Il popolo del’edilizia deve essere una categoria molto paziente. Posto che la crisi vera e propria è sostanzialmente terminata qualche anno fa, lasciandoci in eredità un mercato fortemente ridimensionato e scevro da ogni velleità di tornare agli antichi fasti, in questi ultimi anni si è, giustamente, parlato di ripresa, nell’attesa di qualche segnale incoraggiante che però fatica a mostrarsi.
La recente analisi congiunturale dell’Ance ha confermato il sentiment nazionale: nulla si muove, né in negativo, né in positivo. I livelli sono quelli dello scorso anno, e la speranza di fine 2015 per un 2016 migliore si sono infranti nel confronto delle percentuali: una crescita dello 0,2%, investimenti in nuove costruzioni in negativo (-1,5% nei primi mesi del 2017), +0,2% per le opere pubbliche, +0,5% per la ristrutturazione.
Nonostante la grande varietà di risorse messe in campo soprattutto per la riqualificazione – bisogna poi vedere se i soldi ci sono davvero, se e quanto incide in negativo la burocrazia, i cui tempi e modi sono diventati urticanti da quando si sono inventati la “semplificazione” – il mercato langue. È vero che non si può più parlare di decrescita, ma francamente avremmo bisogno di ben altro. Prossimo appuntamento il 2018 quando forse avremo notizia migliori da raccontare. Forse.