E dunque, tra poco si riapre.
Gradualmente si mollerà la presa e accetteremo di convivere con le trecento morti quotidiane, almeno finché non raggiungeremo la fantomatica immunità di gregge.
È la scelta migliore? Probabilmente no, stando a chi ha guidato le decisioni fin qui cioè la comunità scientifica e vista la confusione che permane nelle decisioni che filtrano in questi giorni.
È una scelta giusta? Probabilmente sì, per ragioni economiche e di sopravvivenza di molte categorie, dato che altri settori hanno guadagnato più di prima, grazie alla pandemia.
La politica, che comprendo sempre meno, è tornata a fare la politica, cioè prendere decisioni all’interno di un “rischio ragionato” che tenga conto delle pressioni sociali (ma che in realtà mette a nudo il poco nobile gioco delle parti).
Decisioni che poi comunica malissimo, anche perché difficili da comprendere, in primis per chi le prende. Ma questo è un altro discorso.
Abbiamo vaccinato un po’ di “categorie”, andiamo incontro alla bella stagione e, soprattutto, c’è una popolazione sempre più stanca che impone di essere ascoltata.
Le contraddizioni permangono – una su tutte aprire i ristoranti all’aperto anche di sera e mantenere il coprifuoco alle 22.00.
Ma ormai è deciso: si deve riaprire e si riaprirà.
Nel frattempo, abbiamo sventato un “temibile” colpo di stato del capitalismo del pallone, sospendendo l’attenzione sulla pandemia per un paio di giorni (giornali, persone, governi). Un’incursione servita solo a mettere in evidenza la disperazione di un settore seduto sulla sua montagna di debiti e il ruolo ambiguo dei media mainstream.
Il festival delle contraddizioni
“Ne usciremo tutti migliori” si è detto spesso durante questi lunghi e difficili mesi, soprattutto all’inizio. Ma siamo davvero sicuri che sarà così?
Riavvolgendo il nastro, ci accorgiamo che ne abbiamo viste di tutti i colori.
A cominciare dalle ridicole performance canore con cui abbiamo salutato inizialmente il lockdown dai balconi cantando improbabili inni nazionali tra Mameli e Toto Cutugno.
Abbiamo visto gli spudorati dietro front di opinione a ogni livello, da quelli volgari e opportunistici della politica (“mai con questo o con quello” puntualmente smentiti) a quelli della scienza (“no mascherine, sì mascherine, no vaccini, sì vaccini, ma non a tutti”).
Abbiamo assecondato il paternalismo con cui governanti palesemente incapaci ci hanno invitato a seguire norme bislacche partorite nottetempo per accontentare qualcuno e finite ovviamente per scontentare tutti.
Ne stiamo uscendo migliori? Io nutro più di qualche dubbio.
Le nuove relazioni
A rivedere con occhi disincantati il film della pandemia, rischiamo invece di uscirne storditi e disorientati. Disorientati anche rispetto al futuro: cosa significa adesso tornare alla normalità?
Quale sarà, ad esempio, la normalità delle relazioni umane, un aspetto su cui si fonda anche il noleggio moderno?
Complici il fatto che passiamo la maggior parte del tempo dietro a uno schermo (PC, TV, Tablet, Smartphone eccetera) per lavoro o altro, ci siamo abituati a una normalità da spettatori passivi e ben distanziati.
Abbiamo introiettato una diffidenza pervasiva che sta segnando in profondità la mappa delle relazioni umane, consolidate sull’evitamento e rese complicate dal sospetto e dall’incertezza su cosa potrà accadere da qui in poi quando torneremo a incontrare fisicamente qualcuno nella quotidianità lavorativa.
Chiederò il passaporto di immunità prima di stringere la mano a un collega o un cliente? E fino a quando?
Riaprire il noleggio
Anche il noleggio, come dicevamo, si appresta a riaprire, in maniera più ampia ed evidente almeno, dato che non ha mai realmente chiuso, per fortuna.
Il noleggio professionale sarà più che mai necessario nei mesi a venire, per mille motivi legati alla ripresa di molti settori, con la consapevolezza che le poche risorse disponibili dovranno essere usate da tutti meglio di prima. Già, perché i soldi in arrivo dall’Europa non saranno distribuiti a pioggia per rattoppare qualche tratto autostradale, ma destinati alla ricerca e al digitale.
Abbiamo imparato (e sperimentato) che, per proiettarsi nel futuro, il noleggio deve nutrirsi di relazioni aperte e trasparenti, e questo sarà sempre più evidente e determinante.
Cosa si chiederanno i nostri clienti, vecchi e nuovi, che ci aspettano là fuori?
Sto noleggiando mezzi che sono stati ben sanificati?
Dato che ho meno risorse, sono certo che spenderò bene i miei soldi?
Pensate alle domande di quella fascia di clientela che si avvicina solo adesso al noleggio, una grossa fetta del mondo produttivo dato che le percentuali di penetrazione del noleggio rispetto all’acquisto oscillano sempre tra il 7 e il 18 per cento a seconda dei settori. Troppo poco.
Diffondere una nuova cultura
Pensate a quanto conterà la loro prima esperienza col noleggio nella successiva diffusione di una nuova cultura imprenditoriale. Pensate al passaparola virale nei loro settori di appartenenza. Sarà positivo o negativo?
Dalla qualità delle relazioni e dall’esperienza che avranno ricevuto dipenderà (ancora una volta) il futuro del noleggio inteso come soluzione; oppure, al contrario, come il solito problema.
E però, le risorse disponibili si sono ridotte per tutti, anche se abbiamo imparato che può esistere un debito buono, se serve a guidare la crescita. Poi bisognerà vedere chi offrirà realmente alle imprese questa possibilità di fare nuovo debito. Le banche? Non credo proprio.
Sconsiglio comunque ai noleggiatori di fare la banca dei loro clienti; consiglio piuttosto di esprimere un valore concreto e comprensibile, di evidenziarsi con un ruolo attivo nella crescita economica. Così da poter chiedere ai clienti di fare la loro parte fino in fondo.
E chi è più interessato alla crescita economica, se non il noleggiatore, anello di congiunzione tra la l’efficienza propria e quella altrui?
Pensate anche alla nuova concorrenza digitale: è nemica o alleata? Consiglio ai noleggiatori di risolvere rapidamente questo dilemma. E agire di conseguenza.
Ci sarà meno tempo per sbagliare, i clienti avranno meno pazienza, questo è certo.
Forse, finalmente, saranno anche più attenti a comprendere in profondità i vantaggi che ricevono, magari sapranno stanare con più consapevolezza i costi di inefficienza che si nascondono dietro ai canoni ridotti all’osso.
Li avremo ascoltati e aiutati in questo percorso? Io lo spero vivamente.
Siamo pronti a ripartire?
Per il noleggio italiano si chiude una settimana importante, con l’annuncio della ricapitalizzazione della Venpa.
Dallo scarno comunicato apprendiamo la natura finanziaria dietro all’operazione: un Club Deal di investitori privati, istituzionali e family office (ancora senza un nome preciso) guidati da un fondo di Private Equity che conferisce 15 milioni nel capitale (arrivando al 42,5%) destinati alla crescita (ampliamento del parco e acquisizioni), con l’aggiunta di una garanzia per una linea di credito di altri 16 milioni, finalizzata al rifinanziamento delle linee di credito attuali.
Una boccata d’ossigeno che regala uno sguardo sereno verso il futuro a un player storico a cui siamo molto affezionati, che forse dovrà imparare a comunicare le scelte strategiche e il proprio valore in modo più ampio e meno auto referenziato.
Basta l’iniezione di capitali per mostrarsi più affascinanti, mi chiedo allargando la riflessione a tutti i player storici, o quello che serve è un deciso cambio di passo strategico e di comunicazione? Indovinate come la penso.
In ogni caso, abbiamo tutti (inclusi i competitor) mille ragioni per fare un grosso in bocca al lupo all’operazione Venpa.
Un po’ perché l’ingresso dei fondi comuni di investimento o strutture similari nel noleggio fin qui non ha portato a una crescita strutturale dell’aspetto industriale del noleggio (parlo ovviamente di altri Paesi). Un po’ perché, personalmente, tiro sempre un sospiro di sollievo nel sapere che un pezzo di orgoglio italiano non finisce in mano ai cinesi di turno, ma qui parla anche il tifoso di calcio.
Le sfide che ci attendono
Tornando alla riapertura imminente e molto attesa mi domando: i noleggiatori italiani sono pronti a riaprire con un approccio davvero nuovo?
Oppure tutto resterà come prima?
Il noleggio di casa nostra, nel suo insieme (clienti compresi), uscirà dalla pandemia migliore rispetto a come ci è entrato?
Siamo preparati a generare una nuova narrazione di sistema capace di evidenziare a chi si rivolge al noleggio che non lo dovrebbe fare solo per tamponare una necessità improvvisa, tecnica o finanziaria che sia, ma per pianificare la crescita scegliendo un partner affidabile?
Lo dico perché tra i noleggiatori c’è ancora chi pensa al noleggio come un’attività meramente finanziaria o l’appendice di un’attività commerciale. Due mondi alla disperata ricerca di margini, peraltro.
Che cultura imprenditoriale innovativa potranno diffondere questi player?
Siamo pronti a differenziarci in modo evidente dalla massa dei lustrascarpe?
Ma soprattutto, saremo finalmente capaci di considerare i collaboratori come l’asset fondamentale, ben più delle macchine, e quindi creare nuove relazioni con loro e offrire loro una formazione adeguata?
Sapremo considerare i clienti un driver di valore e smettere quindi di vessarli (da una parte) o considerarli padroni del nostro conto economico e delle nostre tariffe (dall’altra)?
Io spero di sì.
Altrimenti questa nuova ripartenza sarà, per il settore del noleggio, l’ennesima occasione mancata.