la legge sulla privacy e quella che regolamenta l’antitrust. E ancora: si potrebbe creare un fondo compartecipato di tutela dove possono essere stralciate piccole partite che non meritano atti o spese legali, eccetera. Oppure, con l’aiuto di compagnie specializzate o società di risk management, si possono creare coperture più attinenti alle problematiche e alle dimensioni del noleggiatore, con adeguate franchigie e clausole più snelle. Ci si può inoltre agganciare a una rete telematica con facili accessi on line a pubblici registri per visure o veloci analisi di bilancio. Tenere monitorate liste specifiche di clienti per osservarne in tempo reale movimenti di capitali e beni o sugli assetti societari. Condividere studi di mercato ad hoc, previsioni sull’andamento dei target, sui settori sinergici e di quelli relativi al bacino della propria clientela. Si possono raccogliere ed elaborare le insoddisfazioni per farle diventare strumenti e battaglie di carattere politico, legislativo, fiscale.
E’ ovvio che, con quanto abbiamo scritto, non si riuscirà a debellare completamente il problema. E’ altrettanto ovvio però che il primo salto di qualità sta proprio nel prendere coscienza del problema e di tutte le possibili soluzioni prima che diventi contenzioso legale. Tornando alla similitudine calcistica, sarebbe auspicabile allora, per una migliore efficacia difensiva, passare da una dispendiosa marcatura a uomo, a una più sofisticata difesa a zona che preveda mosse studiate e un più consapevole coinvolgimento di altri reparti. Un maggior filtro a centrocampo e attaccanti che, all’occorrenza, tornino a coprire, mettendo in cassaforte i gol fatti, facendo in modo che esprimano realmente un risultato vincente.