Qual è lo stato del lavoro, oggi, in Italia?

stato del lavoro in italia
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Oggi si celebra la Festa del Lavoro e noi di Rental Blog vogliamo farlo fermandoci un attimo a riflettere insieme a voi lettori.

Da diverse settimane, sulle pagine di questo portale, stiamo trattando il tema del lavoro e le sue implicazioni nel nostro mercato di riferimento.

Un tema più che mai attuale per il noleggio, protagonista nel post-pandemia di una crescita frenata solamente dalle effettive possibilità delle singole aziende di far fronte, anche per mancanza di personale, all’incremento esponenziale della domanda proveniente dal mercato.

Un problema ancora più gravoso se pensiamo che a mancare sono soprattutto le figure tecniche, fondamentali alle aziende di noleggio per essere in grado di fornire una risposta all’altezza di questo mercato in continua evoluzione, sia in termini di volumi che di qualità del servizio offerto.

Ospitando figure di spicco come Paolo Peretti (Direttore del Centro di Formazione e Ricerca Merlo) e Ilaria Nembro (Brand and Communication Manager del Gruppo Tesya), abbiamo approfondito le cause di questa preoccupante mancanza e alcune delle soluzioni concrete che le aziende possono applicare per porre rimedio al problema. E – ve lo anticipiamo – non saranno gli ultimi a riflettere sul tema.

Approfittando dell’importante ricorrenza che è il primo maggio, vogliamo ampliare ulteriormente il discorso riflettendo più in generale sullo stato del mercato del lavoro, per cercare di capire che significati può assumere oggi la festa dei lavoratori in Italia.

Il mercato del lavoro in Italia, alcuni dati incoraggianti…

Partiamo da alcuni dati incoraggianti: secondo le ultime ricerche Istat, nel corso del 2022 la media annua degli occupati è aumentata di 545 mila unità, facendo segnare una crescita del +2,4 per cento che ha finalmente riportato il tasso di occupazione degli italiani ai livelli del periodo pre-pandemia (60,1%).

Contestualmente, si è registrata anche una robusta diminuzione dei disoccupati, scesi di 339 mila unità (-14,3%), che ha portato il tasso di disoccupazione all’8,1 per cento.

Come sappiamo, però, i tassi di occupazione e disoccupazione non raccontano tutta la storia. Al netto dei miglioramenti, infatti, permangono ancora molti dei problemi patologici che caratterizzano il nostro mercato del lavoro rispetto a quello dei Paesi europei più avanzati.

…oscurati dallo scenario d’insieme

A partire dalla totale mancanza di un salario minimo stabilito per legge che garantisca un tenore di vita dignitoso a ogni lavoratore.

Mentre molti Paesi aumentano le proprie quote di retribuzione minimamorti sul lavoro garantita per far fronte al recente aumento dei costi della vita, l’Italia, a dispetto delle direttive UE, rimane uno dei pochi Paesi dell’Unione a essere sprovvisti di una qualsiasi normativa in merito (insieme solamente a Svezia, Finlandia, Danimarca e Austria), e nessun cambiamento sembra al momento in vista.

Per non parlare delle morti bianche: nel corso del 2021, ogni giorno, più di tre persone sono morte mediamente ogni giorno nello svolgimento del proprio lavoro. Un dato a dir poco preoccupante, che dovrebbe imporre al nostro Paese più di una riflessione concreta sul tema della sicurezza sul lavoro. Un tema che, tra l’altro, tocca da vicino i noleggiatori.

Anche i dati sul lavoro sommerso rimangono preoccupanti. A oggi, secondo le ultime stime, quasi 3 milioni di persone lavorano in nero.

Un dato che inevitabilmente influisce anche su un altro degli aspetti storicamente critici per il mercato del lavoro in Italia, ossia la tassazione. Nel 2022, infatti, la pressione fiscale reale (calcolata, cioè, al netto del sommerso) ha raggiunto un picco del 49 per cento, il dato più alto rispetto a tutti gli altri Paesi europei.

In busta paga, un lavoratore dipendente percepisce solo un terzo del valore complessivo erogato. Il resto viene risucchiato dalle tasse, trattenute alla fonte in modo uguale al dipendente e all’azienda.

Capiamoci, la tassazione di per sé non è un male, anzi: è necessaria, dato che permette allo Stato di garantire ai cittadini i servizi pubblici essenziali previsti dalla Costituzione (anche se, nel nostro Paese, cercare di capire quanti e quali servizi andrebbero effettivamente affidati all’ambito pubblico rimane comunque un tema).

Il livello di tasse pagato dai contribuenti italiani, però, non trova di certo un adeguato riscontro nella qualità dei servizi erogati. Basti pensare allo stato del servizio sanitario italiano, le cui enormi lacune erano più che evidenti già ben prima del Covid.

Come stanno cambiando i lavoratori (e quali sono le conseguenze)

Lo stesso, purtroppo, si può tranquillamente dire anche dell’istruzione, e gli effetti in questo caso si vedono ampiamente anche sul mondo del lavoro.

Ad esempio, se in mercati come il noleggio c’è una grande mancanza di figure tecniche specializzate, è perché negli ultimi decenni gli indirizzi scolastici adibiti alla formazione di questi professionisti hanno visto il livello della formazione fornita abbassarsi al punto da renderli la scelta di chi non ha voglia di studiare e impegnarsi, come evidenziato da una ricerca condotta in merito dal Gruppo Tesya.

Ed è difficile immaginare che una dinamica di questo tipo non abbia colpito anche il sistema scolastico italiano nel suo insieme.

E se consideriamo che la stragrande maggioranza degli studenti arriva comunque dall’istruzione pubblica (purtroppo un’istruzione di qualità è ancora un privilegio per pochi), possiamo ipotizzare che lo scarso livello di preparazione dei “nuovi arrivati” sul mercato del lavoro potrebbe spingere sempre di più le aziende a prendersi carico della formazione dei nuovi dipendenti, quantomeno in relazione agli aspetti operativi più pertinenti alle mansioni che andranno a ricoprire.

Per concludere, non vanno ignorati anche i cambiamenti che hanno coinvolto la forza lavoro a seguito dei forti scossoni inflitti dalla pandemia. Com’è ormai risaputo, i lockdown hanno obbligato le aziende a confrontarsi con il tema dello smart-working e con le forti richieste da parte dei lavoratori di una maggiore flessibilità e di un più sano equilibrio tra lavoro e vita privata.

Richieste che hanno portato negli ultimi anni al fenomeno delle dimissioni di massa, che ha visto sempre più lavoratori disposti ad abbandonare la sicurezza del posto acquisito per cercare migliori condizioni di retribuzione e di benessere personale.

Un altro fattore che, in definitiva, andrà a influire ancora di più sulla complessità e l’incertezza che caratterizza oggi il mercato del lavoro in Italia.

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Tag dell'articolo: dati e analisi

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