Nelle scorse settimane Hertz, la seconda più grande azienda di autonoleggio negli Stati Uniti, ha citato in giudizio la società di consulenza Accenture per 32 milioni di dollari.
La causa in questione verte sulla riprogettazione del sito web del gruppo: secondo Hertz il progetto ha subito moltissimi ritardi e problemi, e non sono state soddisfatte le sue richieste.
La causa afferma che all’inizio del 2016 Hertz ha avviato un ambizioso progetto per trasformare la sua identità digitale. Non avendo le competenze e le risorse interne per realizzare questa complessa iniziativa, Hertz ha scelto Accenture tra un elenco di potenziali candidati per progettare, costruire, testare e implementare il nuovo sito web e le App ad esso connesse.
Come riportato dal sito The Register, il sito web rinnovato doveva andare online a Dicembre 2017, ma la scadenza era stata posticipata a Gennaio 2018 e poi riportata di nuovo ad Aprile 2018, scadenza che anch’essa non è stata rispettata. A Maggio dell’anno scorso Hertz ha quindi rescisso il contratto, ritenendo che Accenture non fosse più in grado di completare il progetto, e successivamente ha richiesto il rimborso delle somme versate e i danni per i costi sostenuti per rifare, di fatto, il lavoro.
Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, tra le varie rimostranze di Hertz (che verranno a questo punto verificate in tribunale) ci sono:
- l’impossibilità di adattare il sito web proposto a dispositivi diversi;
- la mancanza di codice e parti di siti che potessero essere facilmente adattate e riutilizzate sia a livello geografico che a livello di marchi del gruppo (non solo Hertz ma anche Dollar e Thrifty);
- problemi e vulnerabilità di sicurezza nelle parti del sito dedicate all’eCommerce;
- carenze nelle fasi di testing del software sviluppato.
Accenture da parte sua si difende sostenendo che le accuse mosse da Hertz sono prive di fondamento, e quindi la questione è destinata a essere decisa da giudici e avvocati.
I problemi dell’innovazione
Premesso che, come detto, ora saranno i tribunali a stabilire chi tra Hertz e Accenture ha ragione in questo caso, la situazione si presta a diverse interpretazioni e considerazioni.
La prima, forse più scontata, è la critica alle grandi società di consulenza (americane ma non solo), capaci di presentare progetti faraonici di innovazione digitale che alla fine si riducono a pochi strumenti, non sempre innovativi (nonostante i proclami), e troppo costosi per le reali funzioni e vantaggi procurati al cliente.
Ma questa visione forse è un po’ superficiale.
Questo caso infatti a me fa più che altro pensare alla difficoltà che le aziende (che, è bene ricordare, sono fatte di persone) hanno nell’affrontare l’innovazione, specie se complessa, anche quando quest’ultima ha caratteri non particolarmente disruptive , come nel caso della revisione di siti e piattaforme di eCommerce multicanale.
Come probabilmente accade spesso in questi casi, il management dell’azienda ha avuto bisogno di una guida, di una serie di elementi che consentissero di affrontare questo complicato progetto digitale, e per trovarla ha fatto leva sulla notorietà e competenza che il mercato riconosce ad Accenture.
Hertz ha quindi scelto una delle Big della consulenza globale non solo ipotizzando che essa disponesse di tutte le risorse e competenze per realizzare il progetto, ma anche perché in genere la scelta di questi nomi porta con sé una certa aura di credibilità, tale per cui chi gestisce il progetto non può essere accusato di nulla, avendo scelto “il meglio” che c’è sul mercato.
Per poter affrontare un progetto di innovazione coma la revisione di una piattaforma online multicanale e multibrand occorre trovare un partner, più che un fornitore, che ci ispiri fiducia. Forse in questo caso la fiducia (che si sviluppa nel tempo, magari su progetti via via più complessi) è stata sostituita dal marchio del fornitore, senza verificare la reale competenza nell’ambito dell’innovazione in questione.