Neanche i segnali di ripresa della nostra economia, confortati anche dalla scarna percentuale di crescita prevista per quest’anno (+1%) sollevano il Belpaese da un’aura di mediocrità. La percentuale è risibile, ma dobbiamo sempre ricordarci da dove veniamo. Da parte sua, L’Osservatorio congiunturale dell’Associazione Italiana degli Economisti d’Impresa, corroborato dai dati Istat e dal Centro Studi di Confindustria, annuncia che le previsioni economiche per l’Italia nel 2017 hanno finalmente virato verso un segnale positivo, sempre se il misero 1% può realmente farci meritare un’idea di crescita.
La realtà è che l’Italia è il fanalino di coda dell’Europa. Siamo, in sostanza, il paese europeo che cresce meno di tutti gli altri, comprese quelle nazioni che, come noi e forse anche più di noi, hanno attraversato momenti davvero terribili. Il nostro problema principale si chiama instabilità politica, che non permette di ipotizzare un solido e credibile futuro della nostra economia, ancora eccessivamente compromessa dal debito pubblico (circa il 130%) e dalla faticosa rincorsa verso livelli di occupazione accettabili, comunque in miglioramento. Ma sono questi i parametri che contano in Europa, e noi, evidentemente, contiamo poco.