Stiamo per tornare, dopo tanto tempo, nel nostro abituale ambiente di lavoro. Con qualche nuova accortezza per la gestione di spazi e contatti, e magari con gli stessi problemi di convivenza umana che avevamo prima del lockdown.
In questi mesi in cui siamo stati costretti a stare lontani dal luogo di lavoro, abbiamo però avuto la possibilità di riflettere sull’importanza della qualità dell’ambiente lavorativo.
Collegandoci alla riflessione esposta nel nostro precedente articolo, in alcuni periodi della nostra vita è capitato più o meno a tutti di trovarsi a lavorare in un ambiente di lavoro negativo. E’ una situazione più frequente di quel che pensiamo e le cause sono molteplici.
Ora che siamo rientrati o stiamo per farlo, anche se gradualmente, il problema potrebbe acuirsi; per giunta in un contesto in cui sarebbe decisamente meglio farne a meno.
Potrebbe essere per via dell’etica aziendale, delle condizioni fisiche, dei colleghi di lavoro, dell’orario, della paga bassa: la lista è lunga e potrebbe continuare con altre motivazioni.
In tutte queste situazioni ci sentiamo frustrati, arrabbiati, ansiosi, tristi e demotivati; nonostante ciò, potremmo sentirci impreparati o incapaci nel mettere in atto un cambiamento, a causa delle pressioni economiche, della posizione, dell’età, della difficoltà a intravedere altre opzioni, compreso il fatto che le offerte di un’alternativa si sono ridotte.
Qualunque siano le ragioni, quando sentiamo che la decisione migliore per noi è quella di adattarci a un ambiente di lavoro difficile e frustrante, diventa ancora più importante imparare a conviverci, per limitare le conseguenze psicofisiche non salutari e attenuare l’impatto negativo che tale ambiente ha sulla nostra vita.
Quando poi avremo più risorse o più competenze, allora saremo in grado di mettere in atto comportamenti, noi per primi, che potrebbero modificare l’ambiente, in una sorta di circolo virtuoso.
Di seguito, vi suggeriamo alcune semplici ma importanti strategie di sopravvivenza. Una sorta di valigetta degli attrezzi per imparare a convivere e a sopravvivere a un ambiente di lavoro negativo, molto utile in questi giorni in cui ci prepariamo a tornare alle nostre normali attività.
Resta calmo e rilassato quando sei sotto attacco
Può sembrare paradossale, ma è proprio così che funziona!
Restare calmi e rilassati quando siamo sotto attacco è una delle basi fondamentali delle arti marziali. Per parafrasare il geniale maestro Oogway di Kung-fu Panda: “L’acqua agitata non ci fa vedere attraverso; solo se si placa, vediamo oltre”. L’acqua, naturalmente, è la nostra mente.
Perché la nostra reazione possa essere appropriata e possa riequilibrare una situazione negativa, la mente deve essere calma. Mentre una reazione violenta porta inevitabilmente a una escalation ingestibile, rimanere calmi e manifestare una risposta decisa e assertiva allo stesso tempo, dissolve la forza del nostro avversario, soprattutto in presenza di un attacco verbale, portando alla dispersione dell’aggressione altrui.
Come si recita nell’arte marziale del T’ienshu (parola composta da due termini: T’ien=quiete, pacifico e Shu=arte, metodo, sistema): “Quando l’avversario ti attacca non resistergli, non opporti a lui, ma controlla il suo attacco, muovendoti con esso”.
Facile? Non proprio, occorre un po’ di esercizio, prima di tutto controllando la respirazione!
Vi invito a provare la respirazione 6/11. Si tratta di una tecnica semplice, progettata per arginare il meccanismo innato di lotta-fuga, che ognuno di noi possiede.
Questa tecnica può essere usata in ottica preventiva, per centrarsi (ad esempio, prima di lasciare l’auto al parcheggio ed entrare nel posto di lavoro) o per calmarsi, quando si è già in uno stato emotivo di alterato (ad esempio, dopo una discussione, vale anche sui social).
Funziona così: fai un respiro profondo, ma lento, con il naso, contando da 1 a 6 e fai una breve pausa prima di espirare lentamente attraverso la bocca, contando da 1 a 11. Ripeti il ciclo 6 o 7 volte.
Questo tipo di respirazione stimola il nervo vago e ha alcuni importanti impatti sul corpo e sulla psiche: l’atto del conteggio calma la mente, mentre la respirazione profonda calma il sistema nervoso, rallenta la frequenza cardiaca e smorza la tensione muscolare.
Stringi amicizia con un collega
Il pensiero comune afferma che sarebbe meglio tenere separati il mondo delle amicizie da quello del luogo di lavoro, anche quando il nostro istinto tenterebbe a creare dei legami più profondi rispetto al normale cameratismo che si può creare in un ufficio.
Del resto, essendo finalizzato a garantirci la sopravvivenza, il nostro istinto ha ragione!
Evolvendoci da primitivi a oggi, abbiamo imparato che vivere in gruppi garantisce maggiori probabilità di sopravvivenza; un tempo, da soli eravamo più vulnerabili ai predatori o alla fame, così abbiamo sviluppato gerarchie e comportamenti sociali alla cui radice c’è il desiderio di appartenenza.
Oltre alla sicurezza, cerchiamo amore, compagnia, rispetto, esperienze condivise e senso di appartenenza; fattori umani intrinseci ancora oggi validi più che mai.
Potremmo non aver più bisogno di difenderci dagli animali selvatici, ma abbiamo ancora bisogno di vivere all’interno di buoni gruppi sociali per il nostro benessere.
Sylvie Sanchez Forsans, psicologa del lavoro, afferma che creare le condizioni perché si sviluppino amicizie sincere sul luogo di lavoro, è un bisogno naturale, che costituisce un presupposto indispensabile per poter svolgere i propri compiti con impegno e dedizione.
Pressione, stress, problemi, manie di successo possono rendere l’ambiente di lavoro un luogo feroce che richiede alleati sinceri, persone dall’atteggiamento pulito e trasparente.
Poter discutere dei propri problemi con qualcuno, anche nella stessa situazione, può essere, infatti, un enorme sollievo dallo stress. Indipendentemente dalla possibilità di trovare soluzioni, questo significa poter allentare la tensione l’uno con l’altro, con qualcuno che comprende te, il lavoro in cui sei coinvolto e l’ambiente, senza bisogno di spiegare caratteristiche o sfumature.
Significa anche aver più possibilità di lasciare il problema sul posto di lavoro e non sentire il bisogno di portarlo a casa e magari rovesciarlo addosso a un partner che potrebbe aver avuto a sua volta una dura giornata, e che non capirebbe le dinamiche in cui siete inseriti.
Costruisci un cuscinetto
Passiamo spesso dal lavoro alla vita di casa senza concederci il tempo di adattarci.
Non ci concediamo di cambiare marcia dal ruolo che rivestiamo in ufficio a quello che rivestiamo in famiglia come madre, padre, compagni, eccetera.
È uno scenario comune per un lavoratore: attraversare la porta di casa e trovarsi con un partner a sua volta stressato, un bimbo scalmanato e la cena da preparare. Il desiderio di girarsi e scappare via non è così raro come potremmo pensare!
E questo non significa essere un “cattivo” genitore, partner, figlio… abbiamo solo bisogno di mettere un po’ di spazio tra lavoro e casa, una zona cuscinetto per prepararci mentalmente al cambiamento di ritmo.
Questo cuscinetto potrebbe essere creato facendo una corsa sulla via di casa, visto che le palestre sono ancora inaccessibili; oppure concedendoci dieci minuti in auto ascoltando musica, una sosta sulla strada per un caffè. Anche l’happy hour dovrebbe avere questa funzione, quando sarà possibile rifarlo.
Così come qualunque cosa di simile possa funzionare per noi: una rapida visita a un museo, fare qualche fotografia, sedersi su una panchina ai giardini
Il metodo antistronzi
Un altro utile strumento da mettere nella valigetta degli attrezzi per la sopravvivenza in un ambiente di lavoro negativo, potrebbe essere la lettura del libro “Il metodo Antistronzi” di Robert I. Sutton, (Edizioni Elliot) testo che, come conferma anche l’autore, deve buona parte del suo successo al titolo poco ortodosso ma che alla lettura si presenta come un volume approfondito che analizza non solo gli svariati tipi di soprusi professionali e organizzativi in modo ironico e dissacrante, per quanto mai superficiale, ma fornisce anche in termini chiari e inequivocabili “tattiche di sopravvivenza” e suggerimenti pratici sia ai dipendenti che ai manager per creare un luogo di lavoro vivibile e produttivo.
Naturalmente, non ci dimentichiamo mai che lavoriamo per vivere e non viviamo per lavorare!
Quindi, godiamoci gli amici, la famiglia, lo sport, gli hobby, il riposo… Sono tutti aspetti fondamentali che ci ricaricano, ci ritemprano, rafforzano la nostra capacità di resilienza nelle difficoltà e, rigenerandoci, permettono di ridimensionare i problemi, vedere nuove prospettive e far emergere nella nostra mente nuove idee, possibilità e soluzioni.
Se l’adattamento a situazioni ostili è, infatti, una delle più straordinarie capacità dell’essere umano, questa spesso si realizza attraverso la possibilità di essere flessibili e aperti al cambiamento, al nuovo, a quell’ignoto che, in quanto tale fa paura, ma che forse potrebbe essere meno spaventoso e faticoso dei demoni che abbiamo imparato a conoscere e che affrontiamo giornalmente.
Provate i suggerimenti e fateci sapere.