Lo spread è un differenziale, punto. Se rivendiamo un titolo di borsa a 11, dopo averlo pagato 10, quell’1 è uno spread. Nel mondo dei cambi, ugualmente, il rapporto tra le divise di un libero mercato, in cui le contrattazioni sono legate anche alla durata di un determinato periodo, genera uno spread.
Così nella compravendita delle merci e nel rapporto tra qualsiasi tipo di attività finanziaria ciò che alla fine risulta e rappresenta la misura e il buono o il cattivo andamento di un’operazione è lo spread.
Nel corso del tempo, però – lo circoscriviamo negli ultimi venticinque/trent’anni – la parola ha assunto un significato e un fondamento anche psicologico che è andato molto oltre il suo tecnicistico concetto originario, a cominciare dal definire l’affidabilità o meno di qualcosa o qualcuno. L’affidabilità, ad esempio, di uno Stato di restituire i soldi avuti in prestito dai suoi cittadini o da quelli di altri paesi. La fiducia degli investitori pubblici e privati che decidono di acquistare titoli emessi dallo Stato o dalle imprese di quella nazione. Potremmo andare avanti ancora, ma ci siamo comunque già capiti: lo spread è lo specchio della fiducia, del credere o meno nella possibilità di rischio, nel temere o meno il verificarsi dell’insolvenza.
Tutto ciò, come vedremo ora, è legato a stretto filo con l’emissione di titoli da parte dello Stato, ai tassi d’interesse capaci di dirottare investimenti sontuosi e influenzare pesantemente le misure di politica finanziaria del governo e la crescita economica del Paese.
Oggi, il termine spread ha assunto una connotazione ben precisa, nell’indicare cioè la differenza di rendimento dei titoli di stato di Paesi diversi, i nostri BTP a dieci anni e i Bund tedeschi ad esempio, espressione di un’economia forte. Che vuol dire quando parliamo di 270, 280 punti? Vuol dire che il rendimento dei titoli tedeschi oscilla tra lo 0,30% e lo 0,40% (sì, proprio così) e il nostro decennale sta, ad esempio, tra 3% e 3,10% (cioè 2,7% o 2,8% in più, cifre esemplificate nel gergo della comunicazione finanziaria in 270 e 280 centesimi).
Come lo spread influenza la nostra vita
Sulla base di queste prime indicazioni, quello che qui ci interessa capire è quando, come e perché l’aumento o la diminuzione del differenziale possano rivelarsi positivi per qualcuno e negativi per un altro. Chi compra i nostri titoli?
- Grandi e piccoli investitori (risparmiatori).
- Banche e fondi d’investimento.
- Non residenti (che comprendono anche una quota di risparmio estero gestito ma proveniente dall’Italia).
- La Banca Centrale Europea, attraverso il cosiddetto “Quantitative Easing” che si ridurrà a ottobre per fermarsi del tutto entro la fine dell’anno.
Tutto questo però non è meccanicamente consequenziale casella dopo casella, ma è mutabile, volatile momento per momento a seconda delle considerazioni e delle previsioni che influenzano giudizi e prese di posizione. Dalla metà di maggio, ad esempio, quando l’instabilità politica (anche se non è questo il nostro terreno di conversazione) stava raggiungendo il suo massimo, la differenza (lo spread, appunto) tra il nostro BTP decennale e i Bund ha cominciato a divaricarsi parecchio e il nostro debito pubblico a soffrire: nel 2019 l’Italia dovrà piazzare titoli per 380 miliardi e in caso di rialzo dei tassi di interesse (che si riflettono in un aumento dello spread), la spesa per interessi sarebbe davvero insopportabile.
Questo perché l’incertezza sulla capacità dell’Italia di ripagare i propri debiti fa sì che qualcuno che compra i nostri titoli ci sia sempre, ma che egli voglia essere remunerato di più per il maggiore rischio assunto (mediante un tasso di interesse più elevato).
Contemporaneamente, tra maggio e giugno qualcuno ha venduto e qualcuno ha comprato. Tra i primi, gli investitori esteri che si sono liberati di obbligazioni italiane per 72 miliardi (34 + 38). Tra i secondi le banche, che tra aprile e giugno hanno acquisito una trentina di miliardi di titoli aumentando il quantitativo in loro possesso – che ha toccato circa 370 miliardi – ma vedendosi diminuire gli indicatori della loro solidità patrimoniale (in pratica la segnalazione della loro solvibilità).
Due prime conseguenze: l’aiuto dato dalle banche allo Stato potrebbe portarle a chiedere nuovi capitali ai soci per far fronte ai nuovi impegni e a fare pagare più cari i prestiti da erogare ai clienti. Contemporaneamente, le quotazioni dei nostri titoli (collegati alle vendite straniere) potrebbero subire una diminuzione mentre il rendimento, che in questo modo viaggerebbe in senso contrario, farebbe innalzare ancora lo spread mettendo in campo un’altra mina sul differenziale tra i BTP italiani e i Bund tedeschi.
La collocazione dei titoli e il rating
La prima prova del fuoco è stata l’asta dei titoli di stato di agosto: 2,44% il BTP 5 anni (+ 63 punti base), 3,25% il decennale (+37 punti) con il titolo che torna ai livelli del 2014 e che rappresenta l’ammissione senza se e senza ma da parte dello Stato che per avere denaro in prestito deve usare lo spread come una clava! Con un differenziale di 286, gli investitori hanno dimostrato di fidarsi maggiormente dei Bund della Germania allo 0,34%, specchio della solidità e della sicurezza di un Paese leader in Europa. I risparmiatori invece hanno comprato, a dimostrazione delle continue sfaccettature di una situazione sempre in divenire a seconda da che parte si consideri e delle convinzioni che si è disposti a sostenere; hanno cantato vittoria, pur se in maniera superficiale perché un aumento del debito pubblico con relativa politica di future restrizioni di spesa e un aumento del costo di approvvigionamento del denaro, alla fine si ripercuote sui cittadini e sulle imprese in primis.
Precisazione: i risparmiatori a caccia di tassi alti hanno frequentemente in portafoglio anche titoli dal rendimento inferiore (pagati però sotto la pari); se le cose dovessero andare bene per lo Stato, si troverebbero in mano titoli a lunga scadenza con tasso ottimo (perché quelli delle emissioni successive tenderebbero a scendere); se dovessero andare male, il tasso a loro garantito ad agosto assicurerebbe delle cedole da investire nel mondo del tasso variabile a breve.
A confermare l’attitudine di cartina tornasole dello spread, è sopraggiunto a fine agosto il giudizio dell’agenzia di rating Fitch (le agenzie di rating sono società che assegnano una valutazione, un peso, una stima circa la solvibilità di emittenti titoli sul mercato finanziario, il cui giudizio è molto seguito dai grossi investitori) che ha indicato per l’Italia una connotazione negativa: “…il debito pubblico rimarrà molto alto, lasciando il Paese esposto a potenziali shock”. Una vera e propria frustata che, dopo giornate ferme, ha fatto impennare lo spread BTP/Bund a 291 (60 punti nel solo mese di agosto).
L’altra faccia dello spread
Ma siamo sicuri che se lo spread sale stiamo pagando di più il debito?
Non è proprio così evidente, come acutamente ci suggerisce “Investire Oggi”: “…facciamo un esempio: a una certa data il BTP rende 1,7% e il Bund 0,70%; lo spread, quindi, è pari all’1%. A una data successiva il BTP rende 1,50% e il Bund 0,20. Lo spread risulta salito a 1,30% ma i rendimenti italiani sono effettivamente scesi. Il differenziale si è allargato per il solo fatto che sia sceso ancora di più il rendimento dei titoli tedeschi. Viceversa potrebbe accadere che lo spread scenda e i rendimenti dei BTP salgano…”.
Che cosa significa tutto questo? Che uno spread nervoso e poco controllato può essere preda di fattori speculativi che fanno gridare “al lupo, al lupo” quando il lupo non c’è; Che gli umori, le decisioni, le paure degli investitori sono spesso mosse da fattori contingenti e non dal mutamento strutturale della situazione finanziaria presente; che il primo, tangibile effetto è il trasferimento della corsa ai tassi sul sistema di indebitamento di famiglie e imprese.
Questo ultimo aspetto interessa molto ai noleggiatori. Se, come sembra probabile, molti noleggiatori italiani hanno al momento in pancia parecchia liquidità, sostenuta a sua volta dalla propensione delle banche a finanziare con meno restrizioni e a condizioni più favorevoli e stabili gli investimenti strutturali nel settore, gli stessi farebbero bene a dotarsi di un buon consulente finanziario per cavalcare in modo vantaggioso questi sbalzi.
Diciamo che, forse, è questo l’unico aspetto positivo della difficile situazione indicata dallo spread per le imprese e per i cittadini italiani.