Secondo i dati che saranno presentati oggi dal Cresme, il “Piano Casa” lanciato da Silvio Berlusconi porterebbe una boccata d’ossigeno al settore edile, grazie a investimenti aggiuntivi per 42 miliardi tra il 2009 e il 2012. Questo significherebbe far passare l’edilizia italiana da una crisi nera (-12,4% oggi, con 250.000 posti di lavoro a rischio) a un vero e proprio boom (+27%), senza contare gli effetti ulteriori previsti per il 2010 (oltre il 10% in più).
La cifra stimata dal Cresme è molto più prudente dei 75-150 miliardi “annunciati” dal premier giovedì scorso, e poggia su due ipotesi prudenziali:
- che aderisca solo il 10% dei proprietari dei 4,9 milioni di villette uni-bifamiliari con meno di mille metri cubi;
- che aderisca solo il 5% dei 3,7 milioni di proprietari di case a schiera.
Dove le cifre possono ballare di più è nell’applicazione uniforme del piano a tutto il paese, cosa non scontata, visto che solo la Toscana per ora ha varato la legge regionale necessaria, e lo ha fatto con criteri ecologici ed energetici più stringenti. Il Veneto sta per farlo, con vincoli meno rigidi.
La legge resta ferma per motivi politici, tra cui il più importante è la richiesta delle regioni di estendere lo sgravio Irpef del 55% su tutti i lavori di adeguamento degli edifici esistenti agli standard antisismici. Il provvedimento ha un costo spropositato anche qualora ripartito su più anni. Secondo uno studio dell’Isat (Istituto per le scelte ambientali e tecnologiche) e dell’associazione “Amici della terra”, su dati Istat e Protezione civile, il valore di un intervento del genere sarebbe di 38 miliardi di euro su cinque annualità.
Soldi che, ovviamente, non ci sono, anche se la riduzione dei rischi legati ai terremoti è (o dovrebbe essere) l’esigenza più forte di un piano di questo tipo. Il bello del piano casa, così come è stato immaginato dal governo, è invece proprio la possibilità di stimolare fortemente un settore importante dell’economia a costo molto contenuto.
Nel frattempo, in attesa che le parole si trasformino in fatti, invitiamo tutti gli esperti di settore a effettuare altre tre valutazioni, al di là delle considerazioni sulla sicurezza antisismica, sulla sicurezza delle abitazioni e sui rischi di cementificazione del paese:
- le famiglie beneficiarie hanno i soldi per effettuare questi lavori, o riusciranno a ottenere i finanziamenti dalle banche in tal senso? La risposta alla prima domanda sembra positiva (le stime del Cresme, come detto, sono molto prudenti, e quindi potrebbero riguardare le famiglie più ricche). Sul supporto delle banche, occorre probabilmente attendere che la situazione finanziaria si sblocchi, e il mercato torni alla normalità.
- Esiste la possibilità (e se sì, quale è il suo impatto) che persone e famiglie che hanno già effettuato i lavori approfittino del piano casa semplicemente per ottenere un’autorizzazione successiva, ma non generino in realtà nuovo giro d’affari per le imprese del settore?
- Esiste la possibilità (e di nuovo, quale è il suo effetto) che alcune delle 675.000 famiglie coinvolte, secondo le stime, non acquistino una nuova casa grazie alla possibilità di ingrandire la propria? O, al contrario, la possibilità di fare lavori di espansione favorirà la compravendita di abitazioni? In generale, se si escludono piccoli interventi quasi “cosmetici”, avere case esistenti migliori dovrebbe ridurre la domanda di case nuove.
Si tratta di considerazioni importanti, che a parità di tutte le altre condizioni possono per certi versi ridurre l’impatto della manovra, o per altri ampliarlo in modo significativo.