Il Cresme ha rivisto le sue stime sull’impatto dei piani casa delle regioni:
Lavori per 62,6 miliardi di euro nella migliore delle ipotesi. Oppure 31,3 miliardi, secondo lo scenario alternativo. Il Cresme rifà i conti sull’impatto economico del piano casa e perfeziona le prime stime diffuse in primavera – nell’ordine dei 60 miliardi – quando è stata siglata l’intesa Stato-Regioni. La vera novità, però, è il conteggio sulla ripartizione temporale degli investimenti effettuati dalle famiglie per ingrandire le proprie abitazioni: il 10% degli importi sarà impiegato nel 2010, e il resto negli anni a segure: 20% nel 2011, 25% nel 2012, 30% nel 2013 e 15% nel 2014. Il calcolo, quindi, è semplice: nel 2010 saranno in gioco da 3 a 6 miliardi.
Il Cresme ha quindi rivisto le sue stime, applicando parametri che forse si potevano già utilizzare, con un po’ di buonsenso, alcuni mesi fa: non basta cioè considerare il potenziale di case disponibili a cui applicare il piano casa, ma occorre tenere presente che ogni regione lo ha interpretato a modo suo, e soprattutto che non è detto che le famiglie abbiano i soldi a disposizione per fare le modifiche. Alcuni precedenti non ci fanno dormire sonni tranquilli, almeno per ora, ma speriamo bene: dal 2010 in poi lo scenario potrebbe essere migliore anche per le famiglie.
(Nota a margine: ancora non si è capito, e chissà se mai ci riusciremo, se questi piani casa potranno essere dei condoni travestiti, ossia non generare nuovi lavori, essendo utilizzati per coprirne altri già realizzati).
Tutto sommato, l’allungamento dei tempi è una buona notizia, anche se ovviamente sarebbe stato accolto in modo più positivo dagli operatori un impatto più forte fin dal 2009. E’ una buona notizia perché, se le stime del Cresme sono corrette, porterà a una crescita più equilibrata nei prossimi 4-5 anni. Al di là delle considerazioni generali sul settore edilizio (abbiamo già visto fin troppe bolle speculative in questi anni), una crescita equilibrata farebbe bene anche al noleggio. Meno noleggi “speculativi” a breve e brevissimo termine (solo per tappare i buchi temporanei o sostituire una macchina guasta), e più noleggi a medio-lungo, derivanti dal fatto che ci sono più lavori da svolgere negli anni.
A patto che il settore edile si sappia organizzare, e che i noleggiatori sappiano vendere il noleggio a lungo termine come alternativa credibile all’acquisto dei mezzi.