Nel corso dei secoli abbiamo sempre considerato la spazzatura come qualcosa di cui liberarci subito, senza pensare al quando né, tantomeno, al dove: già nella Roma imperiale il poeta Marziale lamentava lanci di rifiuti dalle finestre a ogni ora della notte e così avveniva nella Londra elisabettiana del ‘500 dove gli unici spazzini erano i nibbi, gentili uccelli che con gran gusto si cibavano di immondizie e carogne. Via via di seguito senza particolari diversità fino ai nostri giorni quando l’accatastarsi delle montagne di spazzatura nel golfo di Napoli ha assunto aspetti apocalittici spazzando via (è proprio il caso di dirlo) superpoteri di superfunzionari e progetti di smaltimento divenuti presto risibili. Poi la risoluzione dei mesi scorsi, con la realizzazione di un sistema organico della nuova Protezione Civile, forse provvisorio, forse definitivo, quando di colpo ci si è accorti che la spazzatura poteva costituire una risorsa, utilizzata come combustibile, adatta per i riscaldamenti casalinghi, per gli impianti, per i motori.
Dalla valanga di idee e di possibilità fuoriuscite come da una cornucopia in quest’ultimo periodo (non siamo i soli a essere un popolo di inventori) recepiamo una notizia proveniente da Londra, raccontata oggi dai telegiornali ma già nota da alcuni mesi, secondo cui entro un paio d’anni potremo circolare con auto alimentate “a spazzatura”: la INEOS, azienda chimica britannica sta mettendo a punto la trasformazione dell’immondizia in bioetanolo per utilizzarla come combustibile dopo averla fatta transitare attraverso uno stato gassoso e successivamente mutata in bioetanolo grazie all’intervento di batteri naturali. Sembra che le vetture alimentate in questo modo (e l’autonoleggio dovrà tenerne conto nelle future formulazioni di offerta) potranno garantire una diminuzione del fabbisogno di benzina del 10% e un abbattimento dell’ossido di carbonio del 90%.
Vogliamo chiudere però con quanto proviene dal Giappone, Paese distintosi da secoli nell’avere elevato a forma d’arte la composizione dei fiori, ora invece dedito a sublimare la collocazione dei sacchi della spazzatura. Le città giapponesi non utilizzano i cassonetti ma riservano alla raccolta della spazzatura degli appositi spazi che certamente non hanno mai brillato per l’aspetto estetico. Ora all’agenzia MAQ è venuto in mente il Garbage Bag Art Work, cioè la decorazione dei sacchi della spazzatura con il fine di conferire a un’attività di abbandono e non proprio pulita la creatività e il fascino di una forma d’arte: sono pronti colori, disegni e sacchi nei negozi più esclusivi di Tokyo e progetti di sponsorizzazione per stampare sui sacchi della spazzatura simboli e figure che promuovano i marchi di aziende che vogliano farsi la pubblicità in questo modo; sembra ci sia la fila.