Quanto è importante la sharing economy per le finanze dei lavoratori che la utilizzano per offrire beni o servizi? Alcuni sostengono che servizi come Uber, Airbnb, TaskRabbit ed Etsy stanno minando alla base il tradizionale sistema di lavoro e i relativi benefit di natura previdenziale. Altri invece ritengono molto positivi la flessibilità e la comodità per i lavoratori, e anche l’impatto sui costi per i consumatori che questi sistemi procurano. Finora non ci sono stati molti dati a disposizione per capire chi ha ragione: le statistiche ufficiali misurano fenomeni come il lavoro part-time, le percentuali di lavoratori inquadrati come liberi professionisti, o quelle di coloro che lavorano da casa, ma la sharing economy è ancora troppo piccola per avere un effetto misurabile.
Nelle scorse settimane tuttavia è stata pubblicata negli USA una ricerca molto interessante, basata sull’analisi dei conti correnti di oltre 1 milione di clienti della banca JPMorgan Chase nel periodo che va dall’inizio del 2012 al settembre 2015. L’analisi mostra che in media l’1% dei correntisti ogni mese guadagna qualcosa da un servizio della sharing economy. Di questo 1% circa un quinto (21%) ha ottenuto redditi da servizi basati sulla condivisione del proprio lavoro (come Uber o TaskRabbit), circa quattro quinti (il 78%) ha guadagnato dalla condivisione di strumenti di capitale (come avviene ad esempio con Airbnb), mentre un gruppo molto piccolo (2%) ha guadagnato in entrambi i modi.
Un altro fenomeno molto interessante è l’evoluzione di questa percentuale di lavoratori della sharing economy: se è vero che sono l’1% del totale medio mensile, in realtà nel 2012 essi erano pochissimi, ma sommando tutti i partecipanti nell’arco dei tre anni si arriva al 4% dei correntisti: il tasso di partecipazione mensile è cresciuto di 10 volte in questo lasso di tempo, ed estrapolando il valore dell’1% e applicandolo all’intera popolazione USA si ottiene una quota di 2,5 milioni di statunitensi che mensilmente ricavano qualcosa da questi servizi.
L’uso di queste piattaforme è però sporadico: dopo la prima partecipazione (e il primo pagamento depositato sul conto), solo il 56% dei correntisti ha guadagnato ancora in altri mesi dalla piattaforma prescelta nel caso di una lavorativa, e solo il 32% in quello delle piattaforme “di capitale”. La stragrande maggioranza dei lavoratori guadagna da una sola piattaforma, ma il 14% ne usa due o più nel caso del lavoro (solo l’1% nel caso del capitale).
Un vero lavoro?
Le piattaforme della sharing economy costituiscono una fonte di reddito secondaria, e i partecipanti non hanno aumentato la loro dipendenza da questi redditi nel corso del tempo.
I ricavi medi mensili sono infatti pari a 533 dollari (pari a circa il 33% del reddito mensile complessivo) per i servizi legati alla condivisione del lavoro e 314 dollari (20% del reddito mensile) per quelli legati alla condivisione di capitale. L’importanza di questi flussi di reddito è rimasta stabile nel corso del tempo, ed è comunque un’importanza relativa: solo il 25% di chi condivide il proprio lavoro su una piattaforma della sharing economy dipende da questi sistemi per più del 75% del suo reddito; questa percentuale scende al 17% per chi condivide strumenti, beni o mezzi.
Nel caso delle piattaforme di condivisione di lavoro, infine, questi ricavi sembrano essere soprattutto un utile strumento per sopperire a cali dei redditi di altra natura, mentre in quello delle altre piattaforme sono perlopiù uno strumento per generare qualche ricavo aggiuntivo alla fine del mese.
Queste informazioni consentono quindi di analizzare l’impatto della sharing economy sotto una nuova luce, in modo più completo. Nel mercato USA, uno dei più avanzati se non il più avanzato in questo campo, i sistemi di sharing economy per chi offre beni o servizi sembrano essere non marginali, ma neppure fondamentali per sopravvivere: essi sono più che altro complementari ad altre fonti di guadagno.
Ma sono sempre più utili, grazie alla loro facilità di accesso e versatilità, per chi vuole ridurre la volatilità dei propri redditi.