Noleggio e ricambio generazionale, si può fare

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Una delle problematiche più evidenti del noleggio italiano è il tema del ricambio generazionale.

Manager e imprenditori stanno invecchiando, sia anagraficamente sia nell’esercizio del proprio ruolo. Questo aspetto riguarda tanto le aziende quanto le istituzioni.

L’invecchiamento della classe dirigente si evidenzia nei tempi di passaggio delle deleghe e delle responsabilità ed è una contraddizione in termini del concetto stesso di noleggio.

Si potrebbe dire, infatti, che molti vecchi imprenditori e manager sono pessimi testimoni della loro attività e della bravura con cui l’hanno gestita negli anni.

Ma andiamo con ordine.

Macchine nuove

Il noleggio moderno si basa sulla portata innovativa delle soluzioni a disposizione della clientela. Non solo macchine da affittare, ma un insieme di risposte professionali in continua evoluzione.

Tuttavia, le macchine e le attrezzature continuano a rappresentare il perno centrale dell’attività di molti noleggiatori. E ci mancherebbe che non fosse così, dato che anche loro si rinnovano continuamente e offrono sempre nuove soluzioni.

Il parco mezzi del noleggio italiano è il più vecchio del continente. Tutti siamo finalmente concordi che si deve procedere a una più rapida e pianificata rotazione.

L’avvento delle grandi multinazionali straniere e la crescita strutturata dei leader di casa nostra favorirà questo approccio.

Per un noleggiatore, disporre di macchine giovani è un vantaggio competitivo su molti fronti: operativo, tecnologico, economico.

Tra l’altro, avere una flotta anziana non contribuisce a diffondere il noleggio come esperienza positiva o scelta strategica.

Penso che questo concetto sia ormai chiaro anche ai benzinai che espongono delle piattaforme aeree col cartello “noleggiami” convinti dianzianità essere diventati noleggiatori.

Si coglie la contraddizione a cui facevo cenno?

Manager vecchi

Se ancora non la cogliete, cercherò di essere più esplicito.

Mi capita spesso di incontrare manager e imprenditori oggettivamente anziani, che mi raccontano con orgoglio di aver dimezzato l’età media del proprio parco macchine, sottolineando il grande contributo di efficienza e innovazione.

Qui però sta l’aspetto buffo.

Mi chiedo: e tu? Non pensi che anche per te sia giunto il momento di lasciare spazio a qualche manager più giovane?

Non ti sto dicendo di andare a guardare i cantieri – dove potresti comunque portare un enorme contributo in termini di esperienza.

Potresti cominciare ad affiancarti a lui per qualche tempo, senza essere invasivo, dandogli la possibilità di sperimentare le sue idee e anche di sbagliare qualcosa all’inizio.

Dovessi restare nella metafora dei mezzi, chiederei più esplicitamente a questi guru di una certa età quanto pensano sia l’attuale valore residuo della propria permanenza nel ruolo di dirigente.

Esperienza vs nuove competenze

Mi si potrebbe far notare che il contributo di esperienza e di vissuto nel mestiere giustifica di per sé la conduzione a oltranza di un’azienda di noleggio.

Annotazione corretta, che però condivido solo in parte, perché chiuderebbe qui il tema senza lasciare spiragli a un’analisi critica sulle alternative possibili.

Certo, una parte del noleggio la si impara sul campo e occorre tanto tempo. Ma che il noleggio non sia più quello di una volta lo sanno ormai anche i muri.

E per gli aspetti innovativi c’è oggettivamente bisogno di menti fresche e di una grammatica di base diversa. Servono nuove leve.

Come sappiamo, la frase “abbiamo sempre fatto così” racchiude un concetto killer che prima o poi presenterà il conto.

Continuare a pensare che non ci siano alternative possibili mi pare piuttosto una scusa per rimanere aggrappati con le unghie alla propria poltrona.

Che poi è quello che detestiamo della nostra insipiente classe politica, incapace di fare dell’Italia un paese moderno e rispettato.

Quindi no, identificarsi a tal punto nel proprio lavoro da non saper mollare, non ha senso.

multitasking

Che si fa?

I temi da affrontare sono diversi e sono tutti delicati. E non si vedono all’orizzonte risposte di sistema.

Il diffuso desiderio di essere acquistati da qualche big e togliersi così il problema non è la soluzione.

Anche perché i grandi player hanno imparato a comprare con attenzione, guardando al valore prodotto e non ai lifting di bilancio, come si è visto nella recente acquisizione di Aerotecnica da parte di Kiloutou.

Quali sono, perciò, le tante sfaccettature di cui è necessario essere consapevoli?

Il primo riguarda l’età anagrafica in sé.

Ho molto rispetto per alcuni imprenditori anziani di questo settore, trovo il loro approccio ancora geniale, come lo fu agli inizi.

Una questione di passione e accumulo di esperienza sul campo.

Ma di fronte ad aspetti cruciali e di enorme portata come, ad esempio, le ricadute della digitalizzazione e l’ecosostenibilità, li vedo alquanto impreparati e goffi (e mi ci metto dentro anch’io, ovviamente).

Oggi il mix di tecnologia e nuovi processi rende tutto molto veloce, cambiando rapidamente i paradigmi su cui il noleggio poteva funzionare dieci o quindici anni fa.

E se sei anziano, questa velocità non ce l’hai più.

La permanenza nel ruolo

Un secondo problema riguarda l’anzianità di permanenza nel ruolo.

Oltre un certo limite fisiologicamente accettabile, trovo sia un po’ patologico che alcune figure apicali di aziende nemmeno tanto piccole siano ancora al loro posto dopo diverse decadi.  

Oggettivamente, sono cambiate molte cose nell’idea di noleggio in questi ultimi anni e non credo sia sano continuare a prendere le decisioni come se fosse ancora il 1999.

Inoltre, trovo un segno di debolezza il continuo riproporsi delle medesime figure chiamate a ricoprire le cariche istituzionali all’interno delle associazioni.

Non voglio essere frainteso: ho molto rispetto per le persone che ricoprono queste cariche. Tranne qualche caso, sono figure consistenti e in grado di incarnare e trasmettere competenza e carisma.

Ma che senso ha rinnovare cinque o sei volte di seguito gli stessi board che invece dovrebbero durare non più di due anni o al massimo una riconferma?

Davvero non c’è nessuno dietro di loro a cui ci si può affidare?

Il mercato ha bisogno di figure di riferimento, ma che non siano sempre le stesse.

Aprire la porta a nuovi elementi, magari estranei alla solita compagnia di giro, crea certamente qualche difficoltà nelle dinamiche di gestione, ma questo succede sempre quando ci sono più idee in campo e, spesso, è un valore aggiunto.

Altrimenti rimane il dubbio che c’è qualche punta di ego da soddisfare o che si diventa insostituibili per ragioni di mantenimento top down dello status quo.ricambio generazionale giovani

Mettersi in gioco

Come accennavo all’inizio e per eliminare ogni dietrologia e retropensiero, il tema riguarda anche me e la mia struttura.

Sto vivendo in primis sulla mia persona queste riflessioni, questi interrogativi, cercando ogni giorno le risposte.

Non parlo dal pulpito di Savonarola, ma sto cercando anch’io di capire come si affronta questo tema delicatissimo, controllando i comportamenti reattivi che mi porterebbero a chiudermi a riccio, a non riconoscere che il problema c’è e a trovare scuse per rimandare la soluzione.

Un paio d’anni fa ho vissuto da vicino il travaglio di un manager costretto dai limiti di età a trovare un sostituto per poi lasciare.

Vi assicuro che, per le dinamiche personali e organizzative in gioco, non è stata una passeggiata né per lui né per l’azienda.

Più recentemente, ho invece avuto conferma di quanti passi abbia fatto un imprenditore – che in molti identificano da sempre con la sua imponente realtà – per costruirsi intorno una nuova classe dirigente a cui lasciare gradualmente in mano tutto quanto.

Infine, la scorsa settimana ho incontrato un piccolo imprenditore che si è posto il problema e che sta mettendo mano ad azioni concrete, con molta consapevolezza e umiltà. È stato un incontro al contempo commovente e stimolante.

Mi sono appassionato a questo tema e a come viene affrontato. Sicuramente racconterò più nel dettaglio questi esempi virtuosi man mano che li verrò a conoscere.

Uscire di scena non è facile

La prima cosa che occorre imparare ad accettare, immediatamente dopo quella di non considerarsi indispensabile (e non solo a parole) è che chi verrà dopo di te non farà le cose come le faresti tu.

Ma anziché considerarla una fonte di ansia, bisogna pensare a questo come a un valore.

Il distacco può essere vigile e graduale, è fatto di nodi da sciogliere e riannodare, non certo da tranciare traumaticamente.

O si agisce per rendere questo passaggio un’esperienza positiva per tutti, o si finisce per fare terra bruciata solo perché così sarà l’unico modo per essere ricordati e rimpianti.

Fino a prova contraria, perché l’atteggiamento “muoia Sansone con tutti i Filistei” è senza dubbio una sconfitta personale, aziendale e di sistema.

Guardando a come sto affrontando la questione, riconosco di aver sbagliato l’approccio e la scelta dei soggetti in un paio di occasioni.

Affascinato dalla modernità a tutti i costi non mi sono reso conto che, per la mia attività e per il mercato che ho deciso di servire, un eccesso di modernità è decisamente prematuro.

Ma loro mi hanno aperto gli occhi sulla necessità di una diversa attitudine, rendendo evidenti le cose che non saprei fare da solo o con i miei collaboratori storici.

Quindi, anche se le nostre strade si sono separate, non smetterò mai di ringraziarli.

Ho scommesso su alcune persone molto giovani, sul loro slancio e sulle loro competenze digitali più attinenti al settore.

Li ho coinvolti, sia internamente che in occasione della scelta dei partner specialistici esterni. Sono giovani, anagraficamente e nell’esercizio del ruolo.

E qui ho trovato le sorprese positive che stavo cercando. Ho trovato disponibilità e dedizione.

Quindi, una certezza si sta facendo strada dentro di me è che saranno loro, in un modo o nell’altro, a portare avanti il mio lavoro. Con il loro stile, con le loro competenze e con i loro tempi.

Per me è una bella notizia.

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