L’inutile e il dilettevole nell’arte di comunicare il noleggio

Da molti anni (sono ormai più di dieci) studio con interesse le dinamiche della comunicazione applicate al settore del noleggio. Nei numerosi scambi di opinione con allievi in aula e nell’interattività di alcuni workshop che ho avuto il privilegio di gestire, ho spesso modificato il mio pensiero circa i contenuti, gli strumenti e le modalità che possono generare una maggiore efficacia.

Posto che l’obiettivo, anzi il significato, di qualsiasi forma di comunicazione sta nella qualità di risposta che si riesce a ottenere (rispetto a ciò che si desiderava stimolare), per circoscrivere l’ambito puntualizzo che qui stiamo dissertando su ciò che può generare interesse duraturo e concreto nell’utilizzo a noleggio di qualsiasi cosa venga offerta in modo professionale.

Per comunicare abbiamo a disposizione contenuti, metodologie e strumenti, appunto: nell’assistere un paio di studenti che avevano scelto di lavorare su tesi che avevano a che fare col noleggio, ho cercato di stimolare le loro analisi sia nell’uno che nell’altro che nel terzo aspetto. Abbiamo passato in rassegna numerosi siti Internet di società di noleggio italiane e straniere. Abbiamo analizzato il loro posizionamento di brand, gli strumenti usati per far conoscere i loro servizi, la loro organizzazione e cercato di capire a chi si rivolgevano. Abbiamo cercato di applicare sistemi di benchmarking o balance scorecard; a volte abbiamo esplicitamente chiesto loro quali siano le logiche di comunicazione adottate (sempre contenuti, metodiche e strumenti) rispetto ai processi di marketing all’interno dell’azienda.

Alla fine, mi sono fatto l’idea che in Italia, parlo sempre di questo universo composito e sfuggente, si stia procedendo in maniera confusa, senza cioè un reale progetto comunicativo collegato a obiettivi di crescita, scegliendo tra quel che c’è, e spesso scegliendo male.

Risorse sprecate

Le aziende che non credono nei propri servizi di noleggio, e che quindi non dovrebbero comunicare, lo fanno. Per lo più spargendo annunci qua e là e spesso sbagliando clamorosamente mira (mi chiedo, infatti: che senso ha spendere soldi per comunicare che esisto su un organo di informazione che al massimo raggiunge a malapena i miei concorrenti?).

Le aziende che ci credono, spesso non comunicano: forse danno per scontato di essere visibili per decreto divino o forse utilizzano strumenti più raffinati per raggiungere i loro target.

Inoltre, molti scambiano le attività di relazione pubblica (marketing relazionale) con la semplice pubblicità. Altri vogliono fare direct marketing, ma non hanno mai dato importanza alla costruzione e alla manutenzione di un efficace database (ammesso che sappiano come suscitare domande efficaci).

Nel frattempo sono nati anche numerosi portali: qualcuno ha avuto l’intuizione di registrare un dominio e mette online una scatola vuota, semplicemente aspettandosi che si riempia di annunci a pagamento. Spesso anche saccheggiando contenuti dal nostro blog o da altri blog della specie. Spesso a tempo perso…

Vogliamo mettere un po’ di ordine?

Tag dell'articolo: Comunicazione, sviluppo e strategie

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