Abbiamo dovuto aspettare fino al 2014, ma alla fine il fatturato generato dai servizi di streaming di musica online hanno superato le vendite di CD. Secondo la RIAA (Recording Industry Association of America), i ricavi dei servizi come Pandora, Spotify e, sul fronte video, Vevo e YouTube hanno raggiunto quota 1,87 miliardi di dollari nel 2014. Le vendite di CD, invece, sono arrivate a 1,85 miliardi.
Anche se alcune superstar come Taylor Swift non amano la musica in streaming, e a dir la verità anche Spotify e soci non è che guadagnino cifre da record, lo streaming, ossia il “noleggio” di musica, sempre a disposizione sul proprio PC o tablet o smartphone, cresce rapidamente, e sta diventando (almeno negli USA e in altri paesi) il modo più popolare di ascoltarla.
E i mercati come quello americano contano, in questo settore, perché in genere anticipano quello che succede nel resto del mondo.
Sono sempre meno i fan che aspettano con ansia l’uscita dell’ultimo album o l’ultimo singolo di questo o quell’artista, per comprarlo in edizione fisica o digitale.
L’ascolto tramite sistemi di streaming è stato infatti l’unico canale che ha visto una crescita significativa l’anno scorso (se escludono i vinili, che però partono da una base ridottissima). Lo streaming negli USA è infatti cresciuto del 29%, mentre i download digitali sono scesi dell’8,7%, e le venite su supporto fisico del 7,1%.
Lo streaming sembra quindi un mercato molto più dinamico anche di quello dell’acquisto digitale. Non sembra quindi meramente una questione di supporto “virtuale” (altrimenti anche l’acquisto di download digitali salirebbe in qualche modo), ma proprio di comodità di fruizione di interi cataloghi di musica da avere sempre con sé, aggiornati e in alcuni casi curati da specialisti del settore.
Vedremo nei prossimi mesi e anni se si è trattato solo di una moda passeggera, o di un cambio radicale di modalità di fruizione della musica.