La strada della responsabilità sociale può essere percorsa in molti modi: tanti hanno capito che la realizzazione di una attività, pur redditizia, che tenga conto di progetti di cooperazione, di finalità ecosostenibili e di rispetto per chi lavora non è un’impossibile chimera, ma qualcosa di estremamente concreto che necessita solo di impegno e un po’ di fantasia.
Nel campo della moda le molteplici iniziative testimoniano una modalità di comportamento formatasi già da diversi anni; stiamo parlando dell’Ethical Fashion Show ideato cinque anni fa’ a Parigi, per presentare lo stretto contatto tra le produzioni locali e le collezioni di stilisti di grido. Il successo è stato immediato e ripetuto di edizione in edizione compresa l’ultima dello scorso autunno, un modello di rispetto, solidarietà e multiculturalismo.
L’evento, diventato una kermesse di tendenza nell’apertura ai Paesi in via di sviluppo ha avuto la sua consacrazione anche in Italia: a Febbraio a Roma si è concretizzato il progetto Ethical Fashion, nato dalla collaborazione tra AltaRoma, ITC e Ambiente e Territorio (azienda della Camera di Commercio); a Milano l’Ethical Fashion Show ha occupato la ribalta in occasione delle sfilate dell’alta moda delle ultime settimane. Non ci meravigliano quindi i cinquantamila visitatori che hanno affollato dal 13 al 15 Marzo i ventunomila mq. di Fiera Milano City per la VI edizione della Fiera del Consumo Etico: le nuove idee sulla mobilità sostenibile (dove il noleggio ha un ruolo di primo piano, come la bike e il car sharing, i mezzi elettrici e quelli a idrogeno), l’agricoltura biologica, il software libero, la moda critica, la bioedilizia, le fibre naturali, l’economia carceraria, gli ecoprodotti e simili hanno dimostrato come sia possibile e sempre più apprezzata la coesione tra glamour e impegno sociale.