L’ANCE ha chiesto una semplificazione burocratica per far partire davvero il Piano Casa (che io da mesi ormai chiamo al plurale “i Piani Casa”, dato che ogni Regione ha il suo):
Perché il piano casa decolli per Buzzetti “è necessario un provvedimento di semplificazione amministrativa. C’era allo studio un ottimo provvedimento, che poi si è fermato sul problema dell’antisismico, delle regioni. Invece quello dovrebbe essere adottato. E’ prerogativa dello Stato, quindi il governo facesse il decreto, che puo’ produrre un grande vantaggio di semplificazione, rendendo davvero le cose piu’ semplici”. Inoltre secondo Buzzetti e’ necessario “un grande progetto di riqualificazione delle città”. Uno studio realizzato dall’Ance (…) sostiene che il piano casa potrebbe avere effetti, in termini di investimenti attivabili, per circa 29,4 miliardi di euro tra il 2010 e il 2014.
Benvenuti nel mondo della devolution.
Il federalismo, introdotto con riferimento a molti temi, ha un impatto anche sui Piani Casa. Come su molti altri temi, anche su questo decidono le Regioni, e poi i Comuni. Ed è giusto, dato che ci sono poche cose “locali” come i volumi delle abitazioni.
Vorrei però approfondire questo tema, e fare un paragone tra i Piani Casa e un’altra legge che ha delegato molte responsabilità a livello locale: il Decreto Bersani sul commercio, l’ultima riforma importante del nostro paese su questo tema.
Il Decreto Bersani stabilisce, tra le altre cose, che sono le regioni a normare certi ambiti del commercio (ad esempio, gli orari di apertura dei negozi, le autorizzazioni alle aperture di nuove grandi strutture), nei limiti di alcuni paletti, come la necessità di non limitare la concorrenza, oppure la sussidiarietà degli interventi, ossia il fatto che anche le Regioni devono lasciare che certe cose siano decise dai Comuni. Questo ha fatto sì che ci sia stato, a macchia di leopardo, uno sviluppo dei centri commerciali e dei grandi negozi molto diverso da regione a regione, e anche all’interno delle regioni stesse. Questo perché in alcuni casi i comuni, di fronte alla prospettiva di incassare i cosiddetti “oneri di urbanizzazione”, più le tasse locali e l’effetto positivo sull’occupazione, hanno acconsentito alla creazione di centri commerciali o negozi di grandi dimensioni sul proprio territorio. Questo è ancora più vero per i comuni dotati di pochi negozi di piccole dimensioni, che sono quelli che più soffrono in caso di apertura di un ipermercato e quindi cercano di ostacolarla.
Quali sono vantaggi e svantaggi per le amministrazioni locali con i Piani Casa?
In questo caso, a fronte di pochi o nessun guadagno (non esiste più l’ICI, e i lavori di ampliamento sono solo temporanei), possono crearsi problemi: la cementificazione del territorio, innanzitutto, ma anche il fatto che, per una famiglia felice di ampliare la propria villetta, ad esempio, ce ne può essere una arrabbiata perché vede ridursi il panorama fruibile da quella di fianco. E mentre, nel caso del commercio, un comune che autorizzava una grande apertura “soffiava” posti di lavoro e tasse ai comuni limitrofi, per i Piani Casa non c’è una competizione di questo tipo.
Non mi stupisce quindi che questo provvedimento non sia accolto a braccia aperte a livello locale. Senza contare la burocrazia e la lentezza delle amministrazioni (anche quelle favorevoli) a legiferare sul tema…