In un interessante post sul suo blog “L’investitore accorto” Giuseppe Bertoncello traccia un panorama a tinte piuttosto fosche sul settore immobiliare residenziale in Europa e in Italia. L’articolo è destinato a un pubblico, appunto, di investitori, e quindi inquadra il settore dal punto di vista dei ritorni economici che può attendersi chi compra casa per investimento.
Al di là di questo punto di vista, comunque, il tema interessa le imprese edili, e quelle del noleggio che sono loro fornitrici. In generale, la situazione dell’immobiliare residenziale in Italia sul fronte dei prezzi è in fase di stallo, e facilmente imboccherà per il 2009 un trend di discesa: anche nel nostro paese c’è stata una bolla, anche se meno pronunciata e meno spinta dalle banche che in altri paesi (USA e Regno Unito in testa), e quindi c’è da attendersi un periodo di vacche magre. Anche perché è vero che la Borsa va male, e quindi le case potrebbero essere viste come un bene rifugio da alcuni investitori: tuttavia il credit crunch globale ha congelato la disponibilità di fondi per finanziamenti, il che rende sempre più difficile ottenere un mutuo per tutti, dagli investitori alle famiglie (che peraltro oggi faticano ad arrivare alla fine del mese).
Si legge infatti che, ad esmepio, nel settore edile della provincia di Roma ci sono stati 17.000 licenziamenti, e che le prospettive dell’occupazione nell’edilizia in generale, per il consuntivo 2008 e il 2009 che arriva, sono molto brutte.
Che cosa può salvare l’edilizia da questa frenata, dato che anche le prospettive per le costruzioni industriali e commerciali non sono rosee?
La speranza risiede nell’investimento pubblico, un intervento di supporto che crea lavoro e fa girare l’economia (o almeno un suo settore): è una delle politiche fiscali anticicliche per eccellenza, dai tempi del New Deal di Roosevelt. In America oggi se ne riparla con Obama, e in Italia se ne possono trovare due esempi qui e qui. Sarebbe una boccata d’ossigeno per le imprese edili, e un aiuto per il paese, da sempre bisognoso di infrastrutture, ma bisogna prima trovare i soldi.
Il governo italiano è stato additato a livello internazionale come uno dei più timidi nel mettere in campo risorse e stimoli per l’economia in risposta alla crisi internazionale. Il fatto è che non ci sono molti soldi da spendere, soprattutto in un contesto di gelata finanziaria, di un paese in evidente difficoltà, di un debito pubblico che è “l’orco in soffitta” (come lo ha definito l’Economist la scorsa settimana) e di investitori internazionali da convincere che non siamo sull’orlo del fallimento e che possono finanziarci (possibilmente a un costo non eccessivo per noi).
Abbiamo quindi davanti almeno un paio di anni di attesa che le cose si sistemino, che i prezzi si stabilizzino dopo l’inevitabile discesa e che lo Stato magari faccia qualcosa. Diventa per questo fondamentale per le imprese edili di medie dimensioni e per i loro fornitori (produttori e noleggiatori):
- individuare quali zone possono ancora “resistere” dal punto di vista dell’edilizia privata (il settore è sempre molto legato al micro-ambito locale in cui si sviluppa);
- verificare gli spazi di manovra disponibili in segmenti come le ristrutturazioni e le operazioni di mantenimento, che rappresentano una componente meno ciclica;
- potenziare i canali di raccolta informativa su gare e appalti pubblici, che nei prossimi due anni saranno i settori con qualche probabilità di crescita;
- migliorare l’efficienza dei propri processi interni: prezzi di vendita più bassi e maggiore concorrenza di prezzo sono già qui, e sono destinati a restare per un po’.
“individuare quali zone possono ancora “resistere” dal punto di vista dell’edilizia privata (il settore è sempre molto legato al micro-ambito locale in cui si sviluppa);”
Speriamo che i prezzi non scendano…sennò chi ha comprato anni fa si ritrova con una casa di minor valore. Io sono per una corretta stabilità 😉
D’accordo su tutto, tranne che su una cosa: non contiamo troppo su aiuti statali…