L’Istat, insieme all’IFO tedesco e all’INSEE francese, ha pubblicato qualche giorno fa il suo aggiornamento sulla situazione economica europea. La pubblicazione fotografa in modo chiaro l’attuale congiuntura del vecchio Continente.
Se, da un lato, dall’inizio del 2012 le tensioni finanziarie si sono attenuate grazie ai piani di consolidamento fiscale in alcuni Stati membri, al rafforzamento della disciplina di bilancio e agli interventi della Banca Centrale Europea (BCE), dall’altro le previsioni per il PIL europeo in questi e nei prossimi mesi è di una sostanziale stagnazione, con performance pari a -0,2% nel primo trimestre, 0% nel secondo e un misero +0,1% nel terzo.
Impietosa l’analisi sul fronte dei consumi: la spesa delle famiglie è caduta nell’ultimo trimestre del 2011 dello 0,5% e dovrebbe rimanere debole nei prossimi mesi. Il mercato del lavoro continuerà a deteriorarsi e la crescita dei salari nominali rimarrà contenuta. Il reddito disponibile delle famiglie sarà penalizzato dal consolidamento fiscale, mentre il recente aumento dei prezzi del petrolio darà impulso all’inflazione, riducendo il potere di acquisto.
Urgono pertanto, come segnalato da numerosi commentatori, economisti ed esperti, politiche che finalmente affianchino iniziative per la crescita a quelle (necessarie) di aumento delle entrate e di taglio dei costi di lungo termine. Questo, per il nostro paese, significa soprattutto un ulteriore taglio della spesa pubblica improduttiva, una riduzione dei costi della politica e soprattutto la cessione del patrimonio pubblico per la riduzione del debito.
L’altra fonte di crescita, quella degli investimenti, ha sofferto le turbolenze sui mercati finanziari e l’irrigidimento delle condizioni di accesso al credito. L’allentamento delle tensioni dovrebbe aumentare la disponibilità di credito anche se in misura limitata, a causa dell’implementazione delle regole di Basilea III. Nei prossimi mesi, gli investimenti privati si riprenderanno progressivamente, mentre quelli pubblici rimarranno modesti a causa del consolidamento fiscale. Nel complesso gli investimenti totali dovrebbero registrare un calo dello 0,9% nel primo trimestre 2012, un calo dello 0,4% nel secondo e una leggerissima ripresa nel terzo (+0,3%).
Una magra consolazione dovrebbe arrivare dall’inflazione: agli aumenti registrati negli ultimi mesi dovrebbe fare finalmente seguito un rallentamento della crescita dei prezzi, soprattutto se, come sembra, si appianeranno le tensioni internazionali relative all’Iran e ad altre zone calde ove si produce petrolio (ad esempio, la Nigeria). L’estate è inoltre un periodo in cui, per la manutenzione programmata degli impianti, cala la domanda di petrolio per la raffinazione.
Un’evoluzione positiva è benvenuta, perché sembra che siano sempre più ridotte le possibilità dei paesi arabi (Arabia Saudita) di aumentare la produzione, in parte per motivi strutturali e anche perché una quota sempre maggiore va al consumo interno di questi paesi.
Nel medio lungo termine, quindi, il raffreddamento delle tensioni internazionali porterà a una riduzione del prezzo del petrolio, ma la crescita della domanda dai pesi emergenti, in assenza di nuovo investimenti, porrà un limite al margine di discesa di questa indispensabile commodity.