Nel post della scorsa settimana abbiamo visto come il consumo condiviso si sta diffondendo sempre di più non solo nei rapporti tra i consumatori, ma anche in quelli tra le aziende.
L’area della condivisione fino a oggi forse più popolare e più sfruttata dalle aziende è quella degli spazi inutilizzati e non sfruttati, che offre a chi li possiede la possibilità di sfruttarli per generare un reddito aggiuntivo senza doverli cedere, in attesa di avere nuovamente l’opportunità di usarli direttamente.
Cervelli condivisi
Ma questo non è l’unico ambito in cui l’economia della condivisione sta prendendo piede in azienda. Il mercato della condivisione degli asset intangibili é altrettanto promettente di quello degli strumenti tradizionali. In molte aziende, ad esempio, le capacità tecniche del personale sono sottoutilizzate quando non si inseriscono nei piani strategici aziendali. Ma invece di tagliare le teste, l’azienda può decidere di condividerle.
A dirla tutta, sono anni che le aziende si scambiano esperienze e competenze. Gli sforzi di Ricerca & Sviluppo iniziali (la cosiddetta ricerca di base) nei settori dell’auto e della farmaceutica sono spesso portati avanti da consorzi di aziende.
Ma oggi gli esperti possono passare da un’azienda all’altra in modo molto più fluido che in passato, attraverso piattaforme di scambio delle persone. Il mercato digitale creato dalla fusione di Elance e oDesk, avvenuta nel 2013, ha gestito lavori condivisi per 750 milioni di dollari di valore quell’anno.
Piattaforme come queste consentono alle aziende di reclutare una forza lavoro flessibile e specializzata senza la preoccupazione di come gestire i carichi di lavoro in caso di riduzione dell’attività. Esse procurano anche benefici rilevanti per i lavoratori, che possono sperimentare numerose opportunità creative e lavorative in aziende diverse, senza dover diventare consulenti a retribuzione variabile e mantenendo i benefici del lavoro dipendente.
Il capitale intellettuale
Il capitale intellettuale é un altro asset intangibile con grandi potenzialità di condivisione. Le aziende tecnologiche possiedono infatti grandi quantità di brevetti: le prime cinque aziende americane per numero di brevetti registrati — IBM, Samsung, Canon, Sony e Microsoft — se ne sono assicurati più di 21.000 nel solo 2013. Ma solo una parte di questi viene utilizzata davvero, a causa degli investimenti necessari per sfruttarli appieno.
Per questo motivo, nel 2013 la General Electric ha investito 30 milioni di dollari nella sua partnership con Quirky, una comunità online di inventori. L’accordo ha dato a Quirky l’accesso alle tecnologie e ai brevetti della GE, e a quest’ultima la disponibilità dei prodotti sviluppati da Quirky. Tra questi ci sono un condizionatore controllabile da smartphone, un indicatore per serbatoi di propano che segnala quando il carburante é in esaurimento è un sensore di movimento, suoni e luci per abitazioni.
Il potenziale in questo caso non deriva solamente dell’intervento di inventori esterni. E la piattaforma non è aperta a sviluppatori di terze parti che creino altri prodotti e software, come le società informatiche fanno ormai da anni. Il vero potenziale di queste piattaforme deriva dalla possibilità di sviluppare la proprietà intellettuale delle aziende che altrimenti resterebbe inutilizzata e sfruttarla per generare profitti aggiuntivi.
Nella loro forma attuale, gli accordi prevedono che due aziende collaborino per immettere innovazioni sul mercato. Il produttore cinese di elettrodomestici Haier, ad esempio, invita inventori esterni a proporre innovazioni da produrre insieme. Ma la collaborazione potrebbe anche non essere necessaria. Un’azienda con un brevetto per un nuovo tipo di batteria potrebbe decidere di non svilupparlo, ma metterlo a disposizione su una piattaforma di scambio, dove un’altra azienda potrebbe utilizzarla per creare un nuovo prodotto altrimenti impossibile da realizzare.
In alcuni settori si sta formando un mercato piuttosto liquido per lo scambio di proprietà intellettuale. Apple ha annunciato il 2012 un accordo di scambio di licenze con la rivale HTC. Google e Samsung hanno deciso di condividere tutti i nuovi brevetti per un decennio. Accordi di questo tipo consentono anche di evitare costose battaglie legali, liberando risorse che le aziende possono utilizzare meglio nel campo dell’innovazione.
L’esperienza di siti come Airbnb mostra che i partecipanti diventano più collaborativi ed empitici nella condivisione di un bene importante come la casa. Qualcosa di simile potrebbe avere in campo aziendale, nel momento in cui addetti e dirigenti condividono le loro risorse, la loro proprietà intellettuale, il loro tempo e il loro spazio di lavoro.
Questo potrebbe essere proprio il beneficio più grande. Le opportunità sono potenzialmente tantissime, non solo per la generazione di profitti, ma anche per la creazione, in modo sempre più efficace ed efficiente, di nuovi prodotti e servizi.