Da qualche tempo vado a camminare. Per una mezz’oretta, tutti i giorni, vago senza una meta fissa per le piste ciclabili che attraversano diligentemente il mio paese da una parte all’altra. Durante il mio peregrinare incontro quotidianamente un largo numero di persone che come me camminano o che, più sportivi, corrono, qualcuno va in bici, ma ho capito da subito che i ciclisti sono un po’ una razza a parte.
Una cosa che mi ha colpito, sin dalla prima uscita, è che a prescindere dall’età e dalla velocità, i pedoni si salutano sempre. E così ho iniziato a collezionare un gran numero di buongiorno (o buonasera nel caso di passeggiata post lavorativa). Il primo mi ha colta di sprovvista, lo ammetto. Mi sono scervellata per oltre una decina di minuti per caprie se quel gentile signore ultra sessantenne che mi aveva appena superata correndo di buona lena non fosse un amico dei miei genitori o un cliente del negozio dove lavoravo anni fa. No, non mi ricordavo proprio. E poi arriva senza preavviso anche il secondo buongiorno, questa volta da un gruppo di signore con le bacchette da camminata nordica. Ho risposto ancora un po’ perplessa, ma con una vaga sensazione di piacere. AL terzo ormai sorridevo, anzi, mi sono sorpresa a essere io la prima a salutare lo sconosciuto davanti a me. La cosa si ripete quotidianamente da quel giorno. Alcune facce sono ormai note, altre nuove, malgrado io non conosca i loro nomi, conosco bene le loro abitudini sulla pista ciclabile e ormai ci salutiamo quasi fossimo vecchi amici.
A ben vedere, il buongiorno è una di quelle piccole regole della buona educazione che i nostri genitori cercano di inculcarci sin dall’infanzia (e altrettanto di norma facciamo noi con i nostri figli) ma, obiettivamente, quante volte davvero salutiamo, ringraziamo, chiediamo per favore?
Se penso a quando sono al bar, la mattina, sono pochi i clienti che si rivolgono con gentilezza al personale e lo stesso accade in negozi, centri commerciali, ristoranti, caselli autostradali e in qualsivoglia attività. Va bene la crisi, la disoccupazione, i problemi personali, oltre a quelli lavorativi, che spesso creano un substrato di frustrazione generale che spinge, forse, a essere un po’ meno educati o gentili con chi deve fornirci un bene o un servizio, ma c’è da notare che la stessa frustrazione a cascata si riverserà su altri individui e che, molto probabilmente, data la teoria dei sei gradi di separazione ci tornerà indietro sottoforma di cliente/dipendente insoddisfatto e ineducato. Tutto questo, nostro malgrado, creerà un circolo vizioso destinato ad autoalimentarsi giorno dopo giorno, incrementando lo stress e l’insoddisfazione generale.
Ora, chiariamoci, non voglio dire che un saluto risolverà i problemi del mondo, ma vi assicuro che un buongiorno in più potrebbe salvare quantomeno la vostra giornata.