Perché pagare qualcosa quando puoi prenderlo a noleggio da un estraneo online e risparmiare? Questo è il principio alla base di numerosi servizi (di cui ci siamo già occupati molte volte) che consentono alle persone di condividere automobili, case, biciclette, elettrodomestici e altri oggetti, mettendo in contatto i proprietari dei beni disponibili con altre persone desiderose di usarli (e disposte a pagare per il servizio). Numerosi siti, come Airbnb, che consente di affittare stanze o case, e RelayRides, che consente di dare a noleggio la propria vettura, fungono da centri di scambio, consentendo una più efficiente allocazione delle risorse e trattenendo per sé una piccola quota dei ricavi.
Questi sistemi di noleggio peer to peer possono fornire un po’ di reddito extra ai proprietari, ed essere meno costosi e più comodi per gli utilizzatori. Questo noleggio occasionale è infatti più economico dell’acquisto o del noleggio da fornitori tradizionali come gli alberghi o le compagnie di autonoleggio. Internet rende sempre meno costoso e più facile mettere in contatto domanda e offerta. Gli smartphone con mappe e GPS consentono di trovare una stanza o un’automobile in affitto poco lontano da dove ci troviamo. I social network e i sistemi di raccomandazione aiutano a creare fiducia reciproca tra chi offre e chi usa i servizi. I sistemi online riducono i costi di fatturazione e pagamento.
Tutto questo consente a milioni di stranieri di condividere beni tra loro. Il risultato è un’economia che viene di volta in volta chiamata con i nomi di “consumo condiviso”, “stile di vita leggero”, “economia collaborativa”, “economia peer to peer”, “economia dell’accesso” o “economia della condivisione”.
Non è una coincidenza che molte aziende di noleggio peer to peer siano state fondate tra il 2008 e il 2010, dopo la crisi finanziaria globale. Alcuni considerano la condivisione, con il suo mantra “l’accesso è meglio del possesso”, come un antidoto post crisi al materialismo e al consumismo. Altri ne sottolineano i benefici in termini di rispetto per l’ambiente, grazie all’utilizzo più efficiente delle risorse. Ma qualsiasi sia la motivazione, il trend è chiaro: la gente cerca di acquistare servizi solo quando gli servono, invece che possedere beni.
I problemi della crescita e le prospettive per il futuro
Ciononostante, man mano che questi servizi diventano sempre più numerosi e popolari, cominciano a incappare in alcuni problemi. Ci sono quelli legati alle assicurazioni e alle responsabilità dei noleggiatori. Alcuni servizi violano specifiche norme di settore. I proprietari delle abitazioni sono contrari al subaffitto da parte dei loro inquilini. E il fisco sempre più spesso si chiede se i redditi da queste attività vengano dichiarati o meno.
In tutto ciò, le grandi aziende tradizionali stanno iniziando ad interessarsi a queste attività: il rischio di essere soppiantate da parte di questi servizi innovativi è troppo pericoloso per non tenerlo sotto controllo.
RelayRides, ad esempio, è stato oggetto nel 2011 di un investimento di 13 milioni di dollari da parte di GM Ventures, il braccio finanziario del più grande produttore americano di auto. L’investimento consente a GM di tenere sotto controllo il mercato, ma anche a RelayRides di godere del servizio di navigazione OnStar, già presente in 6 milioni di vetture americane.
Wheelz, un’impresa di noleggio di autovetture peer to peer, è partecipata di ZipCar, un pioniere del car sharing, che a sua volta è stato acquistato nel gennaio 2013 da Avis, per 491 milioni di dollari.
Quello che sembra un modello di business innovativo alla fine verrà probabilmente fagocitato dai leader tradizionali: anche questo, in fondo, è un sintomo dell’importanza di questo trend e delle sue potenzialità di sviluppo.
Nei prossimi due post sul tema, che saranno pubblicati nelle prossime settimane, affronteremo i problemi che le imprese della “economia della condivisione” stanno affrontando: ci concentreremo dapprima sulle problematiche del fiducia dell’uso di questi sistemi, e della protezione dai rischi, e poi degli ostacoli posti dalle normative di riferimento.