La virtualizzazione è un processo informatico con cui è possibile scollegare le caratteristiche tecniche dell’hardware dal sistema operativo che ci “gira” sopra. Detto così sembra un concetto molto astruso e complicato, ma in realtà è piuttosto semplice.
Immaginiamo ad esempio un PC che normalmente funziona come macchina da lavoro, ma che, in brevissimo tempo, può essere trasformato in un sistema dedicato al divertimento, ossia essere usato per videogiochi, video, musica eccetera.
Grazie alla virtualizzazione è possibile creare macchine con queste caratteristiche, ossia sistemi completi di tutto punto, che si possono spostare agevolmente da un PC (inteso come macchina “fisica”) all’altro.
La virtualizzazione, che tecnicamente è un processo già in uso molti anni fa nei primi mainframe, consente alle aziende di creare quindi dei sistemi virtuali, da spostare ad esempio da un centro dati all’altro. E non solo: uno degli elementi che sempre più spesso stanno diventando “virtuali” è costituito dai dischi rigidi per il salvataggio dei dati. Invece che dotarsi di numerosi dischi rigidi di rete, o peggio ancora di un sistema di nastri, le aziende possono usare sistemi di salvataggio dei dati in remoto, come Dropbox, che creano nelle loro strutture dei gruppi di dischi, e poi assegnano a ciascun utente la sua quota di spazio.
Se finora le applicazioni più comuni erano queste, ora si va verso una virtualizzazione sempre più estesa, con esempio anche la creazione di “scrivanie virtuali”, che ogni utente si potrà scaricare su un qualunque PC, in qualunque parte del mondo, ritrovando ogni volta il suo ambiente di lavoro personale. Questo semplificherà inoltre la vita degli uffici aziendali dedicati ai Sistemi Informativi, consentendo ad esempio di:
- eliminare una scrivania virtuale se infettata da virus;
- disabilitare l’uso di una scrivania virtuale se presente su un PC portatile rubato o perduto;
- utilizzare al meglio i server esistenti, riducendo il fabbisogno di quelli nuovi;
- aumentare o diminuire facilmente il numero di scrivanie virtuali da offrire agli utenti;
- sostituire rapidamente i fornitori o mettere facilmente a disposizione eventuali nuovi programmi;
- consentire ai singoli utenti (come già avviene per esempio in Kraft) di acquistare il proprio PC, e installarvi sopra la parte di sistema aziendale che gli serve per lavorare.
Certamente ci sono ancora alcuni ostacoli a questa visione futuristica, come il fatto che virtualizzare i sistemi informativi significa ridurre il personale necessario, il che quindi rende queste funzioni poco inclini ad adottare questi sistemi. Oppure i problemi di privacy e sicurezza dei dati aziendali, e, per certe soluzioni, la mancanza di una rete di comunicazione solida e performante.
Tuttavia, anche considerando che il numero di nativi digitali è destinato ad aumentare inesorabilmente, il futuro è rappresentato da sistemi flessibili, in cui lo spazio su disco e l’uso delle macchine potrebbero essere presi a noleggio, in tutto o in parte, da fornitori di servizi del cosiddetto “cloud computing“: aziende come Amazon Web Services, che mettono a disposizione tutta e sola la potenza di calcolo necessaria in funzione del compito da svolgere.
Con il risultato di trasformare le spese dei sistemi informativi da spese in conto capitale (per l’acquisto e l’ammortamento delle macchine) in costi variabili (come le spese per l’elettricità).
Suona familiare?