Secondo il IV Rapporto Ancab Cresme sul mercato della casa in Italia, il piano casa (o forse, meglio dire, i piani casa, visto che ogni regione sta intervenendo in autonomia) potrebbero avere un impatto positivo ma misto sul settore dell’immobiliare e su quello edile.
Su quello edile, secondo le prudenti stime del Cresme, se solo il 12% degli aventi diritto utilizzasse la possibilità di ampliamento dei fabbricati residenziali mono/bifamiliari, si creerebbero lavori per 61miliardi di euro per 153milioni di metri cubi, attivando 765mila occupati diretti e 265mila indiretti. Si tratta di misure che, secondo il Direttore del Cresme, Lorenzo Bellicini, hanno “un eccezionale potenziale di impatto sulla filiera delle costruzioni e sul mercato immobiliare”.
Un impatto però che, dopo l’effetto fortissimo nel 2010 e nel 2011, porterebbe a una frenata nel 2012, perché ci sarebbero case nuove e/o ampliate introdotte sul mercato, da un parte, e meno famiglie interessate a comprare (anche qui le stime del Cresme sono piuttosto prudenti).
I dati del Cresme confermano quindi quanto avevamo anticipato in precedenza su questo blog, e ci portano a fare un’altra considerazione: se le imprese capiranno che l’aumento degli affari è destinato a durare poco (uno o due anni) potrebbero non investire per il lungo termine, e, ad esempio, non assumere grandi quantità di lavoratori, se non a tempo determinato, per tenersi libera la possibilità di licenziarli appena il flusso di lavoro verrà meno. Se il grosso della ripresa dell’occupazione avverrà nei lavoratori a tempo determinato o parziale (i cosiddetti atipici) questa previsione sarà confermata. Lo scopriremo alla fine del 2010, quando avremo i dati del secondo e terzo trimestre.
Nel frattempo restano ancora aperte le questioni sul rischio che i piani casa siano utilizzati come mini-condoni e sulla reale disponibilità di finanziamenti da parte delle banche sia per i privati che vogliono intervenire, sia per le imprese edili che devono svolgere i lavori.